VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

15 set 2019

In Francia già 100 femminicidi nel 2019, in Italia 44 al 31 agosto

Antiche come le montagne

Sosteneva Gandhi che non aveva niente da insegnare agli uomini perché «la verità e la non-violenza sono antiche come le montagne». Non c’è dubbio che queste lo siano. Il dubbio, però, che non siano le sole nasce quando andiamo a guardare il comportamento degli uomini nei confronti delle donne.

 

Un viaggio indietro nel tempo, oggi, e incontriamo un racconto, scritto 2mila500 anni fa, che fa riferimento a fatti, tra mito e storia, di oltre dieci secoli prima. È al XVII-XVI secolo a. C. che si fa risalire l’epoca di Abramo e della sua famiglia.

Perché tanti dettagli sulle date? vi chiederete. Perché stavolta mi vedo costretto a correggere – meglio, integrare – quanto dice la Grande Anima (Mahatma in sanscrito), come veniva chiamato Gandhi. E accanto alla verità e alla non-violenza, antiche come le montagne, mi vedo costretto a collocarci la convinzione degli uomini-maschi che la donna è una loro proprietà. Una merce di scambio nelle loro relazioni.[1]

«Venne una carestia nel paese e Abramo scese in Egitto per soggiornarvi, perché la fame era grande nel paese. Come stava per entrare in Egitto, disse a Sara sua moglie: “Ecco, io so che tu sei una donna di bell'aspetto; quando gli Egiziani ti vedranno, diranno: è sua moglie. Essi mi uccideranno, ma a te lasceranno la vita. Di’ dunque che sei mia sorella, perché io sia trattato bene a motivo di te e la vita mi sia conservata per amor tuo”. Quando Abramo giunse in Egitto, gli Egiziani osservarono che la donna era molto bella. I ministri del faraone la videro, ne fecero le lodi in presenza del faraone, e la donna fu presa e condotta in casa del faraone. Questi fece del bene ad Abramo per amore di lei e Abramo ebbe pecore, buoi, asini, servi, serve, asine e cammelli».[2]

 

Una storia di violenza. Non dichiarata tale. Ma proprio per questo ancora più grave, sottile e profonda. Gli uomini usano una donna per i loro giochi di potere. Il faraone, l’uomo potente, prende Sara per sé come una moglie. Abramo, suo marito, essendo l’ultimo arrivato, per di più in terra straniera, pur di aver salva la vita, la usa come prezzo da pagare al potente di turno. E una sorella bella come lei è un’ottima merce di scambio: riceverà infatti pecore, buoi, asini, servi, serve, asine e cammelli.

Nessuno, né i ministri né il faraone – ma neppure Abramo, il marito – si chiede cosa pensi Sara. Quali siano i suoi desideri. Lei deve solo subire. Lei, una donna, non ha diritto alla parola. I suoi pensieri, i suoi progetti, la sua sofferenza, la sua umiliazione non contano. Neppure lo scrittore ci mette bocca: ci racconta delle relazioni tra uomini – Abramo, i ministri, il faraone – ma niente dice di lei. In fondo lei è solo una donna!

Non grido allo scandalo per questo. Trentacinque secoli fa. Né mi scandalizza quanto è scritto in un testo di poco posteriore: «Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Pensiero ancora ribadito in un altro passo, pure vicino nel tempo.[3] La moglie, come la casa, lo schiavo, l’asino o il bue, appartiene all’uomo. È una sua proprietà.

 

Antico come le montagne, mio amato Mahatma, il pensiero che la donna appartiene all’uomo. È sua proprietà. Una merce di scambio.

È di questi giorni la notizia che una ragazza di 21 anni, Israa Ghrayeb, nella cittadina di Beit Shour (Betlemme), è morta dopo essere stata picchiata da fratelli e cugini perché, avendo deciso di scegliersi il suo fidanzato senza il loro consenso, avrebbe disonorato la famiglia. È notizia cui ci stiamo abituando, anche nel nostro civile paese, dopo XXXV secoli da Abramo e Sara, sentire che un uomo, ancora, si sente in diritto di togliere la vita alla donna che decide di lasciarlo. Che, in altre parole, si permette di non voler essere sua proprietà.

 

La storia di Abramo continua: «Il Signore colpì il faraone e la sua casa con grandi piaghe, a motivo di Sara, moglie d’Abramo. Allora il faraone chiamò Abramo e disse: “Che cosa mi hai fatto? Perché non m’hai detto che era tua moglie? Perché hai detto: È mia sorella? Così io l’ho presa per moglie. Ora eccoti tua moglie, prendila e vattene!”».

Noi diremmo che la storia è a lieto fine. Sì, ma lo scrittore rimane chiuso dentro il suo pensiero. Ci dice del faraone, ci dice di Abramo, perfino del Signore. Ma nulla ci dice di lei. Lei è soltanto la donna di Abramo. Viene restituita al marito. Al suo legittimo proprietario. Ma Abramo continuerà ancora ad usarla in questo modo.[4]

 

Trentacinque secoli sono passati. E oggi? Tanta è la distanza in progresso scientifico e tecnologico, altrettanta appare la vicinanza in fatto di relazioni uomo-donna. Quanta strada da fare... Com’è possibile che il pensiero maschile sia ancora così fossilizzato?

 

[1] Libération; In quanto donna

[2] Genesi 12,10-20

[3] Esodo 20,17; Deuteronomio 5,21

[4] Genesi 20,1-5