VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

7 giu 2015

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Un figlio senza padre... (1)

Un figlio senza padre è come una casa senza tetto. Così recita un proverbio orientale. La natura ci rassicura: non ce n’è nessuna di case senza tetto. Ho scritto natura, in realtà avrei dovuto dire biologia. Sì, perché è la dimensione biologica dell’essere umano che ci parla di collaborazione irrinunciabile tra una madre e un padre nel mettere al mondo un figlio. Collaborazione, dal latino cum (insieme) e laborare (lavorare, darsi da fare), significa lavorare insieme.

 

Guardiamo un momento questo straordinario gioco biologico.

 

Tutte le cellule del corpo umano hanno un patrimonio genetico racchiuso in 46 cromosomi. Quando sentiamo dalle cronache di omicidi o di altri misfatti parlarci di esame del DNA, è della fotografia di questi 46 cromosomi che ci parlano. Perché ognuno di noi ha un patrimonio genetico unico e irripetibile.

Ma come si forma, da dove ha origine il mio DNA? Esso non è altro che il risultato dell’incontro tra il patrimonio genetico di mio padre e quello di mia madre. Quando gli spermatozoi di un uomo e gli ovuli di una donna giungono a maturazione, anziché 46 cromosomi (come tutte le altre cellule) ne hanno 23: esattamente la metà di una qualsiasi altra cellula. È con questo trucco che un ovulo maturo e uno spermatozoo, incontrandosi, possono dar vita ad una cellula nuova. Con 46 cromosomi questa volta: 23 dal patrimonio genetico paterno e 23 da quello materno. È da questa nuova cellula che, di moltiplicazione in moltiplicazione, in nove mesi nasce un bambino.

Ancora un’altra osservazione: da questa cellula fecondata, però, non prende origine solo l’embrione (che poi diventerà il bambino), ma anche la placenta (che si aggancerà all’utero materno per riceverne nutrimento e trasmettere alla madre tutte le informazioni e gli stimoli di cui entrambi, sia lei sia il bambino, hanno bisogno per una buona e sana collaborazione nei nove mesi di gravidanza). E, sempre da questa stessa cellula, si forma il cordone ombelicale (che collega l’embrione/feto/bambino con la placenta).

 

Vi chiederete perché questa micro-lezione di biologia. Il motivo è semplice: perché dalla biologia dobbiamo recuperare un insegnamento che certa psicologia e certa cultura si sono perse. Due insegnamenti in particolare.

 

Il primo: il cordone. Quante volte sentiamo dire che quel tale non ha tagliato il cordone con la madre. Magari è uno che ha già una famiglia, una moglie, ma deve sempre sentire la mamma. Per qualsiasi questione. Oppure si lamenta perché la moglie non è così brava, così accudente, così comprensiva, così...‘materna’ come invece è la sua mamma! O anche di una donna si dice. Anche lei, avendo pure una famiglia, ha sempre bisogno di tornare dalla mamma per ogni cosa. La cura della casa, la cura dei figli, perfino il suo abbigliamento... niente può essere fatto o deciso senza aver trattato con la mamma. E il marito non ha voce in capitolo. Neppure nella crescita dei figli.

 

Ma quel benedetto cordone non è mica della mamma! Il cordone non lo forma la mamma né è attaccato a lei durante i mesi di gravidanza. Il cordone appartiene al bambino. Si è formato da quella prima cellula fecondata nell’incontro tra l’ovulo materno e lo spermatozoo paterno. Il cordone appartiene al bambino, lo tiene collegato alla placenta – che pure è sua – e che aderisce alla parete uterina nei nove mesi di gravidanza. E quando un bambino nasce, si porta con sé tutto ciò che è suo: cordone e placenta!

Quindi dobbiamo dire che non esiste il cordone ombelicale della mamma. Quando nasciamo ci portiamo tutto con noi. La vita ora nelle nostre mani!

 

L’altro insegnamento: il padre. La biologia ci dice che un bambino è ‘costruito’ per metà dalla mamma e per metà dal babbo: il suo patrimonio genetico (46 cromosomi - DNA) è il risultato dell’incontro dei 23 paterni con i 23 materni. Com’è che allora ragioniamo, facciamo, ci comportiamo... in una parola viviamo come se un figlio fosse solo della mamma? Quanti padri si comportano come se loro fossero un accessorio nella cura, nell’accudimento, nella crescita di un figlio! È vero, diciamo che oggi le cose sono cambiate. No. Non sono cambiate molto.

Ci proviamo, questo sì. Ma ce n’è ancora tanta di strada da fare per ritrovare nella vita di tutti i giorni quella verità, profonda, che c’insegna la biologia.

Non sembra anche a voi che in tante famiglie, anche giovani, le madri e i padri si comportano con i figli come se nella loro ‘costruzione’ lei ce ne avesse messi 40 di cromosomi e lui sì e no i 6 rimanenti?

Un figlio senza padre è come una casa senza tetto.