VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

8 lug 2012

Una lettera... dispersa?

Cinque bambini di prima elementare sono stati bocciati in una scuola della Toscana.

 

Non lontano da lì, in un paesino di montagna in provincia di Firenze, sessant’anni fa è partita una lettera. Che, però, ancora non sembra arrivata al destinatario. È la LETTERA A UNA PROFESSORESSA. L’hanno scritta i ragazzi della scuola di Barbiana, quella di don Lorenzo Milani (che abbiamo incontrato appena qualche settimana fa su queste pagine, ricordate?).

Proveremo a leggerne insieme qualche riga. Magari ci aiuta a ragionare meglio.

 

Per tanti anni il lavoro mi ha portato dentro la scuola: come insegnate prima, poi da psicologo. Una cosa che trovo ricorrente è che nella nostra scuola dell’obbligo, insegnanti e dirigenti si sentono spesso prigionieri. Prigionieri del programma e prigionieri dei genitori dei loro bambini. Con il rischio, così, di dimenticare che il programma è a servizio degli alunni, e non viceversa. E che i genitori hanno bisogno di essere ‘educati’ dagli insegnanti a comprendere che cosa la scuola può e deve dare ai loro figli, e che cosa questi hanno veramente bisogno di trovare andando a scuola. Il problema è che quando ci si sente ‘prigionieri’ non si dispone della libertà necessaria per riflettere e valutare con tutta quella serenità e attenzione che un lavoro così importante richiederebbe.

 

Ascoltiamo cosa scrivono i ragazzi di Barbiana.

«Nella nostra scuola, a Barbiana, nessuno era negato per gli studi. Chi era senza basi, lento o svogliato, si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti».

A molti di noi questo sembrerà esagerato. A me ricorda un altro Maestro, vissuto parecchio tempo fa, che secondo me ragionava allo stesso modo. Lui diceva che per trovare una pecora smarrita, il pastore, quello vero, è capace di lasciare le altre novantanove nel deserto e va a cercare quella perduta finché non la ritrova. Esagerato? Forse sì ai nostri occhi miopi. Ma Lui la pensava così. Non solo, diceva che anche il Padre la pensa allo stesso modo e si comporta proprio così con noi, figli suoi.

 

Ma torniamo ai nostri ragazzi. Alcuni loro amici erano stati bocciati, e loro non se ne danno pace. «Dei sei ragazzi bocciati, quattro stanno ripetendo la prima. Per la scuola non sono persi, ma per la classe sì. Forse la maestra non se ne dà pensiero perché li sa al sicuro nella classe accanto.  Forse se li è già dimenticati. Per lei, che ne ha trentadue, un bambino è una frazione. Per il bambino la maestra è molto di più. Ne ha avuta una sola e l’ha cacciato».

 

Poi, dopo averci ragionato ancora, così continuano:

«Se ognuno di voi sapesse che ha da portare innanzi a ogni costo tutti i ragazzi e in tutte le materie, aguzzerebbe l’ingegno per farli funzionare. Io vi pagherei a cottimo: un tanto per ragazzo che impara tutte le materie. O meglio, multa per ogni ragazzo che non ne impara una. (…) Allora lottereste per il bambino che ha più bisogno, trascurando il più fortunato, come si fa in tutte le famiglie. Vi svegliereste la notte con il pensiero fisso su di lui a cercare un modo nuovo di far scuola, tagliato su misura. Andreste a cercarlo a casa se non torna. Non vi dareste pace, perché la scuola che perde Gianni non è degna d’essere chiamata scuola».

 

Neanche questo pensiero è così nuovo, sapete? Si racconta che nell’antica Cina, quella dei Mandarini, il medico veniva pagato per tutto il tempo in cui i suoi pazienti erano in salute. Quando qualcuno si ammalava, al medico non veniva data la parcella perché significava che non stava facendo bene il suo lavoro.

 

Ancora un pensiero che i ragazzi di quella scuola ‘speciale’ ci scrivono: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia».

Lo so bene che ci sono insegnanti che non ci dormono di notte per qualcuno dei loro alunni che non va. Il mio desiderio è che di insegnanti così possa riempirsi la scuola. Questo sarà il segno che quella LETTERA è finalmente arrivata!