VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 apr 2022

Di fronte alle violenze e agli stupri di guerra

Sul corpo delle donne

 

Ho bisogno di dare voce all’emozione che sento aggrovigliarsi dentro di me all’ennesimo articolo che leggo di stupri etnici relativi alla guerra. Mi dirai che la guerra ha sempre portato con sé gli abusi, di ogni tipo, quindi anche sessuali, ma io non riesco a comprendere quanto inumani si possa essere, a trovare un senso al perché le donne, in quanto tali, debbano sempre soccombere (almeno) due volte... La guerra c'è per tutti sul territorio di combattimento, per gli uomini e per le donne, per tutti quelli che si trovano sul posto, ma che si combatta con le armi, alla pari, non con il sesso, i sessi, il genere. Perché tanta atrocità? Perché?

Federica

 

Se gli altri terrestri, animali piante perfino virus e batteri avessero un qualche livello di consapevolezza, non esiterebbero, credo, a fare una santa alleanza per eliminarci dal pianeta. Tanto siamo caduti in basso con la nostra presunzione di superiorità. Capaci di intendere e di volere. Nel gradino più alto della scala evolutiva. Così presuntuosi da immaginarci immagine-di-Dio, il Dio della Vita. E non ci rendiamo conto, invece, che d’un altro dio rischiamo d’essere immagine: il dio della morte. Inginocchiati costantemente davanti al suo altare.

 

Dagl’inizi della nostra storia non abbiamo smesso d’aggredirci. Con ogni strumento. Quel fuoco che Prometeo ci ha portato, dopo aver appreso a usarlo per riscaldarci e fornire al nostro stomaco un cibo più digeribile, l’abbiamo utilizzato per distruggere. Le cose dell’altro. E l’altro stesso. In una progressione geometrica siamo arrivati perfino a penetrare quello scrigno che i nostri padri avevano chiamato atomo, cioè non-divisibile. E di nuovo ci siamo precipitati a trasformare la sua energia in un’arma ancora più potente di quelle già distruttive che c’eravamo costruiti con la polvere da sparo. L’energia nucleare, orgoglio dello studio e della ricerca che la mente di homo sapiens ha saputo attivare, è divenuta nelle nostre mani energia di morte. Più di qualunque altra. Ne abbiamo accumulata così tanta che potremmo annientarci dieci, cento, mille volte.

Ecco un quadretto di tutta la nostra stupidità. Una semplice domanda: dopo che ci saremo annientati la prima volta, a cosa serviranno tutti gli altri ordigni orgogliosamente ostentati nei nostri arsenali? Mah. Homo sapiens... quanto stupidus!?

 

Ma non basta. Perché quest’aspetto che oggi Federica ci costringe a guardare è ancora più vergognoso. E umiliante. La guerra, questo mostro – come lo chiama Francesco – che ci tiene ancora avvinghiati a sé, la combattiamo, oltre che sul terreno stracolme le mani di tutti gli attrezzi di morte, portandoci tutta la disumanità di cui noi umani siamo ancora capaci. Se il nemico è da distruggere, non solo le sue cose lo sono – case, palazzi, strade, opere dell’ingegno – ma anche la donna del nemico è terreno di conquista. Guardiamo bene queste parole la donna del nemico.

Siamo ancora qui. La donna non è con l’uomo, ma è dell’uomo. Sua proprietà. Fissi in una cultura rigidamente arcaica e all’apparenza insolubile.

In un testo risalente all’VIII sec. a. C. troviamo: «Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo».[1] La donna, come la casa o il campo o lo schiavo o il bue o l’asino, appartiene all’uomo. E se la donna è proprietà dell’uomo cosa di più efficace, se voglio aggredire e vincere sul mio nemico, che impadronirmene, prenderne possesso?

Parole dure, sì. Umilianti, se le ascoltiamo da umani del XXI secolo.

La donna è dell’uomo, dicevo. Non con l’uomo. Differenza sostanziale. Se sono con te significa che io e te siamo alla pari. Pari dignità, pari valore. Se invece io appartengo a te, il mio valore è subordinato a quello che tu mi riconosci. «Per un maschio dai venti ai sessant’anni, cinquanta sicli d’argento... invece per una donna, la tua stima sarà di trenta sicli».[2]Così troviamo codificato due secoli dopo. Ma possiamo restare lì? Se homo technologicus è al XXI secolo, dov’è rimasto homo sapiens? Ancora bloccato alla preistoria.

Notizia dell’ultima ora. I giornali britannici hanno parlato questi giorni di un boom di uomini single che, aderendo al progetto Homes for Ukraine, si sono resi disponibili a ospitare donne profughe... nei loro letti!

 

Due settimane fa ci dicevamo no women no peace, senza donne non si costruisce la pace.[3] Credo che dobbiamo ampliare ancora il nostro pensiero: senza donne non c’è civiltà, non c’è umanità.

Non c’è umanità nella guerra. Meno ancora c’è umanità in una guerra combattuta sul corpo delle donne.

Grazie, Federica. Quanto abbiamo ancora bisogno di aprire gli occhi e guardarci con il coraggio della verità...

 

 

[1] Deut 5,21

[2] Lev 27,1-7

[3] Il fattore umano