VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

23 dic 2018

Natale. Gesù, figlio di Dio e figlio dell’uomo

Incarnazione

Gesù, mi hanno detto che non ho più l’età per scrivere una letterina di Natale. È vero. Ma, che vuoi? Sarà che ai miei tempi non scrivevamo a Babbo Natale: la maestra c’insegnava a scrivere a Gesù Bambino. Spiegandoci bene che questa doveva essere imbucata sotto il piatto della mamma e del babbo. Perché era lì che poi saresti passato tu. Bambino come noi. E avresti realizzato i nostri desideri.

Ora che i sette anni li ho compiuti. E non una, ma tante volte. Ora che le voci progetto e bilancio nella mia vita s’alternano giorno dopo giorno, cercando ora l’una ora l’altra di avere per prima la mia attenzione, ora questa mia lettera non ti chiede più un gioco o un libro da leggere o un album per disegnare. Ora con te provo ad aprire il cuore per condividerti qualcuna delle domande che vi trovo scritte.

 

Quando ti penso, quando leggo le pagine che quei tuoi amici straordinari ci hanno lasciato per aiutarci ad accogliere la Buona Notizia che sei venuto a portarci – penso a Matteo, Marco, Luca e Giovanni –, sento che ho bisogno di ritrovarti anche nella tua umanità. Mi sorprende ogni volta che quando parlavi di te continuavi a dire il Figlio dell’Uomo. 82 volte l’hanno scritto. Sì, le abbiamo contate. Eppure la tua umanità in questi duemila anni si è vista ricoprire, giorno dopo giorno e secolo dopo secolo, da analisi, spiegazioni, teorie, dottrine, dogmi, insieme a discussioni, eresie e anatemi. Ci abbiamo messo di tutto.

Aveva ragione il vecchio Simeone che, accogliendoti al tempio quando i tuoi ti avevano portato per la circoncisione, Questo bambino, aveva detto, è qui come segno di contraddizione.[1]

 

Vedi, ancora noi dividiamo il mondo in credenti e non credenti. E succede che i cosiddetti non credenti chiudono di fronte alla tua divinità. Dio non può nascere uomo, dicono. E noi, i cosiddetti credenti, chiudiamo di fronte alla tua umanità. Una sorta di timore sembra raggiungerci.

Posso capire, anche accettare, che vedere in te il Figlio di Dio è sconvolgente. Chi potrebbe mai pensarlo? Comprenderlo poi. La nostra mente è nel limite dell’umano, e non sa entrare in un disegno tanto grande. È vero che nel trascorrere dei tempi e nelle diverse culture abbiamo costruito miti e racconti di dèi che di volta in volta prendevano forme umane per poi ritornare nei loro Olimpi. Ma quelli erano miti. Era un modo per dare voce, nello stesso tempo, sia al desiderio di avere un dio vicino, sia al timore di una possibile eccessiva e pericolosa intimità.

Tu, invece, parli con la storia. Non sei un mito. Né un racconto consolatorio.

 

Perché, allora, noi credenti chiudiamo di fronte alla tua umanità? E, guarda caso, cominciamo proprio da qui, dal Natale. Che ogni 25 dicembre continuiamo a festeggiare. Ti abbiamo tolto (quasi) tutto. Abbiamo cominciato dalla tua nascita: non un parto normale abbiamo lasciato alla tua mamma, un parto accompagnato da quella fatica e quel dolore con cui ogni madre mette al mondo il suo bambino. Poi ti abbiamo privato di un padre: quel povero Giuseppe per secoli l’abbiamo rappresentato vecchio e stanco. Sostanzialmente, l’abbiamo fatto fuori. Maria è diventata La Madonna. Così lontana e irraggiungibile. Era impensabile, e sembra esserlo ancora, che i tuoi fossero due giovani innamorati: li abbiamo collocati al di là di ogni dimensione umana. Non parliamo poi del tuo concepimento: hai sentito quanto brusio, due mesi fa, quando abbiamo appena provato a farci qualche domanda al riguardo.[2]

 

Mi chiedo perché proprio noi, che pure ci riconosciamo tuoi discepoli, abbiamo paura di vederti nella pienezza dell’umanità.

Poi, pensandoci bene, temo proprio che una ragione ci sia. Pure buona. Non vederti completamente umano, non sarà che è un bell’escamotage che ci esonera dall’assumerci in pienezza la responsabilità di come stiamo gestendo la vita della società civile? Tu guarda: il mese scorso il governo ci ha regalato una legge, il cosiddetto Decreto Sicurezza, che è la negazione del tuo Vangelo. Un contro-vangelo, potremmo dire. E, guarda caso, la maggior parte dei cattolici, compresi molti tra coloro che dovrebbero guidare la tua chiesa, rimangono silenziosi. Indifferenti. Quando non arrivano addirittura a condividerlo. Qualche voce di dissenso s’inizia a sentire. Ma quanto debole. Soprattutto quanto solitaria nel frastuono delle approvazioni.

 

Caro Gesù, temo che abbiamo ancora tanto, tanto bisogno di guardare la tua incarnazione. E, soprattutto, di riscoprirne e accoglierne la pienezza. Senza i tanti limiti e orpelli che nei secoli vi abbiamo messo sopra. Solo così comprenderemo che il Vangelo tu ce l’hai hai portato perché sia incarnato nella realtà del quotidiano. Pienamente. E credo sia l’unica strada per fare davvero nostre quelle tue parole: Ciò che avete/non avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete/non l’avete fatto a me.[3]

Grazie per il BUON Natale che tu ci dài.

 

[1] Cfr. Luca 2,34

[2] La mente e l'anima, Vol. 5, pag. 258 (1), pag. 261 (2), pag. 264 (3)

[3] Cfr. Matteo 25,31-46