VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

16 apr 2017

Per ritrovare un senso alle parole “Buona Pasqua”

Shalom Pesach

Gesù, questi giorni noi ci diciamo Buona Pasqua. E in queste parole ciascuno di noi ci mette dentro qualcosa di sé. Per molti di noi è come dirci Buona giornata. Per altri c’è il piacere di sentire la primavera, accompagnati dal profumo e dal risveglio della natura. Per altri ancora è una sorta di convenzione: è Pasqua, quindi perché non dirci Buona-pasqua? E non è molto diverso dall’augurarci buone vacanze. O anche, in altri momenti, buon lavoro.

Come hai visto, stavolta ho messo nel titolo le parole che tu e i tuoi vi scambiavate nella vostra lingua. Tanto semplice nella sintassi, quanto ricca e straordinaria per i significati profondi che sapevate mettere e ritrovare in ogni parola. Perfino in ogni lettera del vostro alfabeto.

Shalom per noi significa pace. Per voi essa dice pace, serenità, concordia, prosperità, benessere. Anche gli ebrei di oggi usano questo saluto beneaugurante quando s’incontrano.

Pesach nella vostra tradizione ha un significato... niente male! C’è gran parte della vostra storia. Passare oltre, attraversare. Era il Mar Rosso, era la strada verso la libertà. Ma era anche un tempo lungo nel deserto: quarant’anni per attraversarlo, dice la tradizione. Beh, noi questa parola, Pasqua, ve l’abbiamo presa. Tale e quale. Solo che il significato che essa contiene oggi, ci sfugge, caro Gesù. E tu lo sai perché.

 

Vedi, in fondo il ricordo di un pezzo di storia, come poteva essere il tempo dell’attraversamento del mare o del deserto per arrivare alla terra promessa, è impegnativo, certo, ma non è così difficile da coltivare. Né da rivivere in una ritualità che lo rinnova. Ma l’attraversamento che tu ci proponi nella tua Pasqua, è troppo grande per le nostre menti. Attraversare un mare o un fiume o una montagna o un campo, perfino un deserto, è una cosa comprensibile. Un’esperienza che tutti, in un modo o in un altro, abbiamo fatto o faremo, prima o poi. Ma attraversare la morte, meglio, passare oltre la morte, chi l’ha mai fatto? Non solo. Chi mai abbiamo visto farlo?

E tu sai bene, Gesù, che non siamo solo noi che dopo duemila anni, non avendoti mai visto né frequentato di persona, non saremmo in grado di riconoscerti, incontrandoti. Lo ricorderai di sicuro: anche agli occhi dei tuoi, rivestito della tua Pasqua, eri irriconoscibile. Che brutta parola mi è uscita! Più che irriconoscibile dovrei dire trasformato. Diverso. Altro. Sì, altro. Mi piace di più. Altro perché avevi oltrepassato la morte.

Quei due discepoli che andavano verso Emmaus, i loro occhi erano incapaci di riconoscerti; e gli altri, quando t’hanno visto? Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma; Maria, una delle discepole a te più vicine, ti ha scambiato per il contadino![1]

Noi ci chiediamo: com’è possibile che non ti riconoscessero? Eravate stati insieme quasi tre anni: dovevano essere proprio distratti! Poi però, se mi fermo a cercare una risposta, mi pare di trovarla in un pensiero. Magari un po’ limitato, se vuoi, ma mi è d’aiuto. Non è che non riconoscessero il tuo viso, le tue fattezze. È che non potevano ri-conoscere la pienezza della Vita.

Provo con un paragone, con tutti i limiti di ogni paragone. Era, ed è, come dover guardare il sole ad occhio nudo. I nostri occhi non reggerebbero: pur essendo essi quella parte del corpo che vive di luce, dalla troppa luce ne rimarrebbero addirittura danneggiati.

 

Quant’è difficile, Gesù, dirci Buona Pasqua nel senso di Buon Passaggio-oltre-la-morte! È tanto forte questa luce per le nostre menti. È la luce della Vita. Quella accanto alla quale mettiamo la parola ‘eterna’, nel senso di Vita piena e totale.

Noi stiamo vivendo. Sì. Questa è la nostra esperienza. Ma la nostra vita di oggi ha, come compagna di strada, la morte. La malattia, la vecchiaia, la sofferenza, il dolore, la morte stessa che, quando va bene, rispetta il ritmo naturale e ci attende vecchi e sazi di giorni... non sono affatto una prospettiva allettante.[2] E tu lo sai. Per non parlare poi di quando essa, con i suoi inseparabili compagni, la malattia e il dolore, arriva fuori tempo.

 

Sarebbe bello, Gesù, che noi, tuoi discepoli di oggi, riuscissimo a ritrovare nella parola Pasqua la luce della tua Pasqua. Anche solo a intravvederla quella Vita-oltre-la-morte. E a cogliere che questa è anche la nostra strada. Com’è stata la tua. Senza questa luce, mi chiedo, che senso avrebbe la vita di oggi?

Senti, Gesù, noi Buona Pasqua ce lo diciamo. Aiutaci a sentire la tua voce: Shalom Pesach, Buona Pasqua, amici miei! Io cammino insieme con voi. Non abbiate paura: la mia strada è anche la vostra.

 

[1] Cfr. Luca 24, 16.37; Giovanni 20, 14-16;

[2] Cfr. Giobbe 42,17