VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

2 nov 2014

La donna come un computer?

Siamo nella famosa Silicon Valley, in California. L’area geografica dove si concentrano le più grandi case che si occupano di computer, internet e... affini. Due di queste aziende di grande successo, FaceBook e Apple, hanno partorito un’idea straordinaria. Si assumeranno la spesa per il congelamento degli ovuli delle loro dipendenti che intendono investire le energie giovanili nel lavoro e nella carriera. Rimandando a tempi migliori (!?) l’idea di fare un figlio.

A un primo sguardo verrebbe da plaudire alla sensibilità e generosità di queste aziende nei confronti delle loro dipendenti, se pensiamo che il costo di un’operazione di questo genere si aggira intorno ai diecimila dollari all’inizio, più altri cinquecento annui per la conservazione. Ma se guardiamo un po’ più a fondo la cosa, tutto questo plauso pian piano potrebbe sfumare. Fino a diventare un grido di allarme.

 

Nel fare le nostre riflessioni – che riprenderemo ancora, data la loro complessità – ci muoviamo, oggi, su due piani: daremo uno sguardo alla dimensione psicobiologica, e un altro alla dimensione etico-politica.

 

Sul piano psico-biologico.

La salute della donna. Perché si possa procedere al congelamento di un ovulo è necessario che questo venga estratto dal corpo di una donna. Ma un’operazione di questo genere, perché possa garantire una buona percentuale di risultati positivi, richiede che gli ovuli siano un buon numero. E per ottenere questo, dal momento che un ciclo normale fa giungere a maturazione in media ‘soltanto’ un ovulo ogni mese, diventa necessario stimolare l’organismo perché ne produca molti di più, contemporaneamente. Per arrivare a questo risultato la donna viene sottoposta a un ‘bombardamento’ di ormoni che, andando ad alterare l’equilibrio del ciclo, non è certo salutare in un processo così delicato. Esso diventa fonte di stress, sia sul piano biologico sia su quello mentale. Le donne che hanno avuto quest’esperienza – quelle, ad esempio, che sono ricorse alla fecondazione assistita – avrebbero molto da dirci sui disturbi con cui hanno dovuto, o devono ancora, fare i conti.

Un altro punto. La vitalità di un ovulo congelato è inferiore rispetto a quella dell’ovulo che viene fecondato nei giorni in cui è appena giunto a maturazione.

Una terza considerazione riguarda poi il momento in cui si decide di mettere al mondo un bambino. La crioconservazione ‘ferma il tempo’ per l’ovulo – almeno in teoria. Ma non lo ferma per il corpo della donna. Mi spiego.

Il prelievo e il congelamento degli ovociti viene fatto quando la donna è in età molto giovane, intorno ai venti venticinque anni. Perché a quest’età gli ovuli che giungono a maturazione sono più vitali di quelli che matureranno a trentacinque o quaranta. Quando si decide di procedere per la sua fecondazione avremo sì quegli ovuli che abbiamo estratto dieci quindici anni prima, ma... Ma l’utero che oggi deve accogliere l’uovo fecondato e ospitare la crescita del bambino, il sistema ormonale di questa donna, la muscolatura del suo corpo e tutti gli organi e gli apparati... ora di anni ne hanno di più. E come starà tutto questo dal momento che per loro il tempo non si è ‘fermato’?

Tanti interrogativi aperti sulla ‘validità’ di tutto il processo, dunque. Dal punto di vista biologico.

 

E ora l’altro piano: quello etico-politico.

Mi chiedo: non sarà che queste grandi aziende mettono la produzione al primo posto e considerano ancora le persone come dei numeri che alla produzione stessa vanno sacrificati? La proposta che fanno ai loro dipendenti e alle loro dipendenti non sarà quella di mettere la carriera e il successo professionale al primo posto, subordinando a questi perfino la costruzione di una famiglia? Non sarebbe molto più semplice e, soprattutto, più rispettoso dei ritmi naturali della vita, mettere a disposizione delle giovani madri e delle giovani coppie asili nido aziendali e altri servizi per i bambini? Non sarebbe più sano, e più rispettoso della vita, riconsiderare i tempi e gli orari di lavoro di una giovane mamma? Tempi e orari compatibili con la crescita di un bambino?

 

Lo so che queste aziende lavorano con i computer. Che si possono accendere e spegnere quando e come vogliamo. Se non siamo svegli, però, rischiamo di dimenticare che l’essere umano (un uomo e una donna che mettono su famiglia, e un bambino che ha bisogno di avere due genitori che si prendano cura di lui) ha i suoi tempi. Definiti dalla natura. Che non ci ha forniti di interruttori per accenderci e spegnerci quando e come vogliamo.

I tempi della psicologia e della biologia non sono i tempi della tecnologia. L’essere umano non è un computer.

(1. continua)