VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

15 set 2013

Elogio della disonestà?

Lascia sempre disorientati una storia che Gesù ha voluto raccontare ai suoi mentre, insieme, stavano facendo l’ultimo viaggio verso Gerusalemme.

C’era un amministratore che, minacciato dal suo padrone di venire licenziato, va dai vari debitori di questo signore e con loro, piano piano, falsifica le carte in modo che denuncino di meno rispetto a quanto avevano prodotto e guadagnato, così che possono evadere parte di quanto devono pagare e tenersi di più per loro stessi. Fin qui, niente di strano: evadere le tasse sembra un desiderio che ci è sempre appartenuto. In tutti i tempi e in tutte le società. Ma lo strano arriva ora.

Quando lo viene a sapere, il padrone elogia il suo amministratore perché aveva agito con scaltrezza. Sapeva bene, infatti, che agendo così si faceva degli ‘amici’ che al momento opportuno, quando il padrone l’avesse licenziato davvero, in un modo o nell’altro l’avrebbero aiutato. Come si dice, una mano lava l’altra…

Noi ci aspetteremmo che almeno Gesù si pronunci, criticando sia la disonestà dell’amministratore sia l’elogio, per lo meno complice se non ingenuo, che ne fa il padrone. Nient’affatto. Lui prende addirittura ad esempio quest’amministratore e sottoscrive l’elogio del padrone. “I figli di questo mondo – dice – nelle loro cose sono più astuti di quanto non siano i figli della luce [nelle loro]” (Cfr. Luca 16).

Parole tranchant. Parole che diventano una frustata all’indolenza e alla tiepidezza di chi vorrebbe coltivare pensieri e atteggiamenti di onestà e di altruismo (= i figli della luce), ma non sa lottare per i propri valori. Una frustata alla tiepidezza e all’indolenza di chi non ha più la forza di scandalizzarsi di fronte alle ingiustizie e alla violenza. Di fronte alla prepotenza del più forte.

Indolenza, tiepidezza e apatia, sembra sottolineare questa parabola, che però non appartengono affatto a coloro che sempre e ad ogni costo si fanno gli affari propri. Fregandosene altamente di chiunque altro. Costoro ce la mettono e ce la metteranno sempre tutta, pur di raggiungere i loro scopi.

 

In questi giorni, dentro e fuori casa nostra, ci troviamo di fronte a situazioni pesanti e gravi. Stragi di persone inermi e impossibilitate a difendersi; capi di governo occupati soltanto a conservare i propri privilegi, incapaci di guardare ai bisogni dei loro cittadini; atti di terrorismo perpetrati addirittura in nome di una religione; eserciti e forze dell’ordine mandati a uccidere chi manifesta contro un regime antidemocratico. E il mondo sta a guardare, imprigionato nel conflitto tra i grandi. E quando qualcuno vuol mettere mano a tanta ingiustizia, sembra capace di pensare soltanto ad aggiungere altra violenza. Ad alimentare la guerra. Interessi di parte che continuano a prevalere sul bene comune.

 

Se poi guardiamo in casa nostra, in Italia, sembra averci colpito una medesima paralisi. Tutto il mondo della politica bloccato sulle vicende di un signore che pretende di collocarsi al di sopra di ogni legge e di ogni regola di civile convivenza. E noi? Cittadini che vivono con un lavoro sempre più traballante, pensionati che arrivano sì e no a fine mese, giovani per i quali un lavoro è soltanto un miraggio… Problemi di bassa lega, problemi di gente comune. Come possiamo pretendere che arrivino ai palazzi del potere? Adesso i grandi, gli uomini della politica, hanno ben altro cui pensare. Salvare o non salvare il Grande Evasore? Questo è il problema! Di fronte ai problemi di casa nostra, di fronte ai problemi del mondo, noi siamo qui. Paralizzati intorno alle vicende di un signore che continua a piangersi addosso, povera vittima della giustizia. E a minacciare: muoia Sansone con tutti i Filistei! E tutto questo, in un silenzio spaventoso (o spaventato?) perfino da parte di chi dovrebbe portare un po’ di luce: la luce del Vangelo.

 

Aveva proprio ragione il Maestro di Nazareth. I figli di questo mondo sono molto più scaltri, nel farsi gli affari loro, di quanto non siano i figli della luce nel lavorare perché nel mondo il bene e la giustizia abbiano, finalmente, a vedere la Luce.

È vero, noi che ci ritroviamo qui, a scambiarci i nostri pensieri settimana dopo settimana, siamo piccoli, non contiamo agli occhi del mondo. La televisione non ci fa i primi piani, i giornali non parlano di noi, il mondo della politica e della finanza cammina tre metri sopra la nostra testa. Ma non per questo ci perdiamo d’animo.

È senz’altro fonte di speranza, per le forze del bene, la grande risposta che è arrivata all’invito di Francesco di condividere una giornata di digiuno e di preghiera. Digiuno e preghiera che diventano tempo di silenzio e tempo di riflessione. Tempo che alimenti la consapevolezza su come stiamo amministrando questo nostro mondo. Che la Vita – che i credenti possono chiamare il Creatore – ha messo nelle nostre mani.