VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

23 mar 2014

Dov'è il purgatorio?

Da tempo c’è una domanda che mi sta a cuore: dov’è il purgatorio? Io penso che il purgatorio sia quello che facciamo qui, con tutta la fatica e i dolori che accompagnano la vita di ogni giorno. Sono proprio fuori dalla verità? (…) Spero di non essere fuori dal seminato: la mente e l’anima questa domanda se la possono fare…

Augusto

 

Mio caro Augusto, non creo che lei sia fuori dal seminato. La psicologia non può trascurare le dimensioni dell’anima. Né questa può camminare ignorando la complessità della mente. Il problema sarà invece che io non so rispondere a una delle sue domande. “Sono proprio fuori dalla verità?” lei mi dice. La mia risposta è semplice: chi sono io per dire quale sia la verità? Proverò quindi a rispondere all’altro suo pensiero quando scrive “Io penso che il purgatorio sia quello che facciamo qui”. Perché a me questo pensiero non pare troppo lontano da una possibile verità.

 

Intanto guardiamo questa parola. ‘Purgatorio’ deriva dal verbo latino purgare che significa pulire o anche purificare. La tradizione ci porta ad immaginarlo come un luogo dove questa purificazione possa avvenire, e addirittura un tempo che ne esprima anche una durata. Le fantasie dei pittori o dei poeti o anche di certi predicatori ci hanno parlato di fiamme, fuoco, e cose simili… un po’ rifacendosi ad aspetti della nostra esperienza. Il fuoco, in determinate circostanze, è un ottimo elemento per liberarci di cose o oggetti che altrimenti sporcherebbero o addirittura inquinerebbero i nostri spazi di vita. Con il fuoco degli inceneritori ci liberiamo dai rifiuti che altrimenti si accumulerebbero nelle nostre case e nelle nostre città.

È facile quindi vedere come associare l’immagine del fuoco al processo di purificazione non è poi così difficile. L’idea del fuoco purificatore è presente anche in molte tradizioni religiose vicine a noi.

 

Ma com’è fatto e dov’è questo purgatorio? Anche nella tradizione cristiana, le chiese non parlano del purgatorio come di un luogo. Di un posto. Dicevo già sopra, i pittori hanno dovuto per forza rappresentarlo con delle immagini. Così anche i poeti: Dante vi ha dedicato ben 33 canti della sua Commedia, un terzo dell’intera sua opera. Nel Catechismo della Chiesa cattolica troviamo scritto: «La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti» che sono «coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati (…) e vengono sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo» (nn. 1030 e 1031).

 

Ora lei, Augusto, dice che le piace pensare che la vita che noi viviamo, con le sue fatiche e i suoi pesi, potrebbe essere il nostro purgatorio. Un tempo di vita, che sia anche tempo di purificazione. Quindi di crescita.

Proprio la settimana scorsa ci facevamo delle domande circa la possibilità di guardare la vita di oggi come una fase. Una tappa, in un cammino che oltrepassa i pochi o tanti anni della vita presente. Provavamo a confrontarci con chi vede negli anni dell’oggi un ‘momento’, in un cammino di vita assai più lungo e complesso. Un cammino che alla fine permette ad ogni anima di completare il suo percorso di crescita fino alla pienezza della perfezione. Percorso che oggi, nel contesto dei pensieri che ci stiamo scambiando, possiamo anche chiamare processo di purificazione. Un processo che, riprendendo le parole che abbiamo citato sopra, conduca infine ad «ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo».

 

Potremmo chiamare allora la vita di oggi il tempo del purgatorio? Perché no?

Quando noi parliamo di tempo e di spazio, naturalmente non possiamo che parlarne in base alla nostra esperienza. Per il noi il tempo è quello che misuriamo in minuti o in anni. Lo spazio è quello che ci è dato dall’ampiezza di un luogo (una stanza, una casa, una montagna) e dalle distanze che uniscono e separano un posto da un altro. Quale sia il tempo, quale lo spazio per la vita dopo la morte, è una domanda alla quale la nostra mente non sa trovare una risposta soddisfacente. Per questo, la volta scorsa, ci dicevamo della necessità di coltivare nella nostra anima la dimensione di mistero.

Qualche anno fa, in uno dei nostri primi incontri su queste pagine, ci scambiavamo l’invito a condividere i nostri pensieri e la nostra preghiera CON i nostri defunti. Piuttosto che ‘semplicemente’ pregare PER loro.

Perché non pensare che, anche se essi risultano invisibili ai nostri occhi, insieme, noi e loro, stiamo percorrendo lo stesso cammino di purificazione? Abitiamo… lo stesso ‘purgatorio’?