VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

8 mar 2020

Un saluto di stima e di gratitudine ad Aroldo Cascia

Caro Sindaco di Gabriella Guidi

Caro Sindaco,

Sono passati quarantacinque anni da quando la tua Giunta ha preso una decisione storica verso bambini emarginati. C’erano a Jesi 38 alunni che, con il sostegno di una presunta scientificità psicopedagogica, erano stati allontanati dalla scuola di tutti e collocati in una scuola solo per loro. Una scuola speciale, così veniva chiamata. Ma in realtà di speciale aveva solo che questi bambini se ne stavano lì, emarginati da tutti gli altri perché la scuola normale non sapeva che farne. Bambini con problemi. Handicappati dicevamo allora; disabili poi; oggi diversamente abili. Ma il linguaggio tante volte nasconde il problema più che aiutarci a comprenderlo.

 

Alla fine dell’anno scolastico 1974-75 la tua Giunta prende il coraggio a quattro mani e decide che quella scuola-ghetto si chiude e i suoi alunni entreranno nella scuola di tutti. Come tutti.

C’era con te la Vice sindaco, Anna Ciabotti. Anche lei, persona di scuola come te, aveva già dato vita a Pianello Vallesina alla prima Scuola Media sperimentale a tempo pieno. Ne era Preside e animatrice. Ricordo alcuni incontri cui ho avuto il piacere di partecipare: il piacere di fare questo lavoro camminava accanto all’entusiasmo per la novità e lo stimolo che una scuola di questo genere, in un piccolo paese, stava portando. Insieme a voi, in giunta, un giovane assessore, Sergio Cerioni, cui avevi dato la delega per questa operazione.

Quando nel settembre 1975 facesti partire una graduatoria per costituire un’équipe di specialisti che avrebbe dovuto seguire il reinserimento di questi bambini nella scuola “normale”, io ero fra questi. C’era apprensione ed entusiasmo tra noi. Apprensione perché pochissime esperienze ci avevano preceduti: in Italia dovremo aspettare due anni perché il governo abolisse le classi speciali e decidesse per l’inserimento nelle classi comuni degli alunni con disabilità (L. 4 agosto 1977, n. 517). Entusiasmo perché lavorare per il riconoscimento della dignità a chi è più svantaggiato di altri sa proprio di buono. Sa di umano.

 

Io allora, giovane assistente sociale, venivo da una grande esperienza. Avevo frequentato per alcuni mesi Trieste, dove Franco Basaglia stava dando vita a quella rivoluzione culturale che porterà poi alla chiusura dei manicomi e a una revisione di tutto il pensiero psichiatrico. Ritrovare qui, a Jesi, amministratori così aperti e con uno sguardo capace di cogliere il disagio dell’emarginazione, e pronti a lavorare per il suo superamento, mi faceva sentire a casa. Lavorare ne valeva proprio la pena!

 

Ora che ho appreso della tua morte, tanti pensieri si sono riaffacciati in me. E anche un po’ di tristezza mi abita. Non solo perché perdere una persona cara non dà piacere. Ma soprattutto perché oggi, guardandomi intorno, faccio fatica a trovare quella forza e quell’entusiasmo che ci guidava allora. Soprattutto fra tanti giovani. Spesso stanchi e annoiati. Disillusi, senza speranza. Per nulla aiutati, purtroppo, da certi uomini della politica che brillano solo per egoismo e miopia.

Eravamo capaci, e tu in questo eri un maestro, di superare certe barriere ideologiche. Comunisti o democristiani, socialisti o liberali, sapevamo mettere insieme le nostre energie. Pur nel rispetto delle differenze e dei valori di ciascuno, l’obiettivo condiviso era il prenderci cura del bene comune. In questo caso, del bene dei più deboli.

 

Grazie, Sindaco. So che continuerai ad esserci vicino. Il tuo lavoro continua. Aiutaci a ritrovare la voglia di costruire. Con più giustizia, e soprattutto con più attenzione verso chi ne ha più bisogno. Il mio pensiero e la mia gratitudine, insieme alla gratitudine di quelle tante famiglie, ti accompagnano nel proseguire il tuo viaggio nella vita.