VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

5 ago 2018

Religione e fede: un dialogo e una convivenza a volte difficili

Divisi nel nome di Dio

Che i partiti ci dividano, che la Juve o il Milan ci facciano litigare, che in nome della sopravvivenza della civiltà italica continuino a strepitare da tutti i canali prima gli italiani... che vi devo dire? Rimango perplesso. Ma posso anche capirlo. Ma che dobbiamo dividerci nel nome di Dio, madre-e-padre di tutti, questo no. Non mi piace.

Lo so che Lui non s’offende. Tuttalpiù potrà regalarci uno dei suoi sorrisi di benevolenza. Ma io che non ho la sua apertura di mente, il suo sguardo amorevole, il suo cuore che non vede appartenenze religiose quando guarda le sue creature, io non riesco a mandar giù che, per evidenziare le differenze, ci dividiamo e litighiamo utilizzando il suo Nome.

 

Venti giorni fa Barbara a 45 anni pone termine al suo viaggio qui sulla terra, e negli ultimi tempi incontra nuovi amici che, però, appartengono ad una comunità buddista. Al momento della morte i suoi chiedono un funerale in chiesa – Barbara era stata anche catechista in quella parrocchia – ma la chiesa (il parroco, il vescovo) non l’accetta in nome del rispetto delle sue scelte religiose.

E tutti subito, presi dalla mania delle appartenenze e delle divisioni, alimentate da profonde crisi d’identità, precipitati a schierarsi. Ha ragione il parroco, che ha preso questa decisione in nome del rispetto delle scelte religiose di Barbara; hanno ragione i suoi, che chiedono di darle l’ultimo saluto in quella chiesa cui sentono di appartenere. In tanti hanno preso posizione. L’hanno fatto i giornali. L’avremo fatto, temo, anche molti di noi.

 

Che vi devo dire? Io credo che, messa così, nessuno ha ragione. A mio parere stiamo pericolosamente scivolando in una sottile... guerra di religione. Sottile sì, ma pericolosa.

Provo a spiegarmi.

Dividerci tra Juve e Milan o tra Roma e Lazio, nessun problema. Basta farlo con sufficiente civiltà. Dividerci tra Lega e Cinquestelle o tra PD e FI, è sano e legittimo. Purché lo facciamo nel rispetto delle idee, nostre e di quelle dell’avversario. Purché, anche qui, la lotta politica sia sufficientemente libera da interessi di parte e nella ricerca del bene comune.

Ma dividerci tra cristiani e cattolici, tra musulmani e buddisti... cominciamo a entrare in un terreno minato. E non è un caso, credo, se in questi nostri tempi sembra che stiamo alimentando più il sospetto reciproco tra le religioni, quando non addirittura il conflitto, piuttosto che una ricerca di dialogo e il tentativo di cogliere quanto l’altro possa offrirci come nuova luce o altra visione della Vita. Eppure la storia dovrebbe insegnarci qualcosa: quante guerre in nome della religione! In tutte le epoche storiche e in tutti gli angoli del mondo. Guidati dal solito Dio lo vuole! – io credo che non ci sia bestemmia peggiore di questa – siamo partiti per combattere il nemico. Che, guarda caso, veniva contro di noi, convinto anche lui dal Dio lo vuole!

Tutto e tutti per... la gloria di Dio!?

 

Il nome di Dio è il nome più insanguinato di tutta la terra scrive Buber.[1]

Questo è il punto. Questo è il rischio delle religioni: volersi appropriare del Nome di Dio. Quando una religione fa prevalere se stessa sulla fede, essa diventa strumento di divisione e perde la sua ragione d’esistere. La religione rischia di fare Dio a propria misura e mette noi e lui all’interno delle regole di un’istituzione. La fede rende noi a misura di Dio e la fiducia in lui, madre-e-padre di tutti, fa oltrepassare ogni appartenenza.

Torniamo a Barbara. E al suo funerale. La religione dice che se sei buddista non puoi avere un funerale cattolico, anche se quella chiesa l’hai frequentata per tanto tempo ed è il luogo in cui si ritrova la tua famiglia. Quindi ha ragione il prete che, rappresentante di una religione, per rispetto alla scelta di Barbara – che ha incontrato la religione buddista – non fa un funerale in chiesa.

Ma Dio? Appartiene forse ad una religione? Forse che Lui è cattolico o buddista o musulmano?

Sono queste domande che mi fanno dire che nessuno ha ragione. Perché quando attraversiamo la morte, Dio non ci chiede qual è la nostra religione: ci chiede semplicemente di affidarci a lui. A lui che desidera accoglierci fra le sue braccia. Di madre-e-padre amorevole.

Se impariamo a guardare con gli occhi di Dio, allora sì che arriveremo a condividere almeno il momento della morte. Con una preghiera che, cattolici o musulmani o buddisti, ci farà tenere per mano. Non più divisi. Ma uniti nel Suo Nome.

*

P.S. Oggi è l’ultimo incontro prima della pausa estiva. Avrei voluto lasciarci con un pensiero leggero. Alla fine, però, mi sono detto che condividere il sogno di poter oltrepassare tante divisioni e ritrovarci uniti nel nome della Vita (che i credenti chiamano Dio) non è poi... così male.

Buona estate!

 

[1] Martin Buber, Eclissi di Dio, 1952