VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

12 feb 2012

Genitori... analfabeti?

I giornali di questi giorni ci hanno dato una notizia: «Ha dieci anni. Si fotografa nuda su Internet». Sembra impossibile, invece è proprio così. Perché farlo è elementare, è alla portata di un bambino. Di qualunque bambino.

Oggi i nostri figli crescono con le nuove tecnologie: per loro usare un telefonino o mettere le mani nel computer di casa è come bere un bicchiere d’acqua. È naturale e semplice. Per noi adulti, invece, tutto questo è arrivato così velocemente che ne siamo ancora sorpresi e guardiamo con sospetto a queste ‘macchine’ che ci fanno soggezione.

Ora, però, il punto è che non possiamo certo pensare di eliminarle dal nostro quotidiano. Né sarebbe una scelta intelligente impedire ai nostri bambini di apprenderne l’uso. Li costringeremmo ad un analfabetismo tecnologico e ad un isolamento culturale.

Che fare allora? Io credo che non ci ‘rimane’ che apprendere anche noi questa nuova lingua, apprendere anche noi a ‘leggere e scrivere’. Quando, agli inizi del secolo scorso, in Italia l’istruzione elementare divenne statale, si è fatto partire un processo di alfabetizzazione che pian piano ha coinvolto l’intera popolazione: e oggi non c’è più nessuno che non sappia leggere e scrivere. È a questo modello, credo, che dovremmo rifarci.

 

Quest’esigenza nasce, a mio parere, da due ordini di motivazioni. Una prima ragione ci riguarda direttamente come adulti che viviamo in questo periodo storico. Una seconda, non certo meno importante, ci riguarda come genitori o educatori.

 

Che come persone abbiamo bisogno di apprendere l’utilizzo delle nuove tecnologie, credo che risulti piuttosto evidente nel momento in cui ci guardiamo intorno e sentiamo il bisogno di essere attenti a quanto succede in questo nostro mondo, che proprio le nuove tecnologie ci mettono ogni giorno a portata di mano. Usare un telefonino, inviare e ricevere un sms o cercare un’informazione o una notizia su internet è diventato una necessità. E per la generazione dei nonni – sessantenni e oltre – possiamo anche fermarci qui. Possiamo, non ‘dobbiamo’! Perché credo che non sono i sessant’anni o i settanta che possono impedirci di apprenderne un uso almeno sufficiente.

Ma per la generazione dei genitori – quaranta, cinquantenni – questo non basta. Non basta, perché i figli hanno bisogno dell’occhio dei genitori. Di un occhio attento e capace di ‘parlare’ la nuova lingua. Capace di ‘leggere e scrivere’ la lingua delle nuove tecnologie.

 

In altra occasione affrontammo questo discorso, era l’ottobre di due anni fa. Ci avevano scritto due genitori ‘affascinati’ dalle capacità tecnologiche del loro bambino di dodici anni. “Un mago del computer”, dicevano. Ma essi per primi non si rendevano conto di quanto fosse pericoloso il loro atteggiamento. Un atteggiamento che li portava a coltivare soltanto ammirazione per le capacità tecnologiche del loro bambino, sottovalutandone, però, le potenziali pericolosità per un ragazzino appena dodicenne.

 

Come può quella bambina di dieci anni aver pensato di mettere la sua foto nuda sulla sua pagina Facebook? Più ancora, come ha potuto farlo? Chi l’ha aiutata? Nessuno, credo. L’ha potuto fare proprio perché nessuno c’era accanto a lei per aiutarla a riflettere su ciò che stava facendo.

 

È di quest’aiuto che hanno bisogno i nostri figli. Dell’aiuto di un adulto che possa ragionare con loro su quanto vedono e trovano su internet e su quanto essi stessi inventano e costruiscono sulla rete. Quella bambina non aveva certo bisogno di qualcuno che le insegnasse ‘come fare’ per mettere in rete la sua foto. Sapeva già farlo da sola. I nostri bambini sono molto più veloci di noi nell’apprendere i trucchi della tecnologia e sanno benissimo ‘come fare’.

Ciò che loro non sanno è ‘cosa fare’. Perché questo richiede una capacità della mente che non hanno ancora acquisito. Essi non dispongono ancora di una maturità di valutazione e di giudizio che li aiuti a riflettere su quanto stanno facendo. Essi sanno ‘fare’, quindi ‘fanno’. Semplicemente.

Che cosa fanno? Fanno quello che vedono fare dagli altri. O anche quello che altri, pronti a sfruttare anche i bambini per i propri ‘bisogni’, propongono e suggeriscono. La pedofilia nella rete non è una fantasia. È una realtà. Una pesante realtà.

 

Cari genitori, apriamo gli occhi.

Se fosse la vostra bambina di dieci anni a mettere una sua foto, nuda, su internet, cosa vi direste oggi? Voi sapete se vostro figlio ha una pagina su Facebook? Se ce l’ha, voi la conoscete bene? Sapete cosa ci scrive, quali foto ci mette, quali recapiti, con chi entra in contatto?

Non comprate ai vostri figli uno smartphone, basta un semplice telefonino. Non lasciateli mai da soli davanti al pc collegato in rete. Se avete un vostro computer, mettete delle password che non permettano ai figli di accedervi. Il pc che usa il vostro bambino deve stare in un posto dove lui non sia mai da solo: in soggiorno, per esempio; se poi l’avete già messo nella sua cameretta, fategli lasciare la porta sempre aperta. Controllate con chi parla, con chi si scrive, quali siti frequenta.

 

Ricordate. I vostri figli non hanno bisogno di voi per sapere ‘come’ fare. Hanno bisogno, un grande bisogno di voi per comprendere ‘cosa’ stanno facendo e per imparare un uso corretto e sano delle nuove tecnologie.