VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

25 gen 2015

27 gennaio. Il giorno della memoria

L'olocausto... oggi

Sono passati 70 anni da quel 27 gennaio. Era il 1945 quando i soldati sovietici entrarono ad Auschwitz, disvelando al mondo ciò che fino ad allora non aveva voluto vedere. Non sarà facile, questi giorni, ricordare. Le cronache recenti ci costringono, e richiamano la nostra attenzione. Con il rischio, però, d’imprigionare il nostro pensiero e di catturare tutte le nostre energie. Intere popolazioni costrette a fuggire dalla loro terra, presunti Stati costruiti in nome di una religione, atti di terrorismo, genocidi, regimi totalitari, paesi interi (come il Tibet) invasi da oltre mezzo secolo e privati della loro libertà e della loro storia nel silenzio assurdo del resto del mondo, bambini costretti a uccidere e a morire, vittime del fanatismo degli adulti...

Ma non possiamo permettere al rumore e al frastuono di tanta violenza, di portarci a dimenticare la storia. La nostra storia. Perché è la capacità di ricordare il passato che ci fa essere vigili nel presente. Ci rende capaci di tenere aperti gli occhi e di volgere lo guardo, attento, anche in casa nostra.

 

Scrive Primo Levi, un ex internato di Auschwitz: «I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi; sono molto più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere». Drammaticamente vero. Sono proprio le persone pronte a credere e obbedire senza discutere, a rendere possibile la violenza di ogni tempo e la violenza di ogni specie, da quella terribile del terrorista a quella passiva di chi rimane indifferente di fronte alle prepotenze e alle ingiustizie quotidiane.

 

Il Congresso Ebraico mondiale, nel 1946, ha stimato in quasi sei milioni gli ebrei uccisi nella Shoah. Una vera tragedia per questo popolo se pensiamo che ha coinvolto circa due terzi dell’ebraismo europeo, e quasi il 40% degli ebrei di tutto il mondo. E secondo il Museo dell’Olocausto di Washington, le vittime dell’Olocausto sarebbero state dai 15 ai 20 milioni. Se li guardiamo, questi numeri ci dicono una verità terribile e spesso dimenticata: che accanto al popolo ebraico, primo nemico da annientare, l’Olocausto ha coinvolto tante altre vittime: zingari, disabili, omosessuali, oppositori politici, Testimoni di Geova, preti... I tanti che, in un modo o nell’altro, costituivano una minaccia per il regime nazista e per la presunta purezza della razza ariana.

 

È a queste altre vittime che oggi vorrei guardare. Perché se gli ebrei, con un prezzo così alto pagato alla storia, si sono finalmente conquistati il diritto a vivere liberi da discriminazioni, non altrettanto si può dire, secondo me, di altri gruppi o popolazioni. Certo, in Italia non costruiamo campi di sterminio, né ausmerzen (= sopprimere) fa più parte del nostro linguaggio. Non rischiamo però di coltivare pensieri e atteggiamenti tuttora discriminatori nei confronti di certe categorie?

 

Qualche giorno fa, camminando con un amico, a un certo punto mi dice: “Siamo davanti al nemico!”. Io non capisco. Allora mi indica che stavamo passando davanti alla Sala del Regno dei Testimoni di Geova. Il nemico! Certo, una battuta. Ma ne siamo poi così sicuri? Non proprio nemici, ma avversari o concorrenti sì, temo.

E i disabili? Nessuno oggi oserebbe dire sopprimere. Ma... ne siamo così sicuri? Prima che nascano, non è così raro che ci si muova in questa direzione. E dopo? Dopo, non succede piuttosto spesso che i servizi che si occupano di disabilità, fisica o mentale, sono tra i primi a subire tagli e riduzioni in nome dell’onnipresente spending review?

E le persone omosessuali? Meglio, omoaffettive. Sì, perché di affettività si tratta: di orientamento affettivo, quindi anche sessuale, nella scelta del partner. Uno ‘scherzo’ della natura. Tutto il mondo scientifico, medico e psicologico, ne parla in termini di normalità. Ma noi, molti di noi, continuano a discriminarli. Non siamo stati ancora neppure capaci di codificarne il diritto a vedersi riconosciuti in una relazione di coppia.

E gli zingari? I servizi che forniamo nei campi dei nomadi non sono sempre al massimo della qualità: acqua, luce, igiene, servizi per i bambini. Nessuno di noi li vorrebbe vicino alla propria casa. Non parliamo poi di quei politici che un giorno sì e uno sì proclamano che bisogna cacciarli via dall’Italia, e un altro ci vanno a fare la passerella. Aspettandosi magati di essere accolti a braccia aperte. Non è discriminazione anche questa?

 

Il giorno della memoria ci dice che ricordare significa riflettere. Con la nostra testa.

Ancora Primo Levi: «Occorre dunque essere diffidenti con chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia i capi carismatici: dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà».