VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 lug 2022

In famiglia, in politica, tra le nazioni, una risorsa preziosa

Fratelli

Dall’amore tra Marte, dio della guerra e della fertilità, e la sua vestale nascono Romolo e Remo. Fondatore della città eterna, nella lotta per definire a chi gli dèi attribuiscono questo potere, in un impeto di rabbia il primo uccide il fratello che s’era permesso di scavalcare il confine che lui aveva tracciato. Eteocle e Polinice, figli di Edipo, si uccidono a vicenda nella guerra per regnare su Tebe. Caino e Abele, primi fratelli nel mito biblico delle origini, non fanno di meglio: catturato dalla gelosia, il più grande aggredisce l’altro e l’uccide. Primo fratricidio della storia. E non finisce qui. I dieci figli di Giacobbe, gelosi per la preferenza che il padre ha per Giuseppe, il più piccolo, dopo aver complottato su come toglierselo di torno, approfittano di alcuni mercanti che passano e lo vendono. Altra storia tragica? Abbastanza, diremmo. Anche se stavolta il finale cambierà: dopo oltre vent’anni, tra vicende alterne e crisi familiari, si ritrovano e la famiglia si ricongiunge. Coppia ideale, invece, si direbbero Castore e Polluce, figli di Zeus, preziosi protettori degli umani. Uniti nelle imprese in vita e così legati che dopo la morte dell’uno, l’altro ottiene dal padre di poterlo seguire.

 

Giusto un’enciclopedia potrebbe contenere tutti i miti che ci raccontano di relazioni fraterne. Più d’una, poi, se volessimo raccontare tutte le vicende tra fratelli quando guardiamo le nostre storie. Fratelli alleati o fratelli complici, fratelli solidali o fratelli lontani, fratelli amici o fratelli in lotta, vittime di rancori astio o gelosie. Fratelli persi. E fratelli ritrovati.

 

Processi analoghi se guardiamo le relazioni internazionali. Popoli che si riconoscono in origini culturali comuni, sono divisi e in conflitto. Perfino in guerra. Ebrei e palestinesi, israeliani e paesi arabi. Gli uni e gli altri figli di Abramo, loro padre comune. E, di drammatica e terribile attualità, russi e ucraini: anch’essi radicati su una matrice culturale condivisa e reciprocamente riconosciuta.

Né è esente da tutto ciò il mondo della politica. Partiti e movimenti con valori di fondo condivisi, quel bisogno di differenziarsi li porta spesso a guardare più le differenze, anche piccole, che il progetto di base. E su questi aspetti minori s’incastrano e s’irrigidiscono.

 

Ecco cosa rende così difficile certe volte coltivare buone relazioni tra fratelli.

Nati nella stessa casa, vissuti in un’intimità unica fin dai primi anni di vita, uniti nell’affetto e nella cura degli stessi genitori. Grande risorsa e tesoro prezioso sono, cui attingere per il resto della vita. Ma quel desiderio di unicità, sano, che ci contraddistingue, a volte andiamo a giocarcelo scivolando in quella trappola che ci fa vedere nell’altro un ostacolo, o addirittura un avversario, piuttosto che un alleato.

Ciascuno di noi guarda il mondo con i propri occhi. E ciascuno è convinto che i suoi occhi colgono la verità. Al punto che se un altro osserva qualcosa che non ci corrisponde, ci è più facile dire che lui sbaglia piuttosto che dire a noi stessi che il suo sguardo coglie aspetti che al nostro possono essere sfuggiti. È esperienza di tutti, credo. Ed è sano, fisiologico che ciò avvenga. La natura ci ha messo a disposizione i sensi per recepire il mondo, un cervello capace di elaborare le informazioni che questi gli passano, per trasformarle in pensieri osservazioni considerazioni. Da condividere poi con gli altri. Trasformandoli in frammenti di verità. Consapevoli che questa, la Verità, è così ampia che trascende infinitamente la capacità d’osservazione e d’elaborazione di cui può disporre il singolo individuo.

 

Questo è il grande passo che, crescendo, la vita ci chiede di compiere. La differenziazione (io sono diverso da te) e l’individuazione (io sono io, tu sei tu) sono processi che appartengono a ciascuno. Individuo in famiglia. Popolo tra le nazioni. Partito nel mondo della politica. Immaginate ora che israeliani e palestinesi riescano a cogliere cosa vedono gli occhi dell’altro popolo. Che sinistre e destre, nel rispetto delle differenze, sappiano ascoltarsi. E confrontarsi. Che Putin riesca ad uscire dalla prigione di un pensiero autistico e autoreferenziale e scambiare valutazioni e progetti con il popolo ucraino e gli altri popoli confinanti...

La capacità di uscire dalla rigidità del pensiero unico-valido, il mio, non è il seme della pace?

 

Utopia tutto questo? Sì. Certo. Ma tra le due radici che se ne contendono l’origine – ou non e tòpos luogo (un luogo che non esiste), e eu bene e tòpos luogo (un luogo, uno spazio buono) – è sulla seconda etimologia che il mio pensiero ama riposare.

I genitori a un certo punto se ne vanno. Il loro viaggio in questa vita è terminato. Chi rimane siamo noi fratelli. Risorsa grande che la vita ci offre. A che serve sprecarla?

 

(Qui continua Sorelle)