VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

10 mag 2020

Di fronte alle chiese ancora chiuse. Pensieri aperti

Un'altra gaffe!?

Sì, Gesù, ancora una gaffe. Secondo il nostro punto di vista, naturalmente. Certo, non di tutti, ma di una parte significativa della tua chiesa: ai tempi dei Richelieu e Mazzarino avremmo detto... dell’alto clero. Ma non va bene che io parta dalla conclusione. Quindi ricomincio.

Due domeniche fa avevamo visto come dopo la tua resurrezione, invece che incontrare Pietro e altri discepoli, hai deciso d’incontrare, per prima, una donna. Un’insignificante donna. Inaffidabile. Incapace perfino, ai tuoi tempi, di dare una testimonianza credibile. Maria di Magdala l’hai scelta come tua prima apostola, ci dicevamo. Poi, hai visto, ci siamo consolati vedendo che, appena tu te ne sei andato, noi uomini (maschi) abbiamo rimesso subito... le cose a posto.

 

Questi giorni, chiuso in casa, il mio dialogo con libri, giornali, docenza online e un po’ di musica è accresciuto. Tra questi miei interlocutori c’è anche il Vangelo. Il tuo Vangelo. Così, libero da orari incalzanti e scadenze pressanti, ogni tanto ne riapro una pagina. Non è uno studio sistematico o scientifico. Non sono un esegeta né un biblista. Lo sai, la psicologia con le sue tante teorie e scuole, a volte pure in contrasto tra loro, ha catturato e cattura gran parte delle mie energie. Accanto provo a coltivare anche un po’ di teologia. Anch’essa con le numerose scuole e orientamenti. È così che mi sono imbattuto nelle pagine che ci parlano del tempo, poco tempo, che hai vissuto ancora su questa terra dopo la tua resurrezione.

E dopo quanto ci dicevamo due domeniche fa, c’è anche un’altra cosa che mi ha sorpreso. Non mi dire che avrei dovuto già saperlo da tempo. È che ogni volta che apro una pagina del tuo Vangelo, mi pare come di leggerla per la prima volta: c’è sempre qualcosa di nuovo. E stavolta ho scoperto che dopo la tua resurrezione non sei passato mai nel tempio. Che pure, in precedenza, avevi frequentato e ci avevi tenuto a richiamare tutti, soprattutto i capi, sacerdoti e teologi, a riscoprire in esso la casa del Padre. Gli ultimi giorni prima che ti catturassero li hai passati proprio lì, insegnando alle persone che venivano ad ascoltarti, e discutendo con gli esperti. Scribi, sacerdoti, farisei, sadducei.[1]

 

Poi però, una volta attraversato tutto il dramma dell’abbandono da parte dei tuoi, della condanna e della crocifissione, risorto alla Pienezza della Vita, nel tempio non ci sei neppure passato. Non solo. Alle donne che hai incontrato la mattina della resurrezione dài questo compito: “Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”.[2] Non sarebbe stato più logico dire ai tuoi di andare al tempio, visto che prima ci avevi tenuto a ricordare a tutti che quella è la casa tua e del Padre? Non sarà stata un’altra gaffe? Per molti di noi sì, temo. Per te mi sa di no. Ho il sospetto che tu hai voluto darci un altro insegnamento: che tu non sei dentro quattro muri! Infatti non solo non mandi i tuoi al tempio – oggi diremmo in chiesa – ad aspettarti, ma neppure a Gerusalemme. Li mandi addirittura in Galilea, la regione più lontana dal tempio. In senso geografico, ma soprattutto in senso religioso: i galilei erano considerati mezzo eretici, gente poco di buono, molto lontana dalla... religione vera.

 

Perché oggi questa pagina mi arriva tanto attuale, penso che a te sia evidente. Provo a scriverlo per chi invece, preso da altri pensieri, facesse più fatica a seguirmi. Questi giorni di confinamento (smettiamola di dire lokdown), di chiusura in casa, di isolamento fisico (non isolamento sociale, per favore), sentiamo sofferenza per la chiusura delle nostre chiese (i moderni templi). Abbiamo sentito prese di posizione estreme, fuori misura, soprattutto da parte di chi dovrebbe essere guida nella comunità dei credenti. Come se non potendo entrare in chiesa, non potendo partecipare alla messa, non potessimo incontrare te, maestro e fratello. Te, cibo e alimento per la nostra vita.

Io ho un timore: stiamo ‘cosificando’, cioè riducendo a cosa materiale ciò che tu dicevi il mio corpo e il mio sangue. Possibile che il non poter entrare in una chiesa c’impedisce d’incontrare te, vivo e fonte di Vita? Possibile che non potendo ingerire un pezzetto di pane (un’ostia) dobbiamo pensare che ci è impedito di nutrirci di te? Io temo che il rischio in agguato, la trappola dentro la quale stiamo cadendo sia proprio quello – ripeto la parola – di cosificare il tutto: la tua presenza, il rapporto con te, il vivere te come cibo per la nostra vita. Eppure eri stato chiaro con la donna samaritana. Ci avevi parlato di una novità nella relazione con te: in Spirito e Verità.[3]

Aiutaci, Gesù, a vivere questo tempo di digiuno da riti e da cerimonie, come un tempo di purificazione e di rinnovamento per la nostra fede. Che altro non è che adesione a te, capacità di alimentarci di te. In Spirito e Verità.

 

 

[1] Luca 22,37 e altri

[2] Matteo 28,10

[3] Un digiuno salutare, Voce 3 maggio