VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

27 feb 2022

Esercitazioni militari, incidenti di frontiera, minacce di guerra

Venti di... bullismo

Inesperto in strategie militari, altrettanto in equilibri geopolitici, con quel po’ d’esperienza costruita attraverso anni di studio e di frequentazione della mente umana, mi rimane difficile, di fronte allo spettacolo in cui ci hanno immerso questi giorni certi grandi (!?) del mondo, trovare una parola più adeguata a descriverli: poveri bulli. Incapaci di uscire da quel gioco infantile che ti costringe perennemente a misurarti con l’altro, nella ricerca ossessiva di dimostrare, a te prima, poi a chi ti sta intorno, la tua forza e la tua potenza. Putin con i suoi eserciti, Biden con le sue minacce... ora è arrivato anche Lukashenko con l’apertura all’arma nucleare.

 

Volessimo oltrepassare la categoria del bullo, cadremmo in quella dell’idiozia. Parola che non si coniuga facilmente con intelligenza. Poco intelligenti dunque? Se parliamo di quella capacità che misurano i test degli psicologi, quasi sicuramente li troviamo all’interno di una media accettabile. Magari anche con qualche punto in più. Ma se chiamiamo intelligenza la capacità di valutare l’adeguatezza alla realtà del proprio modo di agire e di pensare, allora i punteggi scivolano precipitosamente nella casella dei numeri negativi.

Mi chiedo come sia possibile, tanto più in tempi di pandemia con tutto quanto essa ci ha portato e ci porta in problemi di salute e di economia a livello mondiale, mettersi a giocare con manovre militari come quelle che continuano ad assediarci questi giorni. Pensiamo solo alla spesa che questo comporta: carri, elicotteri, caccia, missili, armamenti d’ogni genere, 150mila tra soldati e altro personale. Milioni, miliardi gettati al vento. Solo per far sfoggio di potenza. Per dire all’altro: io sono più forte di te; tu fai come ti dico io. Io.

 

In ogni parte del mondo parliamo di ecologia, rispetto dell’ambiente, lotta all’inquinamento. Pensiamo al veleno che tutte queste macchine da guerra spargono nell’atmosfera. E sul terreno sottostante. Ordigni d’ogni genere che vengono esplosi. Perfino mine, lasciate sul campo. Il tutto per provare come funziona. Le chiamano esercitazioni. Quasi fossimo in una palestra o in un’aula scolastica in cui si fanno esercizi per essere pronti alla gara o alle prove d’esame. Ridicoli. Hai voglia a parlare di passaggio all’economia verde, rispetto dell’ambiente, riduzione dell’anidride carbonica, incremento di alberi da mettere a dimora... Basta un’ora di giochi di guerra per distruggere tutto.

 

E l’inquinamento nelle relazioni umane?

Mentre marciavi con l'anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore.
Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
[...]

E il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore
.[1]

Vedere gli occhi d’un uomo che muore. Oggi tra me e il nemico abbiamo frapposto la tecnologia: e gli occhi dell’altro non arrivano a me. Né i miei a lui. Ma la distanza e la spersonalizzazione non bastano per alleggerire l’anima di un uomo, di una donna - visto che anch’esse hanno ottenuto il privilegio di fare la guerra - di fronte all’omicidio cui il lavoro li costringe.

Parliamo di odio. Di linguaggio di odio. Un linguaggio che alimentiamo con i social. Con i cosiddetti leoni da tastiera che, nascosti dietro lo schermo di un pc o di un telefonino, si sentono autorizzati a offendere e aggredire chiunque capiti a tiro. Ma qui andiamo oltre. Le parole diventano armi. Le armi strumenti di morte. Non in senso figurato stavolta. In senso reale. E la morte non arriva solo a chi indossa la divisa di un altro colore. La morte cammina per le strade della città, nelle campagne, coglie il vecchio e il bambino, la donna incinta e i ragazzini che giocano.

 

La guerra. Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono diceva Pablo Neruda. Quali interessi? Federico II: Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie file. Ma il soldato non deve pensare.

 

E noi dove siamo? Ritorniamo al bullo. Suo obiettivo è acquisire potere nel suo contesto di vita: adolescente tra adolescenti, bambino tra bambini. Capo di stato tra capi di stato. L’insicurezza di sé, la bassa stima di cui è contornato lo costringono a costruire occasioni, strumenti e modalità in cui far sfoggio di forza. È una forza effimera perché fuori di lui. Ma è quanto sa proporre ai suoi pari. E a se stesso. E il timore, la paura che coglie negli altri diventano per lui conferma: io esisto. È la sua debolezza. Lui non lo sa. E non lo sa guardare.

Il problema, però, nel contesto odierno, è che questi bulli giocano con le nostre vite.

Su chi contare? Su qualche uomo o donna di governo dei nostri paesi democratici che sappia mettere sul tavolo un po’ di saggezza.

 

 

[1] F. De Andrè, La guerra di Piero

- Si può leggere anche La debolezza del bullo

 

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