VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

25 nov 2012

Di fronte al dolore del vivere

Una sorgente di speranza (3)

Noi diciamo dolore del vivere. Ma cos’è questo dolore? Da dove nasce? Che cosa lo alimenta? E dove si colloca? Come e dove si nasconde, al punto che a volte sembra emergere all’improvviso e con una forza che ci disorienta?

Io credo che quello che chiamiamo dolore del vivere altro non sia che la nostra difficoltà a vivere il tempo presente. Nella sua duplice dimensione: come il tempo che racchiude le nostre esperienze passate, e contemporaneamente come il tempo che si proietta nel futuro che la vita ci mette davanti.

 

Il passato ci parla. Il suo discorso si chiama ‘bilancio’. Quando questo arriva al nostro sguardo come sufficientemente positivo, il tempo passato acquista i colori della serenità e della pace. Quando invece il bilancio è in rosso – o, per lo meno, così ci appare – la lingua con cui ci parla si muove tra il peso del rimorso e l’altro, altrettanto doloroso, che chiamiamo rimpianto. Rimorso per gli errori che possiamo aver fatto. Rimpianto per le scelte che non abbiamo avuto la forza di costruire e di cui oggi sentiamo la mancanza.

 

Anche il futuro ci parla. Il suo discorso si chiama ‘progetto’. E questo si muove tra due sponde: la speranza e la mancanza di essa. La speranza ci fa vedere che i progetti che abitano la nostra mente hanno buone prospettive di realizzazione. Certo da costruire, ma oggi la costruzione ci appare possibile, la strada percorribile. Sentiamo di avere le forze sufficienti per incamminarci nella direzione che desideriamo.

La mancanza di speranza dà ai progetti il colore dell’impossibilità. Essi appaiono troppo grandi per le nostre forze, irraggiungibili, impensabili. E questa sensazione di impossibilità opera come in una doppia direzione: da una parte li ingigantisce, così da farceli vedere ancora più difficili da raggiungere di quanto non siano realmente, dall’altra toglie loro la vita. Diventano sogni, destinati a morire. E se muoiono i nostri sogni… cosa ci rimane per illuminare il tempo che ci aspetta? Diventa un tempo senza futuro. Un tempo senza speranza.

 

Passato e futuro camminano insieme. Perché insieme essi costruiscono il nostro presente.

È chiaro che se il loro è un discorso positivo, noi sentiamo che la vita ci è amica. Le difficoltà che pure possiamo incontrare non sono insormontabili, le fatiche che ci pesano ci appaiono proporzionate alle nostre forze. E così sentiamo che il presente ha un senso, un senso che si chiama vita. Vita che costruisce e che si trova in armonia con il nostro tempo.

Quando invece il passato ci parla di colpe, rimorsi, rimpianti, e il suo peso oscura la speranza di cambiamento, allora ai nostri occhi appare il buio. E il buio rischia di impedirci di vedere ogni forma di luce. Che pure ci abita. Abita la nostra anima. Perché la luce appartiene alla vita.

 

Quale strada, allora, per prenderci cura di un passato doloroso o di un futuro che ci appare senza speranza?

Rimproverarci il passato per le cose non fatte o per gli errori commessi, possiamo farlo. Ma è necessario che facciamo poi un passo avanti: trovare la strada del perdono. Perdono verso noi stessi. Se qualche tempo fa abbiamo fatto una scelta, significa che allora essa appariva ai nostri occhi come la strada migliore, o come la sola percorribile, tra tutte quelle che avevamo davanti. Lo sguardo con cui oggi guardiamo quel tempo passato, è uno sguardo diverso. L’ampiezza, la maturità, la profondità e la distanza emotiva con cui oggi ri-guardiamo quel momento, sono completamente diverse da quelle che avevamo allora. Allora c’eravamo dentro. Proprio dentro. Con tutto il coinvolgimento, fatto di preoccupazioni e di tensioni che alimentavano le ragioni che ci hanno portato verso quella decisione.

Alla maturità di oggi dobbiamo chiedere di aiutarci a comprenderci, ad attivare un sentimento di com-passione verso quella persona che eravamo noi stessi qualche tempo fa. È questo sentimento il terreno sul quale nasce il perdono. È questo sentimento che ci aiuta a guardare il futuro che abbiamo davanti, con fiducia, sapendo che in noi ci sono le forze necessarie per costruirlo.

 

E il ritrovare vicinanza e solidarietà con noi stessi ci permette di accogliere e di ricevere anche vicinanza e solidarietà dalle persone che ci sono e ci saranno vicine. Questo sentimento di fiducia nella Vita – che, se credenti, possiamo chiamare Padre-e-Madre amorevole – ci permette, poi, di sentirci fra le Sue braccia. Sicuri che quanto più sono duri certi momenti, tanto più le Sue braccia si fanno forti e accoglienti.

(3. fine)