VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

8 nov 2020

Papa Francesco e “una legge di convivenza civile”. Riflessioni

Una lezione d’amore

Nell'amore non c'è timore. Al contrario, l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo. E chi teme non è perfetto nell'amore.[1] Così scrive Giovanni nella sua prima lettera ai cristiani. Parole tanto belle quanto difficili da comprendere fino in fondo.

“Le persone omosessuali [omoaffettive] hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”. Così dice Francesco in un’intervista riportata questi giorni nel film di Evgeny Afineevsky, Francesco, presentato due settimane fa alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Eventi Speciali. In altra occasione, incontrando un omoaffettivo, già vittima di abusi sessuali, aveva detto: “Juan, è Dio che ti ha fatto gay e comunque ti ama. Dio ti ama e anche il Papa ti ama”.

 

Grande risonanza hanno avuto le sue parole. Sia fuori sia all’interno della chiesa. Il mondo laico le ha accolte con grande attenzione e condivisione. Divisioni, invece, le hanno accompagnate all’interno della chiesa. In Italia una legge sulle unioni civili c’è già. Da tre anni. Ma tutti sappiamo che il Vescovo di Roma quando parla o scrive non parla solo agli italiani. La sua parola è rivolta al mondo intero. Sappiamo infatti come in tanti, troppi paesi ancora l’omoaffettività è considerata addirittura un reato. Fino a vederlo punito con la pena di morte.

 

Dicono gli scienziati che il 95% dell’universo ci è ancora sconosciuto. E dire che negli ultimi cinquecento anni abbiamo fatto passi da giganti. Dall’immagine di una terra centro del mondo, circondata dalla volta celeste sulla quale sole, luna e stelle viaggiano sospesi, alla realtà che oggi siamo riusciti a cogliere e che ci colloca, piccolissimo pianeta, all’interno di una galassia. A sua volta piccolissima parte di un universo in continua espansione. È il viaggio meraviglioso della conoscenza che la mente umana ha saputo intraprendere.

Un cammino analogo abbiamo fatto, negli ultimi decenni, nella conoscenza del mistero dell’affettività. Che ci caratterizza come viventi, e guida anche la nostra specie nel suo percorso evolutivo. Non sarà un caso che quell’uomo straordinario che è stato Gesù di Nazareth, che per una parte dell’umanità è Dio-con-noi, ha indicato nell’Amore la Legge, quella grande, che sola può guidare la Vita.

Dobbiamo chiederci come sia possibile pensare che da questa Legge, universale, debba essere esclusa una parte di umanità solo perché si ritrova a vivere un’affettività-e-sessualità orientata verso una persona dello stesso genere – orientamento che tutto il mondo scientifico oggi vede come normalità, sia mentale sia fisica. È questo pensiero, credo, che in altro contesto ha fatto scrivere a Francesco: «Desideriamo innanzi tutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento [affettivo e] sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione».[2]

 

Difficile credere che ci sia ancora chi vede nell’omoaffettività (omosessualità) una patologia da curare o una colpa da evitare o un reato da espiare? No. Nessuna meraviglia. Ci sono anche i terrapiattisti, convinti assertori che la terra è piatta e il sole le gira intorno, o i negazionisti del Covid, strumento inventato, costruito e utilizzato dagli uomini della politica e della finanza per accrescere il loro potere sui noi poveri cittadini.

 

Pregiudizio e paura hanno sempre camminato insieme. E insieme si sostengono. Nei settori più diversi. È questa consapevolezza, secondo me, che aveva portato Giovanni a scrivere nell’amore non c’è timore. Profondamente vero. È solo nell’amore (agàpe) che possiamo superare la paura (fòbos). Anche la paura della diversità. Di ogni diversità.

 

Questa è la lezione di Francesco. Una lezione d’amore. Una semplice lezione d’amore. Che sa mettere la persona prima di qualsiasi regola o legge o tradizione o dottrina. Una lezione che prova a tradurre per l’uomo contemporaneo le antiche parole che il Maestro di Nazareth aveva detto ai farisei che criticavano i suoi discepoli perché avevano trasgredito la grande legge del riposo sabbatico. Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato aveva risposto.[3] La legge, ogni legge, è a servizio della persona. Non può la persona essere sacrificata alla legge. Qualunque essa sia. E da qualunque autorità essa provenga. In una società civile. Più ancora in una comunità che si costituisce in nome di una religione: figli di Dio sono le donne e gli uomini, non le leggi o le tradizioni o le regole o le dottrine.

Grazie, Francesco!

 

[1] 1 Giov 4,18

[2] Amoris Laetitia, 250

[3] Mc 2,27