VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

19 apr 2020

È un bisogno della mente trovare un senso nella storia

Homo sapiens e la terra

È arrivato. Invisibile, piccolo e insignificante. E ci ha stesi. Assediati in casa. Isolati dal contatto sociale e strappati dal nostro ritmo di vita. Ha messo in discussione la scala di valori sulla quale eravamo arrampicati: la produzione innanzitutto. Se non produci sei inutile. Bambini e vecchi, infatti, emarginati e sottovalutati. Nei bambini, almeno, riusciamo anche a vedere donne e uomini potenzialmente produttivi. Ma i vecchi, solo un peso per una società che ti misura sulla base di quanto realizzi. Di quanti zeri seguono la prima cifra nel tuo conto in banca. Quante volte abbiamo sentito, in questi giorni di alta tensione, è morto... ma era vecchio!

 

C’eravamo autonominati signori e padroni della terra e del cielo. Convinti del nostro pieno diritto di sfruttarne le risorse. Di poter decidere dove e come impiantarci. Abbattere foreste improduttive per farci pascoli o latifondi o grattacieli.

Quando un essere insignificante, che non è in grado neppure di vita autonoma, che per vivere e moltiplicarsi ha bisogno di agganciarsi alla cellula di un essere vivente, ci ha risvegliati dal nostro sogno di onnipotenza e ci ha semplicemente ricordato: tu, homo sapiens, appartieni alla terra.

E ci siamo ritrovati, con le nostre armi potenti e invisibili – ora anche gli USA hanno l’arma ipersonica, non più solo Russia e Cina –, con la tecnologia che ci permette di attraversare distanze enormi in poco tempo e di connetterci da una parte all’altra del pianeta, con gli algoritmi che guidano macchine perfino più veloci del nostro cervello nella capacità di calcolo e di programmazione... Ma niente di tutto questo ha saputo fermare questo insignificante essere-non-essere che chiamiamo virus. Gli abbiamo dato un nome, Covid19. Ma lui, anche senza nome, ci ha ATTERRATI. Nel senso etimologico del termine: ci ha riportati sulla terra ricordandoci che noi ne siamo parte. Brutale, dal nostro punto di vista. Dal suo, del tutto naturale. Lui questa terra la abita da qualche miliardo di anni. Quando noi siamo arrivati lui e i suoi fratelli, microorganismi più o meno evoluti, l’avevano già colonizzata. Noi siamo arrivati in casa loro. Ci hanno accolti e ci fanno vivere.

 

Nel mito biblico delle origini si narra che il Creatore ha formato l’uomo con la terra. Lo stesso nome adàm, che poi noi abbiamo fatto diventare Adamo, ne indica l’origine: nella lingua ebraica adàm (terrestre) da adamàh (terra).

È un mito, non è storia, ci dicevamo. Certo, non è storia, tantomeno scoperta scientifica. Ma avevamo dimenticato che i miti ci parlano con la loro sapienza. E noi, affascinati dalla scienza, c’eravamo convinti che la sapienza... cos’è? Niente.

Sì, la sapienza. E adesso questo microscopico essere ci richiama al presente. Certo, potrebbe farlo anche con meno virulenza (parola che deriva proprio da virus), ma lui sa agire solo così. Violento e aggressivo. Incapace di rendersi conto che ci sta facendo tanto male. Chi sa se ha pensato che con homo sapiens bisogna usare le maniere forti per fargli ricordare che questo titolo che si è attribuito nel tempo – sapiens – bisognerebbe continuare a coltivarlo.

Torniamo ancora a un testo antico. 2mila300 anni fa circa. È Sapienza che parla:

«Il Signore Dio mi ha creato come inizio della sua attività / prima di ogni sua opera, all’origine / Dall’eternità sono stata formata / fin dal principio, dagli inizi della terra / Quando egli fissava i cieli io ero là / Quando disponeva le fondamenta della terra / io ero con lui come artefice / ed ero la sua delizia ogni giorno».[1]

 

Questi giorni, pieni di silenzio fuori dalle nostre case, proviamo a prenderli come un’occasione da non perdere per ritrovare questa parte di noi, la Sapienza. Che è capacità di ascoltarci, di farci domande. Di stare con noi stessi e con chi ci è vicino. È capacità di guardare come stiamo vivendo il nostro tempo, le nostre relazioni. Dove stanno i nostri progetti e i nostri desideri. Liberi, almeno un po’, da quella marea di bisogni che ci lascia col fiato corto e con l’affanno per la sensazione di non arrivare mai.

 

È capacità di ricordare che anche noi siamo della Terra. Le apparteniamo. Non è lei che ci appartiene. La scienza spesso ha sogni d’onnipotenza. I progressi della tecnologia, il crescere delle scoperte, il fascino delle conoscenze che di giorno in giorno si ampliano... se non teniamo aperti i nostri occhi, possono farci cadere in una pericolosa trappola: abbandoniamo la SAPIENZA per prostrarci davanti all’altare della sola SCIENZA. Meglio, della sola tecnologia che, senza l’apporto della Sapienza, non diventa neppure scienza, ma solo un accumulo di conoscenze e di strumenti. E un’illusoria onnipotenza. Ma su questo dovremo ritornare.

 

Per oggi lasciamoci con questo pensiero. Dopo tanta fatica sarebbe bello non rendere inutile la dura lezione che Covid19 ci sta dando: anche noi, homo sapiens, apparteniamo alla Terra!

 

[1]Proverbi 8,22-30