VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

20 set 2015

Ascoltiamo la voce dei più piccoli

Bambini... invisibili (2)

Il mare ci ha detto che non ne può più. Abbiamo riempito il suo stomaco di morti. Ha tollerato tanta nostra indifferenza. Cinismo certe volte, perfino da parte di politici e governanti, persone che dovrebbero essere i migliori tra noi se nelle loro mani abbiamo messo la gestione della cosa pubblica. Migliaia di morti lui ha dovuto sopportare. E migliaia ancora ne dovrà ingerire. Ma tutto questo è diventato intollerabile. Almeno per lui. E ci ha urlato che non può più continuare a coprire con la sua forza e la sua grandezza tanta nostra piccolezza e cecità.

 

Così, giovedì 3 settembre sulla spiaggia di Bodrum in Turchia, ci ha restituito Aylan, un bambino. Di soli tre anni. Nella speranza, credo, che almeno di fronte a un bambino i nostri occhi potessero aprirsi. E vedere.

E noi abbiamo visto. Ci siamo commossi. Perfino tanti governanti si sono lasciati risvegliare da questo bambino. Ma adesso? Ci alzeremo dai nostri comodi letti e cominceremo la giornata di lavoro o, appena risvegliati dalla voce del mare, ci gireremo dall’altra parte come capita certe mattine dopo il suono della sveglia, e arriveremo tardi, troppo tardi, al nostro lavoro?

Questo è il rischio: che fra un po’ Aylan diventi soltanto una foto che ha commosso il mondo, e che anche lui, come altre migliaia di bambini e di adulti, diventi solo un ricordo. Dalla vita breve. Come breve è la vita di un quotidiano che ce ne mostra la foto.

 

Un altro bambino abbiamo incontrato quest’estate. Il 15 agosto ha aperto i suoi piccoli occhi su questo nostro mondo Achille. I suoi genitori hanno una brutta storia sulle spalle. Lui non c’entra, non ne ha colpa. Ma ne paga il prezzo. Il prezzo di due genitori che forse non lo hanno pensato seriamente. Ma anche il prezzo di addetti ai lavori che hanno mostrato tanta leggerezza (superficialità?) nei suoi confronti. Che non l’hanno visto. Non sono stati capaci di vederlo.

 

Il giorno in cui nasce, Achille viene allontanato da sua madre: è un magistrato che prende questa decisione. Dopo qualche giorno altri magistrati prendono altre decisioni. La mamma può incontrarlo un’ora al giorno, senza però poterlo allattare. Poi pensano a una casa famiglia. Poi a una famiglia affidataria. Poi... poi nel frattempo si avvia il processo di valutazione dei genitori: sono capaci di fare i genitori? Domanda chiaramente legittima, anzi doverosa. Ma...

 

Ma, se proviamo ad ascoltare Achille, credo che ci stia facendo qualche domanda.

Non sapevano i magistrati del Tribunale per i Minorenni che nel mese d’agosto io sarei nato? La vita mi ha già insegnato che la nascita di un bambino di solito (!) è preceduta da nove mesi di gravidanza. Cos’ha fatto in tutto questo tempo la magistratura che doveva prendersi cura di me? Io in questi mesi sono cresciuto e mi sono preparato a nascere. Perché i magistrati non li hanno utilizzati per attivare tutte quelle procedure di valutazione delle capacità genitoriali della mia mamma e del mio babbo? Se avessero utilizzato bene tutto quel tempo, sarebbero arrivati al giorno della mia nascita con un’idea sufficientemente chiara per una decisione chiara, rapida e adeguata alla mia situazione. Se gli esperti avessero valutato che la mia mamma non era in grado di prendersi cura di me, avrei trovato subito una famiglia pronta per accogliermi: la chiamano adozione o affidamento, mi pare. Se invece la valutazione avesse dato un quadro diverso, non sarei stato allontanato dalla mia mamma e avrei potuto continuare a vivere quel legame, fisico e affettivo, con lei, che era già iniziato da nove mesi. E sì che ci tenevo!

 

Achille mi perdonerà se le sue parole di bambino le ho tradotte con parole di adulto...

Ma il punto è qui. Un bambino non è un foglio di carta che passa dal tavolo di un magistrato alla scrivania di un altro! Sono parole dure queste? Sì. È che ne ho visti troppi di bambini costretti a vivere lunghi tempi d’indecisione e d’incertezza. Mesi, a volte anni, in comunità o case famiglia in attesa di... tempi migliori. Per le lungaggini della magistratura, complici a volte gli stessi specialisti dei servizi (psicologi, assistenti sociali, psichiatri).

 

Il governo e il parlamento stanno lavorando sulla riforma della giustizia. Noi ci contiamo: dateci, finalmente, il TRIBUNALE PER LA FAMIGLIA. Con magistrati e avvocati competenti non solo nella conoscenza delle leggi, ma anche nel saper leggere e considerare la complessità della vita e delle relazioni familiari. Capaci di ascoltare i bisogni dei bambini accanto a quelli degli adulti. Perché la voce dei bambini – ce lo siamo detti tante volte – non viene ascoltata. E troppo spesso diventano invisibili, imprigionati come sono tra i conflitti degli adulti e i cavilli delle leggi.