VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

3 apr 2022

Tra pandemia e guerra: in conflitto permanente?

Metànoia, conversione

Siamo stanchi, sfiniti. Due anni di pandemia con un virus insidioso e subdolo di fronte al quale ci siamo trovati impotenti. Unica soluzione ch’eravamo riusciti a escogitare, chiuderci in casa. Nella speranza che, isolati dagli altri, non avrebbe potuto aggredirci. Passa un anno. Arrivano i vaccini. Salvezza! abbiamo gridato. Salvo poi accorgerci che sì, si rivelavano una buona difesa, ottima anzi. Ma noi, per qualche recondito motivo, siamo riusciti a trasformare anche un presidio sanitario in occasione di conflitto. Vax e no-vax ci siamo divisi, offesi, separati, aggrediti, allontanati. Amicizie interrotte, famiglie in conflitto, genitori contro figli e figli contro genitori, madri contro padri e padri contro madri. Colleghi, prima buoni amici, poi guardati con sospetto: vaccinato o non vaccinato? Posso avvicinarmi o sarà pericoloso?

Passano due anni. Ne stavamo uscendo. Anche da queste stupide polemiche. E che facciamo? Facciamo la guerra! Così, su due piedi, da una parte il virus che continua la sua marcia – sono i dati di questi ultimi giorni – e dall’altra la guerra. Che un signore, da vent’anni padrone assoluto di uno Stato, ha voluto scatenare.

Spesso avevamo usato la parola guerra e tutte le altre del suo vocabolario. L’assedio del virus, l’invasione, la lotta contro di esso, le armi per combatterlo, l’arma del vaccino, una battaglia vinta, una guerra ancora aperta, il nemico da sconfiggere, un bombardamento a tappeto... E adesso? Adesso ci accorgiamo che queste parole dobbiamo ritirarle dalla pandemia perché la guerra le rivendica a sé. Sono sue.

 

Non è una novità la guerra, lo sappiamo. Homo sapiens se l’è tenuta sempre accanto. Dalle pietre alle bombe nucleari. Nel mito biblico delle origini nella prima famiglia sùbito un fratricidio. Due fratelli ascoltano e scoprono strane pulsioni: invidia, gelosia, rivalità. E sì che di spazio ce n’è al mondo: la loro è l’unica famiglia su tutto il pianeta! Ma non basta. Ed è guerra, la prima guerra ‘mondiale’. Tutta l’umanità ne è coinvolta: Caino uccide Abele. E da quel giorno nella memoria di homo sapiens due parole s’incidono: guerra fratricida.

Potremo mai cancellarle? I milioni di anni che abbiamo attraversato non ne sono stati ancora capaci.

 

E ora, di fronte alla guerra che un dittatore paranoico ci ha portato in casa, la risposta che noi Europa sappiamo mettere in campo è aumentare le spese militari. Siamo sicuri che più bombe, più missili, più testate nucleari, più F35, più colonnelli e più generali saranno un valido contributo alla pace? È vero che il bullo di turno si ferma solo di fronte ad uno più forte. Ma la tregua che si dà è provvisoria: l’insicurezza che lo domina rimane tutta. E cova sotto la cenere, in attesa del momento opportuno per riemergere. L’istinto aggressivo, cui affida il riscatto di un’immagine di sé umiliata dall’aggressione del più forte, ritorna. E la violenza riparte. Il bullo non lo sa, ma ci sarà sempre uno più forte: oggi il più forte sei tu, domani sarà un altro, il giorno dopo un altro ancora. All’interno di un cortocircuito che non vede la fine.

 

La prima parola che Marco, l’autore del testo evangelico più antico, mette in bocca a Gesù di Nazareth, è convertitevi. In italiano possiamo vederla come un ri-girare, un girare in un altro verso. Nell’antico greco suona meglio. Conversione è metànoia. Una combinazione tra metà (oltre) e noûs (mente, pensiero). Convertirsi significa portare il pensiero oltre. Farlo accedere a un piano superiore. Non lasciare che rimanga incastrato e imprigionato nella solita medesima logica: alla violenza contrappongo violenza. E siccome devo fermare l’altro che m’aggredisce, sono costretto ad attivarmi con una violenza maggiore.

 

Non sono io per il disarmo unilaterale. Il processo di conversione del mio pensiero è ancora ai primi passi. Arriva appena a farmi vedere con buona evidenza la contraddizione e l’inutilità della forza contro la forza. Nella situazione attuale ritengo giusto rifornire gli ucraini delle armi necessarie a contrastare l’invasione di Putin. Credo anche che sapere che la Nato sarebbe in grado di dare una risposta altrettanto, se non più, forte trattenga il dittatore di Mosca dall’andare oltre misura nella sua aggressione.

 

Ritengo tuttavia indispensabile ritrovare e ridare respiro al desiderio di Pace che ci abita. Se in tanti paesi del mondo siamo riusciti a costruire un livello sufficientemente buono di democrazia, fatta di rispetto e di ascolto reciproco senza dover ricorrere alle armi, sarebbe davvero catastrofico ricadere nella trappola della violenza contrapposta a violenza. Porterebbe solo alla distruzione. Quella che Einstein, di fronte all’idea della guerra, sintetizzava così: non so come sarà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta la combatteranno con i bastoni e con le pietre.