VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

2 mag 2021

22 aprile 2021, 51° giornata mondiale della terra

Dagli alberi la salute

Difese immunitarie. Chi sa quante volte avremo sentito queste parole, quante volte ce le siamo dette. Soprattutto da un anno a questa parte. Covid19 ci ha allertati. Al punto che con velocità sorprendente siamo riusciti a mettere in campo i vaccini il cui compito è proprio istruire il nostro organismo su come attivare difese capaci di proteggerci da questo virus tanto pericoloso.

Qualcosa di simile deve aver messo in campo il pianeta terra nei nostri confronti. Aggredito oltre ogni misura dalla nostra specie, sta attivando quelle difese di cui è capace: ultima in ordine di tempo questa pandemia di cui siamo ancora prigionieri. Cosa può fare, del resto, di fronte a tanta nostra disattenzione, superficialità, incoscienza o, forse meglio, stupidità?

E dire che ne siamo consapevoli. Lo sappiamo che i livelli di CO2 nell’atmosfera hanno raggiunto punti intollerabili per l’equilibrio della vita. Per la nostra stessa salute. La temperatura del pianeta sta salendo. Proprio di questi giorni la notizia dello scioglimento del più grande iceberg del mondo, 6mila Km2, 1miliardo di tonnellate, distaccatosi quattro anni fa dall’Antartide. Le calotte glaciali della Groenlandia si stanno sciogliendo. Fenomeni atmosferici sempre più anomali ci preoccupano, ci spaventano. Incendi, inondazioni, vento, siccità. Poi? Poi tutto rimane come prima. In conseguenza dell’inquinamento che produciamo, entro i prossimi trent’anni potranno esserci tra 250milioni e 1miliardo di profughi ambientali (stima dell’ONU).

 

Una ricerca recente ha evidenziato che i materiali inorganici presenti sul pianeta, dal cemento alla plastica, hanno superato il peso complessivo delle biomasse, piante e animali, il peso della vita.

Alla nascita dell’agricoltura, 10-12mila anni fa, vivevano sulla terra 6mila miliardi di alberi. Ora sono diventati la metà, e 2/3 di questi li abbiamo eliminati negli ultimi duecento anni. Senza gli alberi noi non esisteremmo. Il mondo animale non esisterebbe. Senza l’ossigeno che mettono in atmosfera non potremmo vivere. Senza il legno nessuna civiltà umana avrebbe mai visto la luce. Loro invece, privi di quelle sostanze che noi produciamo e rilasciamo nell’ambiente, vivrebbero lo stesso. Anzi, pure meglio.

Solo cinquant’anni fa, nel 1970, sulla Terra c’era il doppio degli animali che abbiamo oggi: il 96% dei mammiferi ormai è costituito da umani e da mammiferi in cattività, solo il 4% è fauna selvatica. Più del 70% dei volatili di tutto il mondo è pollame, la maggior parte del quale non vede mai il sole. Sono il nostro cibo...

Siamo riusciti perfino a sporcare i cieli. L’orbita in cui viaggiano i satelliti è piena di spazzatura: intorno ai 150milioni di oggetti ci girano sopra la testa, da un piccolo bullone a pezzi di satellite molto più grandi. Residui ormai in disuso, lasciati lì.

 

Torniamo sulla terra e diamo uno sguardo a come ci rapportiamo tra noi. Lasciamo, per oggi, le guerre che continuiamo ad alimentare e il fenomeno migratorio che ci ostiniamo a voler affrontare con la miope politica dei respingimenti e dei porti chiusi. E guardiamo un tema di assoluta attualità. Angosciati per l’insufficiente disponibilità dei vaccini, piuttosto che alleati ci poniamo rivali nel tentativo di accaparrarcene. In India il 22 aprile, giornata mondiale della terra, in un solo giorno più di 330mila nuovi positivi e oltre 2mila morti. Ma ancora resistiamo a voler tutelare la proprietà intellettuale e a non liberalizzare la produzione dei vaccini.

 

Mi chiedo cosa deve fare la terra nel vedere tutto questo che noi, homo sapiens, il vivente che ha raggiunto la capacità di coniugare l’intelligenza con la consapevolezza, siamo capaci di mettere in circolo. Se vogliamo dirle di non attivare le sue difese immunitarie contro di noi che siamo suoi figli, diamole il vaccino di cui ha bisogno. Un vaccino per la terra? Sì, piantiamo alberi. Dagli alberi la salute del pianeta. In un testo di ventidue secoli fa è scritto: L’occhio dell’uomo desidera grazia e bellezza, ma più ancora il verde dei campi.[1]

Si racconta che a un vecchio ebreo che stava piantando un fico, un generale romano che passava di lì dice: “Ci vorranno vent’anni prima che faccia frutti. E tu allora sai morto da tempo!”. “Certo, gli risponde, ma se oggi posso mangiare fichi è perché altri, vissuti prima di me, hanno piantato alberi. Non devo fare anch’io lo stesso per chi verrà dopo di me?”.

Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose, diceva Einstein.

 

In ultimo, attenzione. Non dimentichiamo che la terra è più forte di noi. Siamo noi ad aver bisogno di lei: lei di noi può far benissimo a meno. La sua straordinaria capacità di riprendersi in quelle aree da cui noi dobbiamo scappare (Chernobyl insegna...) ci sia richiamo e monito. Prenderci cura della terra significa prenderci cura di noi stessi. Del nostro benessere.

 

[1] Siracide 40,22