VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

12 set 2021

Tra timori, riserve, prevenzioni, adesioni...

No vax?

«Non intendo fare il vaccino anti Covid reso praticamente obbligatorio dallo stato per certe categorie. Sanitari, personale scolastico, pubblici dipendenti. Ormai sono tante le vittime dei vaccini ma lo stato e i media, che hanno una narrazione comune, lo nascondono. E mi dispiace che lei non colga questi aspetti della campagna vaccinale. Poi qual è la logica “o ti vaccini o rischi la sospensione dal lavoro”? Per il bene comune? E il bene dell’individuo non si considera?». Così mi scrive Anna, cinquantenne, dopo che c’eravamo parlati sulla situazione attuale e sulla necessità, dal mio punto di vista, di ampliare il più possibile e il più rapidamente possibile il numero dei vaccinati.

Proviamo oggi a fare qualche riflessione sullo stato dell’arte.

 

È arrivato questo virus. Completamente nuovo per noi. Non solo perché sconosciuto nel suo genoma, che tuttavia siamo riusciti a cogliere dopo qualche mese dalla sua comparsa. Ma la novità seria è che era, ed è, completamente sconosciuto al nostro organismo. Del tutto impreparato ad affrontarlo, come avviene invece per altre forme influenzali con le quali di anno in anno eravamo venuti a contatto. Per di più si è presentato con una contagiosità altissima che pure ci ha colti di sorpresa. E non avevamo neppure terapie valide. Oggi cominciamo a disporne, anche se non ancora facilmente fruibili in ambito extra ospedaliero (anticorpi monoclonali, immunostimolanti).

Al momento sappiamo che la difesa più efficace è prevenirlo. Quindi il vaccino. Che dà al nostro organismo le istruzioni necessarie per difendersi dall’eventuale aggressione.

Perché allora tanta resistenza in una parte della popolazione?

 

Le obiezioni più frequenti. Questi vaccini sono completamente nuovi, non sufficientemente sperimentati e, soprattutto, non conosciamo i possibili effetti collaterali a medio e a lungo termine. Poi, essi non proteggono completamente dalla possibilità del contagio, sia passivo sia attivo. E in ultimo l’obiezione di fondo: dove va la mia libertà, il mio benessere personale, come scrive Anna.

 

Le risposte che gli esperti provano a darci facciamo fatica a coglierle e a lasciarci rasserenare. Eppure sappiamo bene ormai, questi due anni ce l’hanno insegnato, quanto pericoloso sia ammalarci. Per di più non sappiamo ancora quali effetti, a medio e a lungo termine, il contagio produce sul nostro organismo. A livello polmonare, cardiaco, perfino nervoso. Tutti ormai abbiamo sentito parlare di Long-covid. Cioè di tutti quegli strascichi che l’organismo deve trascinarsi - e per quanto tempo? - anche dopo la remissione dalla fase acuta.

Circa poi la protezione dalla possibilità del contagio. È vero che questa non è assoluta, tanto più di fronte alla variante delta che è sopraggiunta, ma un dato ormai acquisito è che il vaccino protegge dall’ammalarci gravemente e dagli effetti che ne conseguono. Ci dicono alcune ricerche che anche in alcuni soggetti giovani, positivi asintomatici, si sono evidenziate lesioni polmonari che persistono per mesi, e i cui effetti a medio e a lungo termine ancora non conosciamo.

 

Perché allora tanta resistenza alla vaccinazione?

Partiamo da un’osservazione. Tutti sappiamo che qualsiasi farmaco introduciamo nell’organismo è accompagnato da possibili effetti collaterali, anche indesiderati. Ma non ci opponiamo alla sua assunzione. Dall’analgesico all’antipiretico, per non parlare di quelle boccettine, ospiti spesso del nostro comodino, come Lexotan, Xanax, En, Tavor, ecc. Non facciamo troppe obiezioni. Anzi, a volte ne abusiamo perfino. Il punto è qui. Quando stiamo male è naturale prendere un farmaco. Pur sapendo che oltre che bene, può farci anche del male. In quel momento il disagio della sofferenza ci spinge a cercare la strada per uscirne. Il vaccino, invece, che ha una funzione preventiva, dobbiamo decidere di assumerlo mentre stiamo bene. E ci rimane difficile, mentalmente, dare peso al pensiero che esso ci protegge. È più il potenziale rischio che guardiamo, anziché la garanzia della protezione da una probabile, anche grave, malattia.

 

Infine, il tema della libertà personale. Che spesso non sappiamo coniugare con la responsabilità sociale che, come cittadini, non possiamo dimenticare. Due settimane fa abbiamo parlato dell’immunità di gregge, riflettendo sulla necessaria dimensione planetaria.[1] Oggi dobbiamo dirci che il suo raggiungimento, oltre che una garanzia per ciascuno di noi, è garanzia e protezione per chi non può vaccinarsi. Per i soggetti più deboli. Anche nei loro confronti abbiamo una responsabilità, come cittadini.

In fine, è giusto che chi non vuole vaccinarsi usufruisca di una garanzia conquistata a spese di chi si vaccina? Coltivare la solidarietà sociale è compito che appartiene a tutti, in una società. Questa è vera libertà. Dal momento che la mia libertà ha senso e valore se e quando so coniugarla con la tua.

 

 

[1] Immunità di gregge?