VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 lug 2016

Un pensiero per l’estate con i genitori separati

Le volpi, gli uccelli e... i bambini

Caro Gesù, un accostamento strano è nato nella mia mente in questi giorni d’estate. Te ne parlo, sicuro che alla fine sarai d’accordo con me.

Ricordi cos’hai risposto a quel tale che voleva seguirti? “Maestro, ti seguirò ovunque tu vada” aveva detto. E tu: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.[1] Questa risposta dev’essergli arrivata piuttosto sibillina. O, forse, troppo chiara? Noi in realtà non sappiamo cosa abbia deciso, poi. Né Matteo né Luca ce lo dicono. La profondità delle tue parole lascia spesso anche noi, che pure viviamo nel duemila, con domande aperte e con interrogativi ai quali non siamo sempre sicuri di trovare la risposta giusta.

 

Ma stavolta queste tue parole le prendo e le rigiro a modo mio. Perché, sai, in quest’immagine che dài di te, a me sembra di vedere, oggi, una categoria di persone che tu amavi molto. “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite...” dicevi.[2]

Sì, parlo dei bambini. Ma di una categoria particolare di bambini. Di quelli che, anch’essi, non hanno né una tanaun nido nel quale rifugiarsi. Ora mi rendo conto che di bambini in queste condizioni ce ne sono davvero tanti nel mondo: penso a tutti quelli che noi, popoli civili e ricchi, costringiamo a scappare dalle loro terre e che, poi, non vorremmo neppure accogliere quando arrivano qui. Ma oggi i bambini di cui voglio parlare sono altri: sono i nostri. I nostri figli. Quei figli che i genitori, separati, si contendono e sui quali, spesso senza rendersene conto, scaricano tutte le loro tensioni.

 

Oggi è sempre più frequente che i genitori che si separano costringono i figli a vivere con lo zaino in spalla. Bambini con la valigia. Due giorni a casa del babbo e due dalla mamma. Poi ancora due da lui e altri due da lei. Oppure una settimana qua e una là. In una trasmigrazione continua. Infinita. Bambini senza casa. In un eterno pellegrinaggio dall’una all’altra. Quando poi non c’è anche quella dei nonni: perché spesso, soprattutto i padri, i figli li vogliono e li rivendicano, ma poi, incapaci di starci insieme, li lasciano a casa dei propri genitori.

 

Ai tuoi tempi, Gesù, queste cose non succedevano. E adesso, tu che sai vedere sempre lo spirito di vita nelle persone, penserai che, se questi genitori fanno così, è perché vogliono un mondo di bene ai figli. Perché li amano così tanto da volerli sempre con sé. Mi dispiace deluderti, ma quarant’anni di lavoro con le famiglie mi hanno fatto vedere un lato piuttosto oscuro che noi, donne e uomini adulti, sappiamo mettere in campo.

Sai perché i genitori, separati, arrivano a queste decisioni? Perché così, dividendo alla pari il tempo che i figli passano con l’uno e con l’altra, nessuno dei due dovrà dare all’ex coniuge l’assegno di mantenimento per i figli. Tanto è il rancore che spesso accompagna la separazione, che non vogliono aver più niente a che fare tra loro. Pensa che certi genitori si scambiano i figli senza neanche dirsi una parola. In certi casi senza neppure vedersi.

 

E adesso, con l’estate, ritorna un altro problema: le vacanze. Certo è bello che un bambino possa passare qualche giorno con ciascuno dei suoi genitori. In santa pace. Ma qui ritorna in ballo il rancore, il libro dei conti sempre aperto, tra gli ex coniugi. Così si mettono a litigare. I turni di ferie non si alternano bene? La colpa è dell’ex perché non si è dato da fare per farsi cambiare il periodo in modo da non ostacolare le ferie dell’altro. E questi poveri bambini di nuovo in mezzo alla guerra.

Francesco, che tu conosci molto bene (!), dice che stiamo vivendo la terza guerra mondiale. Sparsa nei vari paesi. Sono d’accordo con lui. Ma io credo che ce n’è anche un’altra di guerra: molto subdola e combattuta senza il frastuono delle armi. È la guerra tra i coniugi che si separano. È una guerra le cui vittime sono i figli. Bambini o ragazzi che ancora dipendono dai loro genitori.

 

Ora, se mi aiuti, vorrei dire una parola a questi genitori. Che arrivi al loro cuore.

Noi sappiamo bene quanto sia difficile separarsi. E quanto più difficile sia cercare di farlo senza lasciarsi trascinare da rancori o da rivendicazioni. Fatevi aiutare dai vostri figli. Non immischiandoli in questioni che non li riguardano, ma semplicemente guardandoli negli occhi: lì potrete leggere il desiderio di deporre lo zaino. Di non vedersi costretti a vivere con la valigia sempre in mano. Lì, nei loro occhi, leggerete il bisogno che hanno di avere una loro casa. Una loro tana. Un loro nido.

 

[1] Mt 8,20; Lc 9:58.

[2] Mt 19,14; Mc 10,14; Lc 18,16.