VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

1 giu 2014

Grazie, bambini!

Venivano dalla Libia dopo essere scappati dalla guerra in Siria. Centotrentatre bambini, uno accanto all’altro su un barcone, hanno attraversato il Mediterraneo e la nostra Marina li ha salvati.

Una bella notizia. Di cui avevamo proprio bisogno. Soprattutto in questi giorni in cui tra urlatori, pregiudicati e prime-donne ci siamo trovati sommersi e travolti in una campagna elettorale in cui il gioco tra i contendenti era più quello di sputarsi addosso quante più offese possibili, piuttosto che aiutarci a comprendere il senso delle votazioni che ci aspettavano. Questi bambini, salvati, ci hanno riportato la speranza.

 

Oggi che ci leggiamo la campagna elettorale è finita. E abbiamo anche votato. Finalmente!

 

Permettetemi qualche riga per lamentarmi. Anzi, per INDIGNARMI. Per non perdere la speranza. Già in altra occasione ricordavamo le parole di un filosofo cristiano vissuto circa milleseicento anni fa, S. Agostino. La speranza, scriveva, ha due figli: l’indignazione e il coraggio.

 

Non è la prima volta che mi sorprendo a dirmi: ma come abbiamo fatto a sceglierci questi politici? Io non mi sento rappresentato da loro. Portano valori che non sono miei. Fanno sopra le nostre teste i loro giochi di potere, rimescolando le carte e scambiandosi offese e favori. Senza pudore, senza ritegno, senza quel minimo di umanità che invece noi cittadini comuni sappiamo coltivare. Sarà che sto invecchiando, ma questa volta mi pare che le cose siano state ancora più pesanti del solito. Minacce, giudizi sparati per fare colpo di fronte agli elettori, parole e slogan urlati e appesantiti con volgarità a non finire. Senza il minimo pudore, senza quel po’ di rispetto per le istituzioni della democrazia e per noi cittadini. Un rispetto che rivendico perché credo proprio che lo meritiamo.

Ma loro, i politici, in buona compagnia con tanti imprenditori al cui dio – il guadagno ad ogni costo – sanno sacrificare ogni dignità e ogni senso di giustizia, credono di poter vivere tre metri sopra le nostre teste. Calpestandoci e trattandoci come tanti numeri. Da raccattare e ammucchiare nel loro carnet di voti.

 

No. Noi non siamo come loro. Noi cittadini normali, noi che camminiamo con i piedi sulla terra, e fatichiamo giorno dopo giorno per arrivare alla fine del mese, sappiamo coltivare sentimenti di umanità che nessuno potrà mai toglierci. E non mi piace quando si dice male di noi italiani. Sai come sono gli italiani, no? Oppure: ma si sa come siamo fatti noi italiani. E via di questo passo.

Come siamo fatti?

 

Ecco come siamo fatti. Sicuramente migliori di tanti nostri rappresentanti. E possiamo esserne orgogliosi. Ma non facciamoci fregare quando parlano male di noi. Noi siamo quelli che sosteniamo i nostri soldati quando vanno a salvare vite umane che si perdono nel Mediterraneo piuttosto che quando vanno a rispedire indietro degli esseri umani. Siamo quelli che sappiamo accorrere per impedire a questi disgraziati, costretti a fuggire dalla miseria e dalla guerra, di morire in mezzo al mare dove altri uomini, indegni di questo nome, li abbandonano dopo averli ulteriormente sfruttati. Vergognosamente spolpati. Siamo quelli che, nonostante le difficoltà in cui versa la nostra economia e il nostro mondo del lavoro, siamo capaci di non tirarci indietro e di dare accoglienza.

 

Noi italiani siamo questi. E i centotrentatre bambini che questi giorni sono arrivati su quel barcone traballante ce l’hanno ricordato. Con il loro sorriso. Con la loro gratitudine. Con la loro voglia di vivere. I bambini sono così. Sono così i bambini di tutto il mondo. Sono i nostri maestri se noi adulti sappiamo ascoltare la loro energia di vita, incapace di coltivare pensieri di odio o di razzismo o di egoismo.

 

Grazie, bambini. Grazie perché ripagate con il vostro sorriso la nostra fatica. Quella quotidiana. Grazie, perché ci fate riscoprire la solidarietà umana. Ci date l’opportunità di aiutarvi a vivere. E a non morire nei paesi in cui siete nati e che la politica dei nostri paesi, civili e ricchi – senz’altro più ricchi dei vostri – ha paura di toccare.

 

La vita di questi bambini, e quella delle tante migliaia di persone che giorno dopo giorno arrivano in questa nostra Europa per la quale abbiamo votato, è fonte di speranza se sappiamo guardarla anche con gli occhi del Maestro che, portando il suo Vangelo, diceva addirittura: “Ciò che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40).