VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

9 giu 2019

Dal V secolo a.C. al XXI d.C. la storia continua...

Òstrakon, il coccio

Lo chiamavano pharmakòs: un uomo brutto veniva scelto nell’antica Grecia, alimentato a spese della città, poi il giorno delle primizie (tà arghèlia) era allontanato e cacciato per sempre dalla comunità. Così la città e i suoi abitanti erano purificati dalla bruttezza. E dal male. Gli ebrei avevano il capro espiatorio: il giorno dell’espiazione (yom kippur) il sommo sacerdote, dopo aver gettato sul capro ogni sorta di male che gli uomini potevano aver commesso, lo cacciava dalla città e veniva abbandonato nel deserto. Così tutto il male degli uomini era allontanato. Ed essi purificati.

Ancora un altro rito, indirizzato stavolta ad una persona specifica ritenuta pericolosa per la città. Lo chiamavano ostracismo. Parola tuttora di piena attualità. L’òstrakon era un semplice coccio. Su un pezzo di terracotta infatti ogni cittadino poteva scrivere il nome della persona che doveva essere allontanata: chi avesse accumulato più cocci con il suo nome sarebbe stato mandato in esilio. Scrive Plutarco: «Si racconta che quella volta, mentre gli elettori scrivevano i nomi sui cocci, un tale, analfabeta e ignorante, consegnasse il suo coccio ad Aristide come al primo capitatogli, e lo pregasse di scriverci sopra “Aristide”. Aristide si stupì e avendogli domandato che cosa di male quell’Aristide avesse fatto, “Nulla - gli rispondeva -, non lo conosco, ma ho a noia il sentirlo chiamare ovunque il giusto”. Avendo ascoltato tali parole, Aristide non rispose nulla, scrisse il proprio nome sul coccio e lo restituì».[1] Beh, c’è da pensare.

 

Storie vecchie, qualcuno dirà. Sì, ma anche storie d’oggi. Frammenti di storia che si ripetono. Piccoli spesso, meschini addirittura, certe volte. Né oggi useremmo più pezzi di terracotta per scrivere il nome della vittima da mettere al bando. Non più òstrakon, potremmo ferirci le mani, disabituati a maneggiarne. Ci sono Facebook, Twitter, Instagram, Snapchat... una famiglia ricca e in continua proliferazione. Oggi basta una parola, che diventa due. Due diventano quattro e quattro otto. In una progressione all’infinito.

«La calunnia è un venticello
un'auretta assai gentile
che insensibile sottile
leggermente dolcemente
incomincia a sussurrar.
Piano piano terra terra,
sotto voce, sibilando
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s'introduce destramente,
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
[...] E il meschino calunniato
avvilito, calpestato
sotto il pubblico flagello
per gran sorte va a crepar».[2]
Don Basilio non lo sapeva, ma oggi il venticello ha moltiplicatori impensabili ai suoi tempi.

 

Se poi il meschino ha disturbato qualcuno con un pizzico di potere in mano, allora l’òstrakon, il coccio, si chiamerà mail, o PEC. Così suona meglio e rimane nella storia. Documento ufficiale. È l’uomo forte al potere, non più i cittadini con i cocci in mano, convinto che lui, e lui solo, può definire il bene e il male per il suo (!) popolo. E arriva il bando. E il meschino non dovrà più calpestare quel territorio. Sia esso partito politico, gruppo sociale o sportivo. Perfino comunità religiosa.

Certo, l’uomo-forte-al-comando che ha bisogno di ricorrere all’esilio per chi porta pensieri diversi dai suoi o idee innovative, è uomo molto debole. Prigioniero della paura. E ben a ragione.

Le legioni di Roma non avevano faticato troppo per avere la meglio sugli eserciti delle piccole e disgregate polis. La forza delle armi nell’immediato vince sulla forza del pensiero. Ma è una vittoria effimera. Provvisoria. Graecia capta ferum victorem cepit, la Grecia conquistata ha conquistato a sua volta il selvaggio vincitore, scrive Orazio.[3] Così, Platone è più vivo che mai nel pensiero dell’umanità. E accanto a lui Aristotele, Orazio e Seneca lo sono. Di Augusto, di Tiberio o di Nerone giusto qualche palazzo e qualche monumento, pure piuttosto malmessi, sono giunti fino a noi. Il regio esercito britannico s’era impadronito della grande India, ma la forza del pensiero di Gandhi l’ha sconfitto. E il potente impero ha dovuto cedere.

 

Sì, sono partito da lontano, oggi. Per ricordare a me e a voi, che da sempre uomini al potere hanno cercato di fermare la forza del pensiero. In ogni area. Ma che, pure da sempre, la loro opera ha fallito e continuerà a fallire.

Socrate l’hanno condannato a morte. Ma il suo pensiero è più vivo di allora. I sacerdoti e i politici al tempo di Gesù, un eretico di prima classe rispetto alla loro dottrina e ai loro insegnamenti, si saranno ritenuti soddisfatti, una volta eliminato. Ma loro sono finiti. Il suo Spirito, invece, ancora oggi aleggia sulle acque del mondo e della storia.

“Va’, va’, povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano” verrebbe da dire a certi signori che ancora s’illudono d’imprigionare il pensiero...

 

[1] Plutarco, Aristide

[2] Rossini, Il barbiere di Siviglia

[3] Orazio, Epistole