VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

14 mag 2017

Quando la moda travalica ogni ritegno

Pantaloni strappati...

Qualche anno fa, per dire che parlare di crisi economica in Italia era tutto un imbroglio, un capo di governo osservò che bastava guardare come i ristoranti fossero sempre pieni e quanto fosse difficile trovare un posto libero su un aereo: segni evidenti di benessere, a suo dire, altro che di crisi. Mi chiedo se oggi, qualora dovesse tornare di nuovo, non sarebbe invece drammaticamente preoccupato nel vedere quanta gente, giovane e meno giovane, va in giro con pantaloni consunti, strappati e, quando va bene, rappezzati con qualche toppa. Magari anche di un tessuto diverso. Altro che crisi economica. Altro che povertà. Siamo nella miseria più nera!

Negli anni cinquanta sessanta eravamo molti a dover indossare abiti consunti, e rappezzati alla bell’e meglio da tante madri di famiglia che s’improvvisavano sarte-tutto-fare nel tentativo di far durare il più possibile i pantaloni dei figli o dei mariti. Sì, la povertà faceva... aguzzare l’ingegno!

 

Che dite? Sarà la vecchiaia che non mi fa apprezzare tanta originalità oggi? O il peso degli anni o gli occhi, piacevolmente attratti dalle belle forme, che non mi fanno vedere e apprezzare la bellezza dei calzoni strappati? Perché io trovo che questo andare in giro con le pezze nel sedere, o addirittura senza pezze, e con i ginocchi o squarci di gambe scoperti dagli strappi dei calzoni, è un’offesa a chi abiti così malconci deve indossarli per forza. Un’offesa alla povertà. Alla povertà vera di chi, per avere un vestito che lo copra, deve andare alla Caritas o da altre associazioni assistenziali. Alla povertà di chi, per comprarsi una maglia o un pantalone, deve rivolgersi ai servizi sociali per un sussidio. E una volta comprati, deve mettercela tutta per farli durare il più possibile, perché altri cento euro non gli saranno ridati tanto presto.

 

Sento già chi mi dà dell’ignorante – nel senso di persona poco istruita. Vuoi mettere sullo stesso piano il logoramento e gli strappi di oggi con il pantalone rotto e consunto di una volta? Osserva l’armonia e lo stile degli strappi: questi sono firmati. Guarda la coerenza, nelle linee e nelle misure. Osserva bene dove sono collocati. Sempre al punto giusto. E nella misura giusta. Non hanno mica origine da un uso straprolungato com’erano quelli di cinquanta sessant’anni fa. Questi nascono dalla mente di un artista. Di un creatore di moda...

Ah, la moda. È vero, dimenticavo la moda.

Allora mi sono andato a documentare. Ho cercato l’origine di questa parola. Nell’etimologia si scoprono spesso significati profondi e reconditi che, a prima vista, sfuggono e si perdono. Moda, dice il dizionario, ha origine nel francese mode che significa modo, maniera. Più indietro nel tempo

troviamo il latino modus. Con lo stesso significato. Beh, allora?

E qui ancora odo risuonare quella parolina: ignorante. Moda non significa modo, o maniera. Moda ha un significato molto più profondo. E mi meraviglio di te che sai di greco e di latino e scrivi e scrivi e hai molte altre virtù – però, queste parole mi ricordano qualcosa... e adesso mi aiutano a mettermi in ascolto con entrambi gli orecchi. Moda, continua chi cerca di guarire la mia ignoranza, significa ben altro. Essa esprime lo spirito di un’epoca. Ci dà indicazioni su come vestire, quali colori indossare, come abbinare le scarpe con il vestito, quali stoffe usare. È la moda che ci dice se e quanto siamo aggiornati. Moderni – hai visto che moderno e moda si richiamano a vicenda? Magari non lo sapevi. Essa ci dice quando e quanto siamo giovani e belli. À la page. Se non segui le prescrizioni della moda sei out.

Ah, la moda dà prescrizioni quindi, non indicazioni. Allora è chiaro che se non la seguo sono out – hai visto come si parla? Non si dice più sei fuori: sei out. Oppure sei in.

Oh, vuoi vedere che ha ragione lui? Con tutto il mio greco e il mio latino, con buona pace di Platone o di Seneca, chi avrebbe mai pensato che la moda ha il potere di prescrivere come mi devo vestire e come devo parlare? Non sarei mai arrivato, di sicuro, a capire che il prossimo paio di pantaloni dovrò comprarlo con gli strappi... firmati. E che se voglio dire a qualcuno che se pensa di poter decidere liberamente come vestirsi, è fuori (pardon, out), se invece vuole essere in deve rispettare le indicazioni (pardon, prescrizioni) di questa grande sorella.

 

Che vi devo dire? Io ce l’ho messa tutta. Ma non m’ha convinto. Per me il pantalone strappato, di moda, firmato, artistico, pure con le perline, come volete... rimane ancora un’offesa alla povertà. Alla povertà di chi non può permettersi di comprarne uno nuovo quando quello che porta da tanto tempo non ne può più. E comincia a rompersi.