VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

7 nov 2021

Mercoledì 27 ottobre il senato affossa il ddl Zan

L’applauso della vergogna

Ora di pranzo. Un grande applauso, accompagnato da grida di gioia, risuona nell’aula di palazzo Madama. Non ha vinto l’Italia agli europei. No. È la morte di un disegno di legge che vuole tutelare i diritti di una minoranza. Di quella parte di cittadini, in minoranza numerica rispetto al resto della comunità, che vive una sessualità diversa.

Non era ben fatta quella legge. Noi ne abbiamo già parlato.[1] Accanto alle osservazioni critiche, che a mio parere rimangono tuttora valide, «non è accettabile – avevo scritto, e ripeto – che in una società civile si debba andare alla conta dei voti senza prima aver tentato tutte le strade per arrivare a un accordo-compromesso su temi così rilevanti dal punto di vista culturale e sociale. E di conseguenza comportamentale». Visto poi che la discussione in aula era stata rimandata, mi rallegravo. Nella certezza che il tempo che il parlamento aveva davanti avrebbe permesso quel confronto che fino ad allora era mancato.

L’hanno fatto? No. I mesi passati hanno lasciato tutto come prima. Destra e sinistra ferme nelle loro posizioni. Qualche apertura sembrava trapelare. Ma vuoi per le modalità, vuoi perché la norma che regola i rapporti tra i partiti continua ad essere quella della sfiducia e del sospetto reciproci, sono arrivati alla discussione in aula l’un contro l’altro armato. Ciascuno facendo sfoggio della propria forza. Dichiarando, gli uni e gli altri, di voler tutelare i diritti di una minoranza e superare atteggiamenti discriminatori; del tutto indifferenti, invece, alla serietà e gravità della problematica in campo.

Giudizio severo, mi dice un amico con cui discuto di questi pensieri. Sì, lo è. Ma tu sei contento o dispiaciuto che il ddl non è passato? continua. L’uno e l’altro, gli dico.

 

Non avrei visto con favore l’approvazione tout court di quel testo. Le osservazioni critiche che avevo fatto, per me rimangono. E nel testo in votazione mercoledì neppure una virgola era stata modificata. Nessuno ci aveva lavorato.

Meglio una legge non buona piuttosto che nessuna legge, continua. Non ne sono del tutto convinto. Basta guardare i cosiddetti decreti sicurezza. Non solo non hanno risolto il problema dell’immigrazione – come sosteneva il governo di allora. Hanno addirittura aggravato la posizione dei tanti profughi. Sia di quelli già in Italia sia di coloro che sarebbero giunti in seguito.

Né è una giustificazione che i partiti in questi mesi sono stati impegnati con le amministrative. Se un problema lo ritieni importante, ci lavori. E seriamente. Tanto meno cadi in quello spettacolo disgustoso che il senato della Repubblica ha dato di sé. Mostrando che contava di più schiacciare l’avversario che costruire una buona legge.

Come si può accettare un comportamento e un atteggiamento da stadio all’interno del parlamento? La superficialità e l’incoscienza di cui hanno dato prova in tutto questo tempo, di fronte a una problematica tanto seria, non è accettabile. Altrettanto inaccettabile è il fatto che adesso sono tutti presi dalla caccia ai cosiddetti franchi tiratori, piuttosto che fermarsi a riflettere sulle responsabilità di ciascuna parte nel non volersi mettere a tavolino e costruire un ddl condiviso.

 

Ora possiamo ripartire. Dobbiamo ripartire. Subito. I sei mesi d’attesa di cui parla il regolamento impediscono soltanto la riproposizione dello stesso testo, non la presentazione di uno nuovo. Ritrovando la dignità, accanto ai giochi aperti per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, ciascun partito incarichi un proprio parlamentare, competente nel settore, per dare vita ad un gruppo di lavoro sul tema. Un gruppo che ascolti anche addetti ai lavori, sia sul piano del diritto sia su quello delle scienze umane. E un nuovo disegno di legge, ben costruito, può essere presentato molto prima.

 

Certo, bisognerà ritrovare un atteggiamento di attenzione e di ascolto anche verso pensieri diversi dai propri. Uscire da posizioni rigide come quelle che hanno accompagnato la votazione della settimana scorsa. Tutte le voci hanno diritto ad essere ascoltate. O così o niente non premia nessuno. Crea soltanto chiusure e contrapposizione confessionali. E alla fine chi rimane schiacciato tra gli schieramenti sono proprio coloro che si vogliono tutelare. Laici e cattolici, destra sinistra e centro, ciascuno ha qualcosa di buono da dire e da portare se c’è uno scopo condiviso: la tutela dei diritti. Di tutti. Anche di chi si ritrova a vivere una sessualità diversa dalla maggioranza.

 

 

[1] Attiviamo un dialogo vero 18 luglio, Per una legge buona 3 ottobre