VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

27 mag 2012

La preghiera di un padre

Quando tutto accadde, non ti accettai. Chiedendo a Dio di cambiarti e guarirti, mentre guardavo i tuoi occhi a mandorla ancora chiusi.
Ma poi, quando apristi quei meravigliosi occhietti vispi e enormi, e mi guardasti negli occhi con quello sguardo profondo, cercando solo sorrisi e amore, con quello stupore e candore che solo i bambini hanno, completamente indifesa e minuscola, fu come se Gesù stesso mi dicesse: “Ecco una delle mie creature e figlie predilette! Te l’affido, abbine cura”.
In quel momento, mentre mi fissava, capii che non era lei mancante, ma io.
Oltre ad un cromosoma in più, aveva qualcos’altro che noi ‘normali’ non abbiamo.
Da quel giorno non ho più pregato che Dio ti cambiasse, ma che Egli continuasse a cambiare noi, tramite te!
“Il regno dei cieli è dei bimbi”.
Oggi, se potessi tornare indietro e avessi la facoltà di scegliere mia figlia, chiederei di riavere te.


Così scrive Lino, il padre di una bambina con sindrome di Down. E il suo scritto gira sulla rete, in attesa che qualcuno lo ascolti e si fermi, anche solo un momento, ad ascoltare.


Se voi chiedete a una coppia che aspetta un bambino che cosa li preoccupa di più, la prima risposta che vi arriva è “Che questo figlio non sia sano”. Poi vi diranno qualcosa anche sul maschio o la femmina… e poco altro.
Non è facile accogliere un figlio che abbia in sé una qualche disabilità. Nessuno si augura di dover vivere una tale esperienza. Non solo per i problemi che un figlio disabile porta in famiglia, ma anche perché, come genitori, ci proiettiamo nel futuro e subito ai nostri occhi arrivano le tante difficoltà che questo bambino dovrà affrontare lungo il viaggio della vita.
In una società dell’apparire, chi ‘non appare’ in una forma perfetta e smagliante è un perdente e un emarginato. Uno difettato. Per lui non c’è posto accanto agli altri. Meno ancora c’è quello spazio fatto di attenzione e accoglienza che tutti noi, donne e uomini di ogni età, desideriamo incontrare.


Per tanti anni ho lavorato con famiglie con un figlio disabile. Tanta fatica ho incontrato nei genitori e nei fratelli di questi bambini – ragazzi poi, oggi adulti. Ma accanto alla fatica e al disorientamento, in queste famiglie ho sentito affetto, amore, attenzione. Ho visto uno sguardo che sapeva vedere oltre, dove neanche io sapevo arrivare. Io, che per professione dovevo dare loro quell’aiuto di cui potevano aver bisogno, scoprivo, giorno dopo giorno, che c’era una cosa che io dovevo imparare da loro: i veri valori nella vita.


Quattro anni fa, poi, arriva Giulia, una nipotina che è entrata con tutto il suo ‘sapere’ in una casa che è un po’ anche la mia casa.
Anche lei ha sulle spalle una strada più faticosa di quella di tanti altri bambini. Ma i suoi occhi e l’energia con cui fa suo ogni nuovo apprendimento, ogni nuova scoperta, oltrepassano qualunque teoria e conoscenza scientifica. Perché il mio sapere, il sapere delle scienze mediche e psicologiche, si ferma a un certo punto. Sa spiegare il danno genetico, la malformazione dei cromosomi. Ma oltre non sa andare.
Perché oltre posso andare soltanto se ascolto con il cuore, se guardo con uno sguardo che si lascia illuminare dal Cielo.
Quando sono attento, ogni volta che gli occhi di Giulia s’incontrano con i miei, la sua anima e la mia anima si parlano. E insieme esse parlano di Vita.

 

Mi chiedo se non era qui che voleva portarci Gesù di Nazareth quando, mettendo in grande difficoltà i grandi e i ‘dottori’ del suo tempo – e del nostro tempo! –, diceva: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così è piaciuto a te» (Luca 10,22).


Ora so che posso solo ringraziare la Vita. Che mi ha fatto incontrare tali ‘maestri’. Anime forti, capaci di affrontare e superare salite che il mio fiato non saprebbe reggere.


Insieme con Lino possiamo anche noi dire: “Non ti preghiamo di cambiare loro. Ma di cambiare noi. Tramite loro”.