VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

2 feb 2020

Stimolati dal libro di R. Sarah “Dal profondo del nostro cuore”

Preti... sposati? (1)

Se qualcuno voleva creare confusione, possiamo dire che c’è riuscito bene. Ed è un peccato, perché l’argomento è serio e importante. Ho deciso d’entrarci perché più d’una persona mi ha posto la classica domanda: che ne pensi, è giusto che i preti si possano sposare, oppure no? Essendo questa una domanda molto attuale tra i cattolici e, per la verità, anche tra chi cattolico non si riconosce, mi sono detto: perché non provare a fare un po’ di chiarezza, visto che questi giorni i giornali si sono tuffati dentro l’argomento, molti tra questi portando più contributi di confusione che una riflessione seria?

 

Ricordiamo i fatti. A metà gennaio è uscito Des profondeurs de nos coeurs (Dal profondo del nostro cuore), un libro a firma del Card. Robert Sarah e di Benedetto XVI. Firma, di quest’ultimo, fatta poi togliere, perché frutto di incomprensioni tra i due. Ora il libro, tradotto anche in italiano, è a firma del solo Sarah. Si parla sul celibato dei preti nella chiesa cattolica. La tesi di fondo è sintetizzata in queste parole: «Io credo che il celibato dei sacerdoti abbia un grande significato ed è indispensabile perché il nostro cammino verso Dio possa restare il fondamento della nostra vita». Sul libro troviamo queste parole, attribuite a Benedetto XVI.

Nell’ottobre scorso, nel Sinodo sull’Amazzonia, i vescovi hanno chiesto a maggioranza che nella chiesa si attivasse un’apertura all’ordinazione sacerdotale di uomini sposati.[1] In ascolto a questo Sinodo, Francesco ha nominato una commissione per approfondire il tema, per poi trarre le sue conclusioni.

 

Per entrare nell’argomento, è necessario muoverci su due piani. Senza fare confusione: un primo piano fa riferimento al celibato dei sacerdoti; il secondo è sulla presenza nella chiesa di un papa-emerito.

 

Se guardiamo il celibato (e il nubilato, ovviamente), possiamo coglierne due aspetti che lo collocano sul piano dei valori che guidano la vita di una persona. Esso dice che la vita, per essere vissuta nella sua pienezza, va vista in una dimensione che ne comprenda anche la trascendenza. Il tempo di questa vita sulla terra è solo una parte della vita stessa. Non solo in senso cronologico, ma anche in senso spirituale. La dimensione biologica (bìos) non esaurisce tutta la realtà e il significato del vivere (zoè). È questo il senso della scelta del monaco, della monaca, dell’eremita, che lasciano addirittura il mondo per vivere nella solitudine della preghiera e della meditazione. Il monachesimo, nelle sue varie forme, lo troviamo presente in (quasi) tutte le religioni.

L’altro aspetto del celibato, invece, colloca la persona che lo sceglie ancora più intensamente nella realtà del quotidiano. L’uomo celibe (la donna nubile) può dedicarsi più pienamente alla sua missione. Sia come disponibilità di tempo sia come disponibilità di energie. Missione può essere l’impegno nel sociale, o nella politica, nello studio e nella ricerca, nel coltivare un’arte... nel coltivare con tutte le sue forze ciò che per lui, per lei, dà il senso alla sua vita. Lorenzo Milani additava addirittura ai professori l’idea del celibato perché si dedicassero più pienamente all’insegnamento e all’educazione di bambini e studenti.[2]

 

Nessuno nella chiesa mette in discussione il celibato come valore. Ciò su cui ci s’interroga, oggi, è sull’opportunità di continuare a rendere obbligatorio il celibato per chi riceve l’ordinazione sacerdotale: se fai il prete devi essere celibe.

Tutti sappiamo che nei due millenni della sua storia, la chiesa ha vissuto i primi mille anni con sacerdoti e vescovi sia celibi sia sposati. Gli stessi apostoli erano uomini sposati e hanno continuato a vivere con le loro famiglie anche nello svolgimento del loro ministero, dopo la partenza di Gesù. Né Gesù aveva mai chiesto loro di abbandonare moglie e figli. In molti passi del Nuovo Testamento ci viene presentata questa realtà.[3]

 

Questo ci fa dire che non c’è nessuna indicazione teologica o dottrinale che sostenga l’indispensabilità, come è scritto nel libro Dal profondo del nostro cuore, del celibato per i preti. Nessuna indicazione o prescrizione divina che connetta in modo indissolubile sacerdozio e celibato. Non si tratta di dogmi o di dottrina, ma soltanto di norme disciplinari. Che come tali, per loro stessa natura, come in una certa epoca sono stabilite perché ritenute opportune o necessarie, così possono anche essere cambiate quando non dovessero rispondere più alle esigenze dei tempi.

Quindi la domanda diventa: risponde ai segni dei tempi, oggi, che nella chiesa ci siano soltanto preti celibi e non anche preti sposati?

Ripartiremo da qui la settimana prossima.

(1. continua)

 

[1] Tra coraggio e paura, Voce 20 ott. 2019

[2] Lettera a una professoressa

[3] Es. Matteo 8,14; 1 Corinzi 9,5; e altri

 

 

V'invitiamo a leggere anche Il prete, un uomo 2010, Il coraggio della verità 2012, Clericalismo: farmaci e vaccini 2020