VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

29 mag 2016

Quando le religioni possono soffocare la voce dello Spirito

Integralismi in agguato

Seguo con interesse la sua rubrica e desidero ringraziarla per le sue ultime riflessioni riguardanti la questione largamente dibattuta in questi mesi sulle unioni civili, soprattutto perché, com’è nel suo stile, aiuta a riflettere, non a schierarsi, a vedere in profondità e non in superficie.

(...) Mi chiedo perché sia chiamata in causa la religione in modo così improprio. La mia idea non deriva dalla mia fede ma dalla mia lunga esperienza nel campo educativo oltre che dalla formazione pedagogica acquisita in itinere. La mia scelta politica è per me prettamente laica, i valori di una fede vanno esercitati dal credente nella propria vita anche sociale, senza la pretesa di tradurli nelle Leggi di uno Stato. (...)

Rosa

 

Non è così facile sostenere con coerenza la sua posizione. Che anch’io condivido. Per questo, mentre provo a spiegarmi, chiedo a chi sta leggendo la forza, e la pazienza, di arrivare fino in fondo. Sempre convinto che ciascuno di noi ha il diritto di coltivare le proprie convinzioni e di ‘lottare’ per esse. Tranquillo che, se i suoi pensieri sono sufficientemente forti, non devono temere il confronto e il dialogo con pensieri diversi. Con riflessioni che invitano ad ampliare il campo visivo. Non certo a restringerlo.

 

È vero, la questione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso (omoaffettive) coinvolge inevitabilmente le religioni. Prima ancora è la questione dell’omoaffettività (o omosessualità) che storicamente ha chiamato in causa le istituzioni religiose. In pieno XXI secolo ci ritroviamo ancora con Paesi in cui, appellandosi ad una religione, è proibito parlarne. In altri, le persone il cui orientamento affettivo è verso una persona del suo stesso sesso sono addirittura condannate a morte. Anche noi abbiamo vissuto tempi – lontani ormai, grazie a Dio – in cui facevamo le stesse cose.

Oggi, nei paesi occidentali e in gran parte degli altri, abbiamo conquistato una maturità di pensiero tale che ci fa distinguere con chiarezza le funzioni di uno stato e quelle di una chiesa. (La parola chiesa è usata qui in senso generale. Con essa intendo indicare tutte le istituzioni religiose, indipendentemente dal credo specifico che le fonda e dei cui valori sono portatrici: cristianesimo, islam, ebraismo, buddismo, induismo, ecc.)

 

Vero è che ancora abbiamo paesi in cui prevale il pensiero che vede l’istituzione religiosa e lo stato come un tutt’uno. Visitando, anche solo con il pensiero, alcuni Paesi del vicino oriente, dell’Asia o dell’Africa, non è difficile incontrare movimenti o addirittura governi che di fatto amministrano la società civile con la legge religiosa. La Sharia, il cui fondamento sono il Corano e gli Hadith (i detti del Profeta), è legge di Stato. Ma ormai su questo punto, buona parte dell’Islam occidentale sta maturando il processo che lo porterà verso la costruzione di una distinzione chiara e netta tra stato e chiesa.

 

Il rischio però è che noi, che pure a questo pensiero di reciproca autonomia ci richiamiamo in tutte le occasioni, sia da parte di politici sia da parte di uomini di chiesa, conserviamo ancora un sottofondo d’integralismo che alimenta la tentazione di voler tradurre i valori di una fede in Legge dello Stato, come scrive Rosa.

 

Ora, che ci siano uomini della politica che vogliono cavalcare l’adesione ad una religione (si dichiarano ‘cattolici’) per accaparrare voti, non mi scandalizza. Non mi piace. Ma non mi sorprende. Dai tempi di Enrico IV, più di quattrocento anni fa, Parigi val bene una messa continua ad avere molti adepti: pur di conquistare il potere, non si va tanto per il sottile. E poiché il potere è sempre potere, non mi sorprende neanche che pure alcuni uomini di chiesa ci cadano e si lascino catturare.

 

Mentre riflettevo su questi pensieri, domenica ho ascoltato questa pagina del Vangelo. Gesù, parlando ai suoi dello Spirito che sta per venire per continuare la sua opera, dice: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per ora non sono alla vostra portata. Quando verrà lui, lo Spirito della Verità, vi guiderà a tutta la verità (...) e vi annuncerà le cose che verranno” (Giovanni 16,12-13).

 

A me piace leggere queste parole come un invito ai suoi, di allora e di oggi, ad aprire il cuore e la mente alla verità, senza pretendere di possederla già tutta. Non solo, ma anche come una promessa che lo Spirito ci aprirà alle cose che verranno. E tra queste, mi piace pensare che possiamo ritrovarci anche le nuove questioni che, con il progredire della civiltà, come società umana siamo tenuti ad affrontare. Liberi da tentazioni integraliste o pretese di sopraffazione.

Soprattutto senza paura. Perché camminiamo insieme con lo Spirito della verità. Che non è monopolio degli uni o degli altri.