VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

18 giu 2017

La solita frase per giustificare la decisione di separarsi

Non ci amiamo più...

Così, di solito, dice una coppia quando vuole spiegarci perché hanno deciso di separarsi: noi non ci amiamo più. O, più spesso: io non ti amo più. E quando va bene aggiungono: però ci vogliamo bene. Io a lei (a lui) non farei mai del male. Però non l’amo più.

Cos’è successo secondo voi? Cos’è che ha portato queste due persone a perdersi lungo quella strada che si erano ripromessi – e promessi – di percorrere insieme? Che cosa li ha fatti smarrire?

 

Partiamo da lontano. Anzi, da molto vicino. Entriamo in questa onnipresente parola. AMORE. Così usata e abusata che rischia di perdere ogni significato. O di vedersi restringere talmente il campo d’azione, da ritrovarsi soffocata. Per guardarla andiamo alle origini della nostra cultura. Ascoltiamo la lingua e il pensiero che sono le nostre radici.

Gli antichi greci, maestri nel pensiero e nella ricerca della verità, ci hanno insegnato che per parlare di amore non basta una parola sola. Consapevoli della sua profondità nella vita degli uomini, di parole ne usavano ben tre. Ciascuna delle quali ne esprime una faccia. Proviamo ad ascoltarle. Sono èros, filìa e agàpe.

 

Èros. Potremmo dire che non è difficile darle una buona traduzione. Tanto l’aggettivo che ne deriva è ormai parte del nostro linguaggio. Erotico è d’uso quotidiano. Potremmo tradurre questa parola con passione. O anche forte attrazione (fisica). Quando una persona ci piace, sentiamo passione per lei. Attrazione. Il desiderio di stare vicini. A stretto contatto.

Qualche volta le diamo anche un significato ambivalente: l’erotismo in certi ambienti viene considerato qualcosa di negativo. O di pericoloso. Pur sapendo molto bene quanto questa dimensione dell’amore sia importante per la vita di una coppia. L’attrazione fisica ci avvicina. Ci dà la spinta a prenderci cura, del nostro corpo e di quello dell’altro: noi siamo corpo. Fisicità. Siamo attratti l’uno dall’altro. E ci coltiviamo a vicenda.

 

Filìa. Qui ci spostiamo un po’. Filìa indica amicizia. Essa parla di legame, di complicità, di vicinanza. Il filò-sofo è l’amico (filòs) del sapere (sophìa). È colui che cerca la conoscenza. La luce (phòs) della conoscenza. Noi siamo mente.

In una relazione di coppia non può mancare l’amicizia. Due coniugi hanno bisogno di complicità per costruire il loro progetto di vita. Hanno bisogno di vivere una relazione che permetta loro di sapere che ciascuno può contare sull’altro. Proprio come due amici. Due fratelli. Hanno bisogno di sentirsi rassicurati che l’altro c’è. Nella buona e nella cattiva sorte. L’amico si vede al momento del bisogno, diciamo. Oppure: chi trova un amico trova un tesoro. Vedete quanto spazio ha l’amicizia nel nostro pensiero. Perfino nel Vangelo incontriamo Gesù che, parlando con i suoi, dice: Non vi chiamo più servi (...) ma vi ho chiamato amici.[1] Tanta è l’intimità, il legame che vuole instaurare con i suoi.

 

Agàpe. È la terza parola. La terza faccia dell’amore. Noi siamo spirito. Agàpe è comunità di spirito. Vicinanza di anime. Intimità spirituale. È la capacità di condividere valori e pensieri. È condivisone della ricerca di senso. Del senso della vita. Del significato che vogliamo dare al nostro stare insieme. Al camminare insieme, lungo la medesima strada. Che è la strada della vita. È il desiderio di condividere la nostra ricerca: la ricerca dell’uno per l’altro. È un dialogo aperto con la Vita (con Dio - per chi alla Vita può dare questo nome). La capacità di dirle grazie per averci fatto incontrare. E di chiederle di aiutarci a non perderci. Anche, e soprattutto, quando difficoltà, ostacoli, incomprensioni ci offuscano lo sguardo. Ci fanno perdere l’orientamento.

Questa faccia dell’amore è così grande che quando la Bibbia cerca di dare una definizione di Dio, sa dire solo Dio è Agàpe (= Amore).[2]

 

Allora il nostro non ti amo più? O il non ci amiamo più?

Per ora solo due pensieri. Il Primo. Quando diciamo queste parole, di solito intendiamo dire ‘semplicemente’ che tra noi non c’è più èros. La passione. L’attrazione fisica. Ma il punto – e questo è il secondo pensiero – è che l’AMORE ha bisogno di essere coltivato in tutte e tre le sue dimensioni: perché noi siamo corpo, mente e anima.[3] L’èros da solo non sopravvive a lungo. Una relazione di coppia fondata solo sull’attrazione fisica non regge.

Allora non è che non ci amiamo più. La verità è che ci siamo piaciuti, sì. Anche molto. Eravamo attratti l’uno dall’altro. Ma non ci amavamo. Non ci siamo mai amati. Nel senso vero dell’amore.

 

Queste parole sono dure, lo so. Ma una coppia che inizia il suo viaggio non può non dirsele. Solo con il coraggio della verità ci prendiamo cura sul serio di noi e del nostro rapporto.

 

[1] Gv 15,15

[2] 1 Gv 4,8

[3] La mente e l’anima, Vol. 1, pag. 28 e segg.