VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

22 mag 2022

In Afghanistan le donne devono indossare il burqa

A tutela della virtù... maschile!

Chi sa, forse temevano d’essere dimenticati dal resto del mondo, catturati come siamo noi occidentali dalla stupida, e terribile, guerra di Putin. E per non farsi dimenticare han tirato fuori il meglio di sé: la tutela della virtù. Ovviamente... maschile. Assediata e costantemente aggredita dalla provocante e inguaribile attentatrice. La donna. Da sempre il pericolo numero uno per l’uomo. Virtuoso, casto e soprattutto fedele. Se, naturalmente, non ci fosse la donna a minarne l’equilibrio e la virtù.

Così i taliban, gli studenti del sacro Corano, s’erano già visti costretti a dar vita ad un ministero. Sacro. Il Ministero per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù. E finalmente, adesso, il decreto della salvezza! Da sabato 7 maggio «Le donne che non sono né troppo giovani né troppo anziane devono coprirsi tutto il volto, come indicato dalla Sharia, per evitare di provocare quando incontrano uomini che non siano mahram», cioè parenti stretti. E, sempre a tutela del maschio, una donna che quando esce di casa rifiutasse d’indossare il burqa può essere condannata fino al carcere. Prima riceverà una visita dai taliban che, naturalmente, chiederanno un colloquio con il marito o il padre o il fratello. Il tutore maschio può essere convocato anche al Ministero. Fino a essere portato in tribunale e incarcerato per tre giorni se non fa rispettare la norma alla sua donna.

Il Corano indica ai musulmani di vestire con modestia (ḥayāʾ).[1] La modestia maschile prevede di coprirsi dall'ombelico al ginocchio. La donna deve coprire tutto tranne il viso, le mani e i piedi quand’è in presenza di uomini che non siano parenti o il marito. Ma dato l’estremo potere di seduzione e provocazione che può giocare verso il maschio, adesso diventa necessario coprire anche il volto. Perfino gli occhi. Che saranno nascosti dietro una retìna che le lascia appena la possibilità d’intravvedere lo stretto necessario per muoversi.

“Vogliamo che le nostre sorelle vivano con dignità e in sicurezza”, ha dichiarato Khalid Hanafi, il ministro per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù. E di fronte a possibili critiche che il mondo occidentale, dai costumi lascivi e corrotti, dovesse formulare, subito la risposta: “Secondo il diritto internazionale, ogni società ha il diritto di vivere seguendo i propri valori e le proprie convinzioni”.

 

Niente di nuovo sotto il sole talebano, direte. Ed è vero, purtroppo. Nonostante le tante dichiarazioni e promesse al momento di prendere il potere, l’estate scorsa, dopo la nostra fuga precipitosa dall’Afghanistan. Prima la separazione netta tra maschi e femmine nelle scuole e nelle università. Poi la chiusura delle scuole femminili. Il divieto per le donne di fare un lavoro fuori casa – il leader supremo, Hibatullah Akhundzada, ha dichiarato che se le donne non hanno un compito importante da svolgere “è meglio che rimangano a casa”. Il divieto di percorrere da sole lunghe distanze (= oltre i 72 km!). Ora arriva il burqa. L’abito-prigione dentro il quale le donne devono vivere. O relegate in casa o rinchiuse nel burqa.

 

Noi occidentali dove siamo? Cosa facciamo per restituire alla donna afghana quel minimo di dignità che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) riconosce ad ogni persona? Una cosa mi colpisce. Dopo la notizia, qualche giorno fa, nei nostri giornali e le dichiarazioni alla riunione dei ministri degli Esteri del G7 giovedì scorso “Con queste misure i Talebani si stanno ulteriormente isolando dalla comunità internazionale”, tutto tace

Prigionieri della guerra che un piccolo dittatore paranoico ha scatenato qui, a casa nostra, non siamo più in grado di vedere cosa succede nel resto del mondo?

 

Chiudiamo con una notizia positiva. Sempre a proposito di diritti umani. Di diritti della donna. Nella maggior parte dei villaggi indiani è tradizione che la donna che rimane vedova diventi una reclusa, rinunci a qualsiasi attività fuori casa. Anche al lavoro. È tenuta in disparte perfino dai suoi parenti. Nel villaggio di Hervard nel distretto di Kolhapur, Maharastra, Stato dell’India centro occidentale, il consiglio del villaggio ha approvato un’ordinanza che vieta ogni forma di emarginazione nei confronti delle vedove. Il ministro dell’interno del Maharastra si è impegnato a chiedere al governo “di incoraggiare i villaggi rurali a prendere iniziative simili e a liberare le nostre donne dai ceppi della tradizione”.[2]

 

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti ha dichiarato l’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948.[3] Da ricordare ogni giorno. Come un mantra. Quanta strada ancora...

 

 

[1] Corano, 24-La Luce, 30-31

[2] The Indian Express

[3] UDHR, Art. 1

 

*** Vi invitiamo a leggere anche Sul corpo delle donne