VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

27 mar 2022

Tra emergenza e urgenza: dall’etica dei princìpi all’etica della responsabilità

Chi ferma la guerra?

 

Quello che sta succedendo è tragico e terribile. Però, Federico, nel leggere i tuoi articoli sono un po’ disorientata. Cerco una lettura che tenga conto di tutto il sistema di relazioni, e non la trovo. Ho paura di una lettura tutta basata sul pazzo di turno. Nella mia semplicità mi dico: be’ in molti si poteva evitare la guerra. Avrebbe potuto farlo l’Unione Europea, facendo un passo indietro come Nato, lavorando per una vantaggiosa neutralità per l'Ucraina... (Deborah)

 

Forse la belligeranza è più facile della pace, il conflitto è più immediato del dialogo costruttivo.

Non occorre guardare la geopolitica, basta guardare nelle case: si fa molto prima ad uscire sbattendo la porta che a restare e rimettersi in discussione... (Rita)

 

 

Anche se può sembrare una lettura semplicistica, Deborah, questa volta il pazzo di turno c’è. Ed è evidente. Non lo dico per entrare in facili diagnosi di psicopatologia, pur in presenza di sintomi lapalissiani negli atteggiamenti e comportamenti di Putin, l’affermo guardando il fatto che il presidente di uno Stato, da sovrano assoluto, prende la decisione d’inviare l’esercito a invadere una nazione libera. Pur consapevoli che non è tutta qui l’origine di questa guerra, tuttavia l’equilibrio psichico dell’uomo-presidente è un elemento che non possiamo sottovalutare. Anche e soprattutto nel momento in cui vogliamo attivare con lui una qualche forma di dialogo e di mediazione. Lavoro irrinunciabile.

Si poteva evitare questa guerra? Forse sì. Io non ho le competenze per analizzare le cause profonde, storiche politiche ed economiche, che ne sono la base. E condivido appieno la necessità di lavorare per costruire analisi che ci aiutino, nell’immediato a trovare la strada per fermarla, e in prospettiva per evitare che altri pazzi di turno approfittino per scatenarne altre. Analisi che si stanno rivelando sempre più complicate. E complesse.

 

Ma ora c’è una domanda urgente: cosa fare per fermare la guerra. Subito. Perché i tempi sono diversi: c’è il tempo dell’emergenza e il tempo dell’urgenza. Se a seguito d’un incidente arrivo al pronto soccorso con una grave emorragia in atto oltre che con qualche osso rotto, l’emergenza richiede che subito si fermi l’emorragia. Poi vedremo di aggiustare le ossa. Ancora: se vedo un uomo mentre sta violentando un bambino, lì gli do una bastonata in testa (emergenza), poi lavorerò con lui e con chiunque altro per trovare, comprendere e rimuovere le ragioni che sono alla radice di questo comportamento (urgenza).

Ma tu non eri per la non-violenza? Sì, certo. Ma la situazione d’emergenza (il bambino che viene violentato) mi chiede d’agire secondo l’etica della responsabilità: devo fare quant’è in mio potere, adesso, per salvare quel bambino dalla violenza che sta subendo. Poi andrò a cercare le cause e a lavorare perché si possano superare.

 

Qui c’è un’emergenza. Dobbiamo fermare la guerra. Subito. E se serve dare un colpo in testa a chi l’ha decisa, lo facciamo. È eticamente giusto. Abbiamo attivato le sanzioni economiche: è necessario trovare la forza per sostenerle. Si può fare anche altro? Se al momento ci limitassimo alle analisi geopolitiche, anche le più approfondite, ma non agiamo per fermare la guerra, sarebbe come fare grandi studi sulla pedofilia, anche intelligenti e scientificamente ineccepibili, ma lascio quel bambino che ho di fronte nelle mani del suo violentatore.

Quando davanti a un aggressore e un aggredito io rimango neutrale – o, in politica, mi astengo – devo sapere che mi sto ponendo dalla parte dell’aggressore.

C’era uno slogan che ha accompagnato gli anni dei miei studi universitari. Erano gli anni del terrorismo. Né con lo stato né con le brigate rosse. E siamo arrivati alla vicenda Aldo Moro, a Marco Biagi: li abbiamo commemorati proprio questi giorni. Neutrali. Me l’hanno richiamato certi commentatori politici né-con-Putin-né-con-Zelensky pronti a moltiplicare le analisi del prima e del dopo, dei se e dei ma. Ma incapaci di offrire vie di soluzione per una cessazione immediata dei combattimenti. Oltre che proposte per una concreta, indispensabile e irrinunciabile mediazione politica.

 

Qualche tempo fa ricordammo, con Tito Livio, dum Romae consulitur Saguntum expugnatur, mentre a Roma si fanno consultazioni, Sagunto cade. Ci risiamo: analisi su analisi sì, ma intanto l’Ucraina è sotto le bombe. Chi ferma la guerra?

Ha ragione Rita: entrare nella belligeranza è più facile che costruire la pace. Ma solo costruire la pace significa vivere la nostra umanità.