VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

13 gen 2013

1 gennaio. Giornata mondiale della pace

La pace... con le donne (1)

È ormai tradizione che il primo giorno di un nuovo anno sia dedicato alla PACE. Anche noi, in questi incontri settimanali vi abbiamo aderito, anno dopo anno, con le nostre riflessioni. “Beati i costruttori di pace” diceva il Maestro di Nazareth duemila anni fa. Quest’anno la nostra capacità di costruire la pace proviamo a guardarla in un’area che, secondo me, rimane troppo spesso in ombra. Un’area nascosta, o addirittura ignorata. Due fatti ci spingono a guardarla.

 

Il primo. Proprio questi giorni la stampa ci ha raccontato che sulla bacheca di una chiesa era stato esposto un articolo apparso in un blog a proposito dei tanti delitti commessi contro le donne, in cui, a un certo punto, si diceva: «Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti e che il cervello sia partito? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, (...) si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti». Le donne!

E noi uomini? Ma che, siamo a tal punto incapaci (= idioti) che non siamo più in grado di controllare i nostri impulsi? Se anche ci fosse una provocazione – e non possiamo certo escludere che ce ne siano – noi uomini siamo forse così infantili da non essere in grado di far funzionare la nostra testa? Incapaci di ragionare, di pensare, di guidare con sufficiente maturità anche la nostra rabbia? Incapaci di affrontare i rancori, le offese ricevute?

Stiamo svegli! O torneremo, piano piano, ad appellarci al delitto d’onore. Delitto e onore. Mi chiedo come possano camminare insieme queste due parole. Delitto: l’azione peggiore che un essere umano possa compiere. Onore: un sentimento elevato, capace di stimolare atteggiamenti e comportamenti di grande nobiltà. È vero, il pensiero mafioso pretende di coniugarle insieme. Ma è il pensiero mafioso!

Non voglio sostenere che le donne siano sempre innocenti e soltanto vittime in certe relazioni cariche di violenza. Anch’esse la esprimono certe volte, anch’esse assumono atteggiamenti e mettono in atto comportamenti sporchi, meschini, ricattatori. Ma da qui a giustificare un uomo che uccida una donna, ce ne corre. E siamo noi uomini che, per primi, lo dobbiamo sostenere. Anche solo per la nostra dignità, quando non vogliamo ammetterlo per amore di verità. E per rispetto, verso la donna e verso noi stessi.

 

E ora il secondo fatto. Fonte, ’sta volta, di speranza.

Il 20 dicembre dello scorso anno l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che invita i 193 Stati membri dell’ONU a proibire le mutilazioni genitali femminili, definendole «un abuso irreparabile e irreversibile» che minaccia tre milioni di bambine e ragazze ogni anno. La risoluzione non è vincolante, ma non possiamo non vederla come un passo avanti se l’istituzione mondiale più alta chiede, finalmente, a tutti gli Stati di «prendere tutte le misure necessarie, anche legislative, per proibire le mutilazioni genitali femminili e proteggere le donne e le ragazze da questa forma di violenza». Pensate, l'Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) stima che sono circa 140 milioni le ragazze e le donne, nel mondo, che sono state sottoposte a questo genere di mutilazioni. E non è un segreto che anche nella nostra civile Italia, all’interno di certi gruppi, si continua a perpetrare questa pratica.

Giustificazioni culturali. Giustificazioni religiose perfino. Ma se proprio vogliamo essere sinceri, dobbiamo riconoscere che ancora una volta la radice profonda sta nella contrapposizione tra l’uomo e la donna. Nel progetto del maschio di dominare e sottomettere la femmina. L’uomo si rivela incapace di pensare e di guardare se stesso e la donna come i due volti della medesima umanità. Come due modi diversi in cui l’umanità tutta si esprime e riconosce se stessa, la propria identità.

 

Credo che sia proprio questo il punto. Riconoscerci, donne e uomini, ospiti alla pari in questo nostro mondo. A conclusione del mito delle origini lo scrittore sacro ricorda che «Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati» (Genesi 5,1). Maschio e femmina «a somiglianza di Dio». Non maschio soltanto. Non femmina soltanto.

Mi chiedo allora come possano, proprio coloro che si richiamano alla religione (a qualunque religione), prendere questa a pretesto e fondamento di disparità e di sopraffazioni. Eppure è palese e sotto gli occhi di tutti come perfino certe tradizioni religiose e certi insegnamenti consolidati nel tempo continuino a giustificare e a fondare discriminazioni e disparità.

 

«All’uomo di pace appartiene il futuro» è scritto nel libro dei Salmi (37,37). Il futuro dell’umanità richiede che l’uomo sia costruttore di pace insieme con l’altra parte di sé: la donna.