VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

5 giu 2022

Analfabetismo di ritorno? Un allarme da non trascurare

Tempi d’esami

Chi fra noi, di ogni età, ha mai amato interrogazioni o esami? Ogni volta che una prova ci aspetta, come minimo si fa precedere da qualche notte agitata. Poi andiamo e... dio ce la mandi buona! Scongiuri d’ogni genere, un in-bocca-al-lupo a salvaguardia dalla fatidica parola auguri, fonte di iella quando non addirittura di tragedia! Ad ogni età la sua prova, come ad ogni giorno la sua pena. Finché non troveremo qualcosa di più intelligente per verificare e valutare il lavoro o la preparazione, esami e interrogazioni continueranno ad accompagnarci. Da bambini e da adulti.

 

Due notizie questi giorni han fatto parlare di sé. Un’inchiesta di Save the Children sui nostri studenti, e un concorso per accedere al posto di magistrato. Fatti lontani tra loro, ma entrambi rivelatori di un medesimo problema: lo scarso livello di preparazione culturale. Rapportato ovviamente al ruolo e alla funzione di ciascuno.

L’inchiesta di Save the Children evidenzia come una buona metà dei nostri quindicenni (51%), studenti all’uscita della scuola media, non sarebbe in grado di comprendere un testo scritto. Poi è stato precisato che il 51% riguarda la matematica, mentre per l’italiano siamo al 44. Guardando poi meglio i dati, emerge come i più deboli sono gli studenti delle famiglie più povere, quelle che vivono in alcune aree del sud accanto a quelle con retroterra migratorio.

La seconda notizia, altrettanto allarmante a mio parere: solo 220 dei 3797 laureati che hanno partecipato al concorso nazionale per 310 posti di magistrato hanno superato la prova scritta. Bocciati novantacinque su cento. Le bocciature, a quanto riferisce la stampa, sono legate a due aspetti, degni entrambi di allarme. Un’evidente incapacità a scrivere correttamente in italiano: errori d’ortografia accanto a grammatica e sintassi al di sotto di uno standard minimo per un testo scritto; accanto a una scarsa preparazione sui contenuti nella materia propria di un magistrato. Povertà argomentativa accanto a povertà linguistica. Ricorso a “schemi preconfezionati, senza una grande capacità di ragionamento, scarsa originalità, poca consequenzialità e in alcuni casi errori marchiani di diritto” ha dichiarato uno dei commissari.

Il magistrato nella sua professione è tenuto a produrre scritti che, oltre ad essere adeguatamente fondati sulle disposizioni di legge, con una logica argomentativa solida, devono essere anche chiari e inequivoci nella loro esposizione. Novantacinque professionisti su cento, già laureati, bocciati ad un concorso perché non sanno scrivere in maniera adeguata, non è serio segnale d’allarme?

 

Due episodi molto diversi tra loro. Due età altrettanto lontane. Quindici anni, a scuola media appena terminata e alle soglie delle superiori, e oltre trenta, già laureati e con un orientamento preciso verso una scelta professionale. Ma entrambi ci mettono davanti ad una problematica seria. Che non è semplice inadeguatezza linguistica, ma sintomo di insufficienza rispetto al lavoro di una scuola che dovrebbe essere la palestra di allenamento per affrontare la gara della vita.

 

Per tornare ai nostri ragazzi. Certo, due anni di pandemia, con scuole chiuse, didattica a distanza, irregolarità nella frequenza hanno appesantito non poco tutta la situazione. Ma non possiamo fermarci qui. È necessario che la scuola si chieda come sia possibile che a quindici anni la metà dei ragazzi non sia in grado di comprendere un testo, e soprattutto cosa questo possa significare per la vita civile di una nazione. Non saper leggere, cioè non comprendere quanto stai leggendo, significa essere totalmente nelle mani di chi ti vuol vendere il suo pensiero. Catturarti con un processo informativo che ti toglie ogni libertà di pensiero e di scelta.

Qualche mese fa, parlando degli scritti agli esami di maturità, riflettevamo sull’importanza dello scrivere.[1] Del saper scrivere. La scuola non può esonerarsi dal fornire agli studenti la capacità di esprimere un pensiero. Un proprio pensiero. Ricordavamo come sia proprio l’allenamento a scrivere che aiuta il pensiero a coniugarsi con la riflessione.

Due lettere pubblichiamo su questo numero di Voce. Sono due studentesse che affronteranno la maturità fra qualche giorno. Elisa e Alessandra con i loro pensieri e con la chiarezza e la forza con cui li sanno esporre sono un chiaro messaggio di speranza. Grazie alla prof che ha dato loro lo stimolo. E grazie a voi, ragazze. Perché so che giovani come voi non si lasceranno mai abbindolare dai pifferai di turno. Da qualunque parte essi vengano.

 

 

[1] Cari studenti, 13 feb 22