VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

18 set 2022

Di fronte ai regimi totalitari, una via di salvezza

L’anima

Stavamo lavorando a un’edizione definitiva delle poesie di Kipling. Alla fine di un verso ho lasciato la parola anima. Non avevo scelta. Era impossibile da cambiare. In realtà la motivazione non era così alta come a prima vista potrebbe apparire. Il compagno di prigionia dice a Winston che era un problema di rima che non riusciva a risolvere: anima rimava con rianima. Siamo nella prigione del Ministero dell’Amore. Nel mondo del Grande Fratello la parola anima doveva essere cancellata dal Dizionario.[1] E aveva ragione. Perché anima dice libertà. Capacità di pensiero. E Winston lo capirà. Più tardi. Quando, dopo un tempo indefinito e indefinibile, il funzionario rieducatore gli dirà: Al partito non interessa l’azione manifesta: è il pensiero la nostra unica preoccupazione. Noi non distruggiamo i nostri nemici: li modifichiamo.

L’attualità di un romanzo di oltre settant’anni fa è sconvolgente. Rileggere Orwell alla luce di quanto sta succedendo oggi ti fa chiedere: ma i regimi totalitari funzionano tutti allo stesso modo? Sì. È la risposta. Implacabile. Ciò di cui il potere ha paura è l’anima (psyché). La sua libertà. La sua capacità di costruire domande, di coltivare dubbi.

Possono forse i Putin gli Xi gli Erdogan i bin Salman o i Bolsonaro tollerare che il loro pensiero possa essere messo in discussione? No. L’operazione speciale non è guerra. La Russia non aggredisce i fratelli ucraini: la Russia li libera dal nazifascismo. Come aveva fatto la Cina quando con le sue guardie rosse, operazione speciale ante litteram, negli anni dal 1950 al ’59 decise di invadere il Tibet: per liberarlo dal regime clericale del Dalai Lama. E da allora quella nazione è scomparsa dalla carta geografica del mondo ed è diventata una semplice provincia della grande (?) Cina.

 

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima (psyché) diceva ai suoi, duemila anni fa, il Maestro di Nazareth.[2] E aveva ragione. Con il suo insegnamento voleva alimentare questa dimensione nell’uomo. Ma il punto è che l’anima ha bisogno d’essere coltivata. Non ci sono automatismi che la proteggono. Anzi, è proprio l’abbandono ad automatismi o, in altre parole, l’adeguarsi a pensieri e valori della maggioranza che diventa per lei asfissia.

I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere veramente pericolosi: sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e ad obbedire senza discutere.[3] È a questo, infatti, che mira il capo, il leader di turno. Non cerca persone con cui confrontarsi. Gli altri servono da alimento al suo narcisismo. No alla sua anima: sì all’immagine che s’è costruita di sé. Non alla sua anima perché in realtà non sa che cosa sia. Non a caso il Grande Fratello aveva deciso che questa parola venisse eliminata nel nuovo dizionario. Sapeva bene che la parola trasmette il pensiero. Ed è il pensiero la nostra unica preoccupazione, diceva candidamente il funzionario credere-e-obbedire-senza-discutere.

 

C’è posto oggi per l’anima? Non è una domanda semplice, lo so. Proviamo a guardarci intorno. Siamo nel pieno d’una campagna elettorale. Quale menù ci viene imbandito? Dichiarazioni e slogan riempiono la carta. Sì, qualche pensiero qua e là. Ogni tanto. Ma affogati, soffocati nel frastuono delle frasi fatte, ripetute e ripetute. La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza insegnava il Ministero della Verità del Grande Fratello.

Come non soccombere a tanta propaganda? Appartenere a una maggioranza dà sicurezza. Nessuno ti mette in discussione. Niente domande che ti chiedano di attivare il pensiero.

 

Timore mi arriva quando incontro ragazzi che non sanno entrare in un discorso. Frasi fatte, linguaggio povero e ripetitivo. Slogan appresi e concimati nei social. Imbrigliati in una scuola preoccupata di riempirli di nozioni. Che, finita la verifica, evaporeranno come l’acqua d’uno stagno. Privi di momenti in cui allenare la mente a coltivare domande e inquietudini. Ascoltarle, condividerle, farle crescere. Incapaci perfino d’un’attenzione che oltrepassi il tempo di qualche minuto. Insegnanti imprigionati in un programma da portare a termine, incapaci di (impossibilitati a?) lavorare con i più giovani per aiutarli a cogliere che, senza un loro pensiero, saranno sempre nelle mani del manipolatore di turno.

Forse che i russi sono tutti cretini o deficienti? No, certo. Sono semplicemente vittime d’una cultura che parla di asservimento al capo: di fronte a un mondo che ci è nemico, lui ci salverà. Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso non esiste più.[4]

La fine di Winston? Aveva vinto la battaglia contro se stesso: amava il Grande Fratello. In altre parole, la sua anima l’aveva lasciata morire.

 

 

[1] G. Orwell, 1984, 1949

[2] Matteo 10,28

[3] P. Levi, Se questo è un uomo, Appendice 1976

[4] H. Arendt, Le origini del totalitarismo, 1951