VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

11 ott 2015

Tra Boko Haram e il nostro Senato

Uomini e... donne

Non si possono mettere insieme fatti così diversi, direte. Cinque bambine tra i 9 e i 13 anni fatte esplodere in una moschea in Nigeria alla fine della preghiera serale, e un signore che durante un dibattito al senato risponde con un gesto osceno a una sua collega, non sono raffrontabili. E avete ragione. Almeno in apparenza. Ma io ci provo ugualmente a farli camminare vicini, uno all’altro. Insieme ce li ha messi la coincidenza cronologica: un maestro di psicologia del secolo scorso, Gustav Jung, parlava di sincronicità (syn, insieme + krònos, tempo) e si chiedeva se non fosse questa un invito a leggere insieme fatti o episodi che insieme si presentano.

 

Che cos’hanno di simile questi due episodi? Le vittime. E i responsabili. Sì, le vittime di questi due fatti sono donne. I responsabili uomini. Giovani, molto giovani, le cinque ragazzine condannate a morire e a portare la morte tra persone innocenti che si ritrovano per la preghiera in un luogo sacro, una moschea. Una donna, rappresentante del popolo, in un luogo altrettanto ‘sacro’, come credo che dovremmo considerare il parlamento, il tempio della democrazia. Carnefici gli uomini di Boko Haram che continuano a utilizzare bambini e bambine per portare morte, ricoperta da falsa e disumana religiosità. Volgare e indegno del compito che si è assunto come rappresentante del popolo il senatore che non sa portare argomenti al confronto con gli avversari, se non gesti sessisti e da osteria contro una donna.

 

Non è difficile cogliere la normalità nell’attentato avvenuto in Nigeria. Normale, perché è ormai un dato col quale ci stiamo confrontando quasi ogni giorno: la vita (degli altri) non ha alcun valore. Meno ancora ne ha quella di un bambino. Meno, ma molto meno, quella di una bambina. Che, in fondo, non è che un essere che, se pure diventerà grande, non potrà diventare che una donna. E una donna, si sa bene, in quella cultura che continua ad autodefinirsi islamica, è un essere inferiore. Inutile. Se non per fare figli e per il piacere degli uomini (maschi).

 

Diventa, invece, più difficile cogliere la normalità nell’episodio che ha colorito il giovedì dei nostri senatori. Il parlamento, dicevo, è il tempio della democrazia, il luogo abitato dai rappresentanti del popolo, ‘i migliori’ (àristoi) – così pensavano gli antichi greci, che della democrazia ne sono i padri. Un luogo che possiamo definire ‘sacro’ se il pensiero laico non avesse timore di questa parola. Sacro, perché ospita coloro cui abbiamo affidato la gestione della vita sociale, il compito di costruire le leggi che regolano il nostro quotidiano. Abitato da coloro che devono definire ciò che è giusto e corretto nella società civile e ciò che non lo è.

 

Ma forse, se scendiamo con in piedi sulla terra, anche qui, nell’aula del senato, incontriamo la normalità. Una normalità fatta dalla maggioranza di noi cittadini. Non succede tanto spesso che se dobbiamo parlare in negativo di qualcuno, mentre per un uomo usiamo parole che ne qualificano l’atteggiamento da incapace o il livello d’intelligenza e d’impegno, quando si tratta di una donna andiamo subito a prendere parole che fanno riferimento al sesso e a comportamenti sessuali?

Quasi fosse scritto nel nostro DNA, noi uomini continuiamo a vedere la donna come un oggetto sessuale. In pieno XXI secolo e in un paese che si onora di essere erede di Virgilio e di Cicerone, di Dante e di Francesco d’Assisi, continuiamo a rapportarci con le donne come se esse non fossero l’altra metà del cielo. Di quello stesso cielo di cui noi uomini siamo solo una metà.

 

Come ritrovare allora quella dignità che ci vorremmo riconoscere e vorremmo ci fosse riconosciuta da paesi e società ancora molto lontani dalla democrazia e dal riconoscimento della pari dignità tra donne e uomini? Sono settant’anni che la donna italiana si vede ‘capace’ di esprimere il proprio voto. E grandi passi abbiamo fatto nella rappresentanza e nella presenza della donna nelle nostre istituzioni. Scuola, sanità, politica.

 

Ma forse un’altra riflessione possiamo fare, per completezza di analisi. Boko Haram o l’Isis sono esasperazioni di una presunta religiosità, che tuttavia continua ancora a trattare la donna come un essere inferiore. Almeno così appare nei paesi dove l’islam è religione dominante o addirittura religione di stato. Ma non sarebbe inutile domandarci se anche a casa nostra non abbiamo bisogno di rivedere il posto che la donna continua ad avere nelle nostre chiese. Quanto il pensiero femminile viene accolto e interrogato per una comprensione più piena del Vangelo o quanto ancora non è tenuto fuori, in una non detta ma presunta superiorità o autosufficienza dell’uomo (maschio) e del suo punto di vista.

Magari aveva ragione Jung: ascoltare la sincronicità può diventare un’occasione utile per la nostra riflessione. E per la vita.