VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

20 giu 2021

Pari dignità tra uomini e donne. Un’utopia?

Culture in dialogo

Proprio una brutta storia. Una ragazza di soli diciotto anni sarebbe stata uccisa dalla sua famiglia perché non accettava il matrimonio che suo padre aveva deciso per lei. Tanti commenti e tanti pensieri abbiamo ascoltato. Insieme a tanti silenzi i cui significati rischiano di sfuggirci: dal silenzio che è rispetto di fronte a una tragedia, al silenzio che si pone concorde e complice.

Di certo, finora, c’è solo che Saman non si trova, e i genitori e altri parenti se ne sono andati. Sarà la magistratura a ricostruire fatti e accertare responsabilità. Noi proviamo a fare qualche riflessione sulle diverse facce con cui questa vicenda si propone: conflitto tra tradizioni culturali differenti; interdipendenza tra cultura e religione; diritti della donna; violenza in famiglia. Solo per evidenziare gli aspetti che primi balzano agli occhi.

 

Che l’uomo si ponga su un piano di superiorità rispetto alla donna è un dato indiscutibile in certe culture. Alla donna non è riconosciuto nemmeno il diritto all’istruzione; uscire di casa o guidare un’auto senza un uomo, marito o figlio o fratello, che l’accompagni; andare allo stadio o parlare con persone estranee alla famiglia. Il marito è capo della famiglia, come recitava fino a cinquant’anni fa il nostro codice, è in quei paesi norma assoluta. Capo e padrone, il suo volere è legge per le donne di casa. Moglie, mogli e figlie.

Regole neppure scritte, a volte, ma codificate dalla tradizione. E per questo molto più solide e difficili da superare. Tradizioni di cui spesso non si ha neppure consapevolezza. Pensiamo, giusto per comprendere quanto queste siano subdole e nello stesso tempo potenti, a quanto sia normale, nelle nostre famiglie, che una donna, anche dopo una giornata di lavoro come il marito, la sera senta suo il compito di preparare la cena e mettere a letto i bambini. È forse scritto in qualche articolo di legge? No. È scritto nella nostra cultura. E tutti sappiamo quanto sia difficile agire per il cambiamento.

 

Nella cultura che ci arriva con molte famiglie di immigrati è del tutto normale che l’uomo decida per le sue donne. Più volte ho incontrato famiglie in cui a lei non era permesso neppure d’imparare l’italiano. Se esce di casa, deve farlo insieme al figlio. Non può andare dal medico se questo è un uomo. Nessuna meraviglia, quindi, se nella famiglia di Saman al padre è riconosciuto il diritto di decidere della vita di sua figlia, perfino del suo matrimonio. Nessuna meraviglia, anche, se una ragazza non trova solidarietà neppure in sua madre. Nata anche lei e vissuta all’interno di queste tradizioni.

Tradizioni che spesso di fondono, meglio, si con-fondono, con la religione. Norme culturali e precetti religiosi si sostengono a vicenda. In tutte le culture. È abbastanza comune che in paesi islamici il pensiero di una pari dignità tra uomini e donne è ancora lontano dall’essere concepito. Com’è altrettanto lontano, spesso, la separazione tra precetti religiosi e legislazione civile. Tra politica e religione. Binomio ancora inscindibile. E quando quest’ultima entra in campo, diventa ancora più difficile cogliere certe contraddizioni.

Pensiamo un momento al nostro mondo occidentale. Per la società civile è un dato acquisito che la donna possa accedere a spazi di potere. In parlamento, al governo, in consigli d’amministrazione, nelle università, nei partiti, nel sindacato. Ma... nella chiesa? Pur accanto a dichiarazioni di grande valore e grande forza, la prassi è anni luce lontana: la donna è tuttora invisibile.

Figuriamoci in culture dove la separazione tra religione e società civile è non solo non codificata, ma neppure pensata.

 

Un ultimo aspetto. Si è parlato di femminicidio. Sì, si tratta dell’uccisione di una donna all’interno della sua famiglia. Ma qui non c’entrano gelosia o crisi di coppia. Qui il tema è la negazione di ogni libertà alla donna. L’assoluto predominio maschile. Pura violenza sulla donna, codificata e giustificata dalla tradizione. Culturale e religiosa.

Ma la tradizione – diceva Gustav Mahler – è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cenere. Una tradizione che neghi la dignità della persona, donna o uomo che sia, è solo cenere. Che non contiene neppure la più piccola scintilla.

 

Accogliere significa integrare. È indispensabile che si attivi un dialogo tra le culture d’origine di chi viene in Italia e i valori della nostra società. E il dialogo si costruisce attraverso occasioni, proposte, incontri, aperture. Una famiglia lasciata sola non può che rinchiudersi nella propria visione delle cose e del mondo. Si isola. E inevitabilmente ri-cade nella prigionia del proprio e unico pensiero.

Temo che Saman possa chiederci: cosa avete fatto voi – cosa state facendo, cosa avete in progetto di fare – per aiutare famiglie come la mia ad... aprire le finestre di casa?