VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

10 mar 2013

8 marzo. Giornata di riflessione sulla donna

Abbiamo ancora molto da imparare

È strano, donne e uomini, compagni di strada da milioni di anni, ancora non abbiamo imparato a riconoscerci nell’appartenenza reciproca e nella differenza.

 

Nel mito delle origini, che sta a fondamento della nostra cultura, l’Adàm (= il Terrestre) trova la parola nel momento in cui incontra l’Altra, simile a sé e nello stesso tempo diversa. Solo allora infatti dice le sue prime parole: “Questa volta sì che è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne!”. La riconosce come parte di sé (= costruita con un suo “fianco”) e come l’unico tra gli esseri viventi finalmente alla sua altezza. Un essere umano alla pari (= “un alleato che gli corrisponda”). Aveva incontrato tutti gli animali della terra, ma non ce n’era uno “che gli corrispondesse”. Lo stesso Creatore, ci dice il mito, aveva riconosciuto tra sé e sé che non era “buono” ciò che aveva fatto. E solo dopo aver costruito il terrestre nella sua completezza, nel suo essere maschio e femmina, soltanto allora si dice soddisfatto della sua opera e riconosce in questa sua creatura la propria “immagine” (Cfr. Genesi 2).

 

Poi sembra che abbiamo dimenticato quel grido di gioia che ci aveva fatto uscire le prime parole, e siamo entrati in una sorta di oblio. Fatto di lontananza, distacco, opposizione. Conflitto. Il terrestre-uomo contro il terrestre-donna. Anche in questi nostri incontri settimanali ci siamo fermati più volte a riflettere sulla distanza che sembra guidare ancora, nel nostro tempo, le relazioni tra uomini e donne. E non mi riferisco soltanto a quegli estremi che si traducono in violenze e omicidi. Voglio guardare, in questo 8 marzo, a quei momenti che ci accompagnano, giorno dopo giorno, e ai quali, magari, non facciamo più caso. Tanto fanno parte del nostro quotidiano.

 

Penso a quella cultura di volgarità che ci fa sorridere quando un uomo, magari anche uomo di potere, si permette di offendere con battute e battutine una donna che non gli può rispondere ‘alla pari’, ma che gli deve stare sottomessa. O a quelle situazioni in cui un uomo si sente in diritto di ‘comprare’ una donna, le donne, solo perché i suoi soldi lo fanno sentire padrone e signore.

 

Penso a quelle situazioni in cui alle donne, nel XXI secolo, non è ancora permesso di accedere agli studi. Ci sono nazioni in cui bambine e ragazze non possono neanche andare a scuola. Perché i loro uomini hanno deciso così. A loro giustificazione, a loro interesse, si rifanno perfino a tradizioni religiose. Il terrestre-uomo si fa padrone del terrestre-donna. In nome di che cosa? Solo in nome di una forza fisica? Ma non è questa la legge della foresta, dove l’animale più grosso domina sul più piccolo? Dov’è andato quell’uomo delle origini che ha gridato di gioia alla scoperta di non essere più solo, perché finalmente c’era un altro essere vivente alla pari con lui?

 

Ma rientriamo, ora, in casa nostra. Temo che dovremo riconoscere che anche noi, pur avendo fatto tanta strada nella ricerca di una pari dignità, di strada ne abbiamo ancora molta davanti. Penso al mondo della politica, al mondo del lavoro, alla divisione dei compiti nelle nostre famiglie. A tutte quelle situazioni in cui sulle spalle delle donne mettiamo compiti e doveri, ma non riconosciamo loro la capacità di svolgere funzioni e servizi che molto guadagnerebbero da una loro presenza più attiva.

 

Dicevo sopra di come ancora in certi paesi si ricorre perfino alla religione per giustificare certe discriminazioni. Stiamo all’erta, però. Certo, in Italia, in Europa, nel nostro mondo occidentale siamo fuori da simili estremi. Ma io credo che anche noi abbiamo bisogno di richiamarci alla vigilanza e imparare a guardare con occhi aperti e liberi a tante situazioni.

Questi giorni – ci dicevamo anche la volta scorsa – sono giorni particolari per noi Cristiani. Particolari perché giorni di un ‘tempo forte’, la Quaresima. Ancora più particolari, quest’anno, perché come Chiesa, dopo le dimissioni di Papa Benedetto, stiamo vivendo l’attesa di una nuova Guida, che lo Spirito vorrà darci.

 

Anche come Chiesa, credo, dobbiamo riflettere con attenzione e apertura d’animo su tanti atteggiamenti e comportamenti, legati più a tradizioni secolari che al Vangelo, in merito al posto che la donna occupa nella Comunità dei credenti (= la Chiesa). Nella piccola comunità dei discepoli di Gesù di Nazareth le donne erano molto presenti e attive. E questo era una grande novità, una provocazione, ai suoi tempi: un vero maestro non doveva sprecare il suo tempo e il suo insegnamento con le donne. Ma Lui non si è fermato qui. Pensiamo all’ultima ‘provocazione’ che ci ha lasciato. Le donne, allora, non potevano neanche testimoniare in un tribunale: la loro parola non aveva nessun valore. Che fa Gesù? Per testimoniare agli altri discepoli che era risorto da morte manda una donna, Maria di Magdala. Era la ‘notizia’ più importante che Lui potesse dare, la notizia a fondamento di tutta la nostra fede. E Lui la mette sulla bocca di una donna.

Caro Maestro, dopo duemila anni quante cose abbiamo ancora da imparare da te…