VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

18 giu 2023

Maternità surrogata: una moratoria internazionale

Donne e bambini

Progressisti e conservatori. Così dividiamo il nostro piccolo mondo. E la regola che lo guida è che il pacchetto, degli uni e degli altri, si compra tutto intero. A me questa regola non piace. Come non mi piace questa maggioranza. Né questo governo. Che però, per rispetto alle regole della democrazia, mi devo tenere. E, temo, anche a lungo, vista la povertà di idee e di progetti che i partiti della minoranza, bisbigliando, ci offrono.

Con questa premessa, devo dire, però, che questi giorni proprio questa maggioranza ha fatto una proposta di legge che condivido. È la modifica della L. 40/2004 Norme in materia di procreazione medicalmente assistita. All’Art. 12 c. 6 leggiamo: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro». La proposta di modifica, che già approvata in commissione Giustizia andrà in discussione alla Camera il 19 giugno, aggiunge: «Le pene stabilite dal presente comma si applicano anche se il fatto è commesso all’estero». In pratica la punibilità è estesa a tutti i cittadini italiani ovunque essi pratichino la GPA (Gestazione per altri, o Maternità surrogata, o Utero in affitto). Anche in paesi in cui è consentita. Come sta succedendo adesso.

 

Un dato importante, da non dimenticare quando parliamo di questa pratica, è che il 90% di chi vi ricorre è formato da coppie eteroaffettive, coppie cioè formate da un uomo e una donna. È importante ricordarci questo dato, per evitare di cadere nella solita confusione: chi è contro la GPA non riconosce i diritti delle coppie omoaffettive! Non è così, infatti. Sono due piani che vanno tenuti ben distinti. Uno riguarda i diritti della coppia omoaffettiva, l’altro attiene alla tematica della surrogata. A mio parere non ci sono ragioni perché ad una coppia omoaffettiva non vadano riconosciuti i medesimi diritti di una coppia etero.

Altra confusione da evitare è il tema della registrazione di un bambino figlio di una coppia omogenitoriale. Allo stato della normativa il bambino viene registrato immediatamente come figlio del genitore biologico. L’altro sarà riconosciuto come genitore accedendo all’adozione speciale: la strada da seguire non è per nulla complicata.

Chiariti per il momento questi due punti, che vedremo di riprendere in seguito, entriamo nel tema specifico della GPA.

 

Qui due domande dobbiamo farci.

La prima: avere figli è un diritto? Avere figli non è un diritto. Nessuno può avanzare la pretesa di un figlio. Né single né coppia, né omo né etero. La ricerca di un figlio si muove tra bisogno e desiderio. È il bisogno a prevalere quando una coppia non si sente famiglia se non ci sono figli. Come se soltanto un figlio potesse dare significato e valore alla relazione tra i due. Al progetto di vita. Nonostante tutti sappiamo bene che mai un figlio potrà colmare il vuoto che lega/separa due coniugi. È più il desiderio a guidarne la ricerca quando la coppia vive bene il suo progetto, e questo vorrebbe condividerlo anche con un bambino. Il loro stare insieme è già pieno di significato: il figlio è chiamato ad entrarci, per usufruirne, e portarvi anche la sua energia vitale. In un arricchimento reciproco.

Non possiamo cadere nell’equivoco di tradurre un bisogno/desiderio in un diritto. Sono piani completamente diversi.

La seconda domanda: cosa comporta la GPA per la donna, e cosa comporta per il bambino che nasce?

Nella maggior parte dei casi lei viene pagata per un servizio. E ridotta ad una macchina: deve crescere un bambino nel suo corpo, partorirlo, poi lasciarlo andare. Quella relazione psico-affettiva – cioè umana – che accompagna una gravidanza viene negata. Ogni donna che ha un bambino sa bene quanto il tempo della gravidanza sia coinvolgente. Sia sul piano fisico sia su quello affettivo. Ma per la donna coinvolta nella surrogata tutto questo è completamente ignorato: come se il solo pagamento potesse cancellare ogni coinvolgimento. Non è sfruttamento retribuito di una donna?

Il bambino. Anche lui vive i suoi primi nove mesi in una relazione profonda, fisica e affettiva, con la donna che lo cresce. Che lui nel suo cuore, e nel suo corpo, già chiama mamma. Ma al momento della nascita la deve abbandonare. Un’altra mamma e un altro babbo (o due babbi) l’aspettano. L’hanno ordinato. L’hanno comprato. Ma a questo bambino chi ha chiesto il permesso? Chi ne ha richiesto il parere? Dove sono andati i suoi diritti?

 

Mi fermo qui oggi. Ho letto queste parole: «Progressista non è l’utero in affitto, ma il fatto che i bambini non si comprano, non si vendono, non si regalano». I bambini sono persone.

E aggiungo un pensiero. All’ONU da tempo è in corso un’azione per giungere ad eliminare la pena di morte in tutti gli Stati. A mio parere un movimento analogo dovremmo avviare perché in tutte le nazioni la maternità surrogata sia considerata illegale.

 

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