VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

7 feb 2021

Non lasciamo soli i nostri bambini, in balia dei social

Relazione vo cercando, ch’è sì cara...

Due tragedie hanno risuonato nella cronaca di fine gennaio. Palermo e Bari i luoghi del dramma. Una bambina di 10 anni trovata morta in bagno con la cinta dell’accappatoio stretta intorno al collo, e un bambino di 9 appeso ad una corda nella sua cameretta. Non abbiamo parole di fronte a drammi di questo genere. Possiamo far arrivare a queste famiglie la nostra vicinanza. Il nostro affetto. Ma le parole non basteranno. Né lo sguardo, né gli abbracci. Dolore e rimorsi resteranno compagni per la vita. Un po’ di conforto, forse, sapere che dal loro dramma potrà nascere la speranza che altri bambini saranno salvati dal cadere nella stessa trappola.

Non abbiamo la certezza, ma che quanto è avvenuto sia legato al mondo dei social sembra piuttosto verosimile. Sfide tra coetanei? Induzione a compiere gesti estremi da parte di adulti che s’insinuano, mascherati, nelle chat dei ragazzini? Sarà la magistratura a fare chiarezza. Noi proviamo a condividere qualche riflessione dando uno sguardo al posto che i social occupano nella vita dei nostri figli e nipoti.

 

Neanche ti guardano in faccia: occhi e mani incollati al telefonino. A tutte le ore. In ogni momento della giornata. Questa l’eterna lamentela dei genitori d’oggi. Sono i ragazzi del Duemila. I bambini dei nostri giorni. Li critichiamo. Li rimproveriamo. Ma proviamo mai a chiederci com’è che ne sono così prigionieri? Temo di no. O, se lo facciamo, ce ne andiamo subito con la solita uscita: sono i giovani d’oggi. Magari poi aggiungiamo, ritrovandoci tra coetanei, se lo facevo io, sai mio padre... Mio padre. Sì. Ma io padre, io madre, dove sto? Dov’ho buttato la mia autorità, la mia autorevolezza, la mia responsabilità di genitore del Duemila?

Un figlio del Duemila ha bisogno di un genitore del Duemila.

I genitori dei trenta quarantenni di oggi avevano a che fare con la tv o con la playstation prima maniera, le sigarette e magari qualche spinello. I genitori di oggi devono convivere con pc, tablet e telefonini. I genitori di questi mesi, poi, devono interagire con le scuole chiuse e i figli inchiodati tante ore davanti a uno schermo.

Sono queste le nuove dipendenze. Non meno pericolose delle sostanze che ti offrono gli spacciatori. Il telefonino è diventato una protesi. Senza non sappiamo vivere. Diciamo dei ragazzi. Certo. Ma noi adulti? Che modello proponiamo? Non sono poche le coppie che, pur sedute, l’uno vicino all’altra, sul divano davanti alla tv, se ne stanno ciascuno con il telefonino in mano a zappettare messaggini o fare scroll (andar su e giù) su Facebook o Twitter o qualche altro social.

 

Ma torniamo ai bambini. Un po’ di domande.

Pensate che ci sono ancora bambini che a 10 anni non hanno lo smartphone? È diventato il regalo per la prima comunione. Comunione... con chi? Che domanda, con lo smartphone! Un tempo si diceva ch’era un incontro speciale con una persona speciale, Gesù, che avrebbe continuato ad accompagnarci per il resto della vita.

Perché gran parte degli insegnanti, elementari e medie, non fanno più scrivere il compito sul diario e gli alunni devono andare a prenderlo sulla chat di classe? Con le mamme (dove sono i babbi? Ah, loro... lavorano!) che impazziscono nella loro chat per capire cosa deve fare questo povero figlio.

Voi genitori sapete dove sta il telefonino del vostro bambino – 8, 10, 13 anni – durante la notte? Lo sapete che lo porta a letto. Tenendolo acceso anche a ora tarda. E quando va al bagno a cosa gli serve, forse a fare più pipì o a evacuare meglio l’intestino? O non gli servirà invece per continuare sulla chat con cui è connesso, Momo, Instagram, TikTok? Pare che la bambina di Palermo, trovata con la cinghia dell’accappatoio stretta al collo, fosse connessa proprio con una di queste chat con il gioco della sfida (challenge) a chi resiste di più in apnea. Aveva solo 10 anni.

Ricordiamo: prima dei 13-14 anni il cervello non è in grado di valutare il rischio che comportano i social.

 

E quando ci chiediamo perché questi bambini e ragazzi stanno sempre con il telefonino in mano e gli occhi fissi sullo schermo, che risposte ci diamo? Certo, non è così univoca la risposta, come ci piacerebbe che fosse. Tutti ci parlano di complessità del problema e c’invitano a non semplificare troppo. Giusto. Ma io credo che la ragione di fondo, sulla quale poi possono innestarsene altre, sta nel vuoto di relazioni che si vive in famiglia. Vuoto di parole che spesso mancano perfino durante i pasti. Vuoto di parole che un figlio possa scambiare con la mamma, con il babbo, capaci di spendere un po’ del loro tempo con lui.

La relazione sociale e affettiva è ossigeno per la mente e per il cuore. Se non ne troviamo in famiglia, andiamo a cercarla altrove. Ma l’altrove digitale è ancora più vuoto. È solo illusione di relazione.

Direbbe Dante: Relazione vo cercando ch’è sì cara...

 

 

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