VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 mag 2015

Il diritto di una madre e il diritto di un figlio

Partorire e nascere nell’amore

Una donna può partorire in ospedale senza l’obbligo di riconoscere il proprio figlio e senza vedersi registrate le sue generalità nell’atto di nascita del bambino. Il parto è assicurato gratuitamente dal Servizio Sanitario come pure tutta l’assistenza necessaria a lei e al bambino. Il nome della donna è tenuto segreto per cento anni e in seguito può essere rivelato solo dietro l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria. Il bambino nato viene subito dato in adozione ad una famiglia che da quel momento diventa la sua famiglia.

 

Ora ci sono diverse proposte in Parlamento che, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale, andranno a modificare la normativa attuale, con l’intento di dare voce anche al diritto di un figlio a conoscere le proprie origini. La questione è molto delicata e complessa: si tratta di far dialogare tra loro due diritti, entrambi fondati, ma che richiedono molta attenzione da parte del legislatore perché non succeda che l’uno o l’altro venga ad essere totalmente misconosciuto. È il diritto di una donna a partorire in anonimato e il diritto di un figlio a conoscere la propria madre biologica.

 

Se si dovesse cancellare la possibilità di partorire in anonimato ci troveremmo di fronte a situazioni molto gravi. A una donna che sa di non essere in grado di prendersi cura del figlio non resterebbero che due strade: o partorire in totale assenza di assistenza sanitaria e abbandonare poi il neonato da qualche parte, con tutti i rischi che una situazione del genere comporterebbe sia per la madre che per il figlio, o interrompere la gravidanza.

Non sono situazioni semplici, ma non sono neanche tanto rare. In Italia ogni anno nascono circa 400 bambini in queste condizioni: più di uno al giorno. I dati che abbiamo degli ultimi sessant’anni parlano di 90 mila bambini.

Non sono rare, dicevo, queste situazioni: una gravidanza non desiderata non è purtroppo così infrequente. Né possiamo pensare che il ricorso all’aborto sia una strada semplice. Non tanto sul piano legale e pratico, quanto come scelta che comporta un coinvolgimento profondo della donna, con i suoi valori e i suoi sentimenti. Solo un pensiero superficiale vede questa strada facile e senza conseguenze pesanti, sia sul piano psicoaffettivo sia di coscienza.

 

Una donna che sa che non sarebbe in grado di prendersi cura del suo bambino ma non intende interrompere la gravidanza, è importante che possa avere aperta la possibilità di far nascere il bambino e di garantirgli una vita serena. Con una famiglia che lo accolga come il proprio figlio.

 

Mentre ascolto e scrivo questi pensieri, nasce nella mia mente una domanda: ma una donna rimane incinta da sola? E dov’è andato l’altro? Quell’uomo che ha messo la sua metà nella costruzione di questa nuova vita?

Una gravidanza può nascere da una violenza. È terribile. Altre volte da un incontro fortuito. Vissuto con leggerezza. Con incoscienza da parte di lui che poi non ne vuol sapere e non sa far altro che spingere per interromperla. Come se fosse una passeggiata. Altre volte una gravidanza nasce dentro una promessa. Fatta però di parole che poi se ne vanno al vento.

E lui scompare.

 

E lei rimane lì. Sola. A fare i conti con questa novità che parla di vita. Una novità che la abita, che la trasforma, che scrive nel suo corpo, e nella sua mente, una pagina indelebile. Inizia così un viaggio, in compagnia di un ospite inatteso. Scomodo. Un viaggio che sarà pieno di domande. Di conflitti. Di sogni. Ma sarà un viaggio d’amore.

Sì. Perché è solo l’amore che può portare una donna a far crescere in lei questo bambino. Farlo nascere. Poi lasciarlo andare per la sua strada. Pur sapendo che è una strada che lei non potrà condividere. Pur sapendo che saranno altri a farlo crescere, a tenerlo fra le loro braccia. A vederne il sorriso e ad asciugarne le lacrime. È un gesto grande il suo. Eroico. Perché scritto con l’amore. Avrebbe potuto non farlo nascere o abbandonarlo in un cassonetto. Invece no. Si è rimboccata le maniche e l’ha accompagnato fino all’ultimo momento in cui di lei non poteva fare a meno. Poi, con il cuore stretto fra le mani perché non scoppiasse, l’ha salutato. E una volta rassicurata che ora c’è per lui una casa, l’ha lasciato andare. E anche lei se n’è andata.

 

Sì, quando sarà grande dovremo ascoltare anche il desiderio di questo figlio di conoscere chi l’ha messo al mondo. Ma credo che dovrà pur essere capace di rispettare il desiderio di sua madre, se non ha cambiato opinione con il passare degli anni, di restare nascosta. Nel silenzio di un viaggio iniziato insieme. Ma nell’impossibilità, insieme, di proseguirlo. Dovrà imparare a coltivare nel suo cuore il pensiero che sua madre l’ha voluto. Con tanto amore. Tutto l’amore di cui era capace.