VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

3 mag 2020

Ancora una lezione da Covid19. Per l’anima

Un digiuno salutare

Le reazioni più diverse hanno caratterizzato questo tempo di digiuno da cerimonie, riti, processioni. Perfino dalla messa domenicale. Chi critica i vescovi italiani per eccessiva subordinazione ai politici, chi accusa il governo di non rispettare la religione e non voler vedere il bisogno che ha un credente di partecipare ai riti sacri.

Sta di fatto che questo tempo di quaresima e di Pasqua anche noi l’abbiamo vissuto nel deserto, tentati da Covid19. E la tentazione, meglio, la messa alla prova (il greco peiràzo significa mettere alla prova) continua. Tra religione e spiritualità. Potremmo dire: la religione messa alla prova nel crogiuolo della spiritualità.

Lo so che un certo pensiero integralista non solo non condivide quest’osservazione, ma non tollera neppure che si possa mettere sul tavolo. Per tanti la religione è sorgente e culmine, oltre che luogo esclusivo, in cui trova spazio e vita ogni spiritualità. Ma non è così. La dimensione spirituale appartiene ad ogni essere umano, donna, uomo o bambino, indipendentemente dal fatto che aderisca o meno ad una religione. Ciascuno ne viene in contatto quando ascolta le domande che abitano il suo cuore, domande sulla vita e sul senso di tutto quanto le appartiene. La religione, troppo spesso, fa mettere le domande in un angolo, quando non le costringe ad asfissia, e dà le sue risposte. Perché la religione, ogni religione, ha risposte da offrire. Verità da mostrare. Dottrina da proporre. Al punto che se tra chi aderisce ad un’istituzione religiosa, sia essa chiesa o moschea o tempio o sinagoga, qualcuno osa portare domande e chiede apertura di dialogo su temi che per quella chiesa sono princìpi non negoziabili, il dialogo s’interrompe e ti senti messo da parte, perché... la dottrina è certa.

 

Era dentro questo pensiero anche lei, credo, quella donna di Samaria cui Gesù un giorno, stanco e affaticato, chiede da bere: sono entrambi davanti a un pozzo e lei ha la tinozza per attingere l’acqua.[1] È un lungo dialogo che i due intessono. Un confronto articolato, che Giovanni costruisce in un crescendo sempre più ampio: da un po’ di sete, vista l’ora e il caldo, alla sete dell’anima, in un’intimità sempre più profonda tra i due. Gesù e una donna. Estranei, non si conoscono; stranieri, tra giudei e samaritani non corre buon sangue; ed entrambi fuori posto, irregolari: una donna non si ferma a parlare con uno sconosciuto, né un maestro si mette a parlare con una donna.

Ma il dialogo va avanti perché sia lei sia lui vogliono comprendere. Ed ecco che lei, oltrepassando ogni remora culturale e religiosa, arriva alla domanda centrale: dove bisogna adorare Dio, nel tempio a Gerusalemme come dicono i giudei, o sul monte Garizim come ci hanno insegnato i nostri padri? E qui la risposta di Gesù: né a Gerusalemme né su questo monte, perché Dio è Spirito, ed è in Spirito e Verità soltanto che possiamo incontrarlo. Non solo, è in Spirito e Verità che lui desidera incontrarci. Il tempio, come tutti i luoghi di culto di una religione, era gremito zeppo di riti, cerimonie, incensi, offerte, sacrifici... ma tutto questo, nel tempo, l’aveva trasformato in luogo di mercato anziché luogo d’incontro con Dio.[2]

 

Questi giorni ci siamo ritrovati costretti a non poter accedere alle nostre chiese. Alle sinagoghe, alle moschee. I templi di oggi. Deprivati di riti e cerimonie. Una sorta di digiuno. Forzato.

Ebbene, dove siamo con il nostro spirito? Dio, spirito e verità, abita nel cuore delle sue figlie e dei suoi figli. Non sembra a voi una buona occasione per riscoprire questa dimensione dello spirito che porterà anche ad una purificazione di tanta nostra religiosità? Non sono in contrapposizione le due cose, hanno bisogno però di ritrovare l’uno, lo spirito, ossigeno pulito, l’altra, la religione, un processo di purificazione da tante sovrastrutture (riti, cerimonie, offerte, processioni) che rischiano il soffocamento della spiritualità.

Religione e spiritualità hanno bisogno d’incontrarsi. In un ascolto reciproco che, se libero, diventerà arricchimento per entrambi.

 

Un ultimo pensiero. Che non svilupperò ulteriormente, visto che l’abbiamo incontrato anche domenica scorsa.[3] Con chi Gesù fa un discorso così dirompente e innovativo? Con una donna. Insiste, eh!? Proprio non gli va giù, si direbbe, che la donna venga vista e trattata come un essere inferiore. Con lei, una donna, arriva perfino a rivelarsi come il Messia atteso: “Sono io, che parlo con te”. Neanche con Pietro e i suoi l’aveva mai fatto. Lo ripeterà solo davanti al Sinedrio, anche se sa che gli costerà la condanna.

 

Ancora un’occasione di apprendimento offerta da Covid19: due settimane fa ci ricordava che noi, homo sapiens, apparteniamo alla terra.[4] Oggi ci dà occasione per sollevare lo sguardo e prenderci cura del nostro spirito. Per rinnovare e purificare certa religiosità quando questa si lascia ricoprire da incrostazioni rigide, come tante norme, regole, riti, tradizioni.

Non so che ne pensate. Ma che questa pandemia possa diventare una buona occasione di crescita, a me pare che possiamo anche dircelo.

 

 

[1] Giovanni 4,4-42

[2] Giovanni 2,13-16

[3] Gesù s’è sbagliato!?, Voce 26 apr.

[4] Homo sapiens e la terra, Voce 19 apr.