VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

23 dic 2012

Buon Natale!

«In gioventù avevo udito oratori di Roma e di Atene e di Alessandria. Totalmente diverso da loro il giovane Nazareno. Quelli combinavano le parole ad arte per irretire l’orecchio, ma udendo lui il tuo cuore si separava da te e vagava per regioni inesplorate. (…) Gli oratori greci e romani, a chi li ascoltava, illustravano la vita così come appariva agli occhi della mente. Il Nazareno parlava di un anelito che ha sede nel cuore. Lui vedeva la vita nella luce di Dio».

Così Gibran il poeta ascolta da Assaph, l’oratore di Tiro.

 

Ci chiedevamo la settimana scorsa chi fosse stato ad inventare il Natale. Ma poi, ascoltando le nostre riflessioni, ci siamo accorti che stavamo parlando di due natali. Uno, il nostro, un natale con la lettera minuscola. Un natale privo di vita e lontano anni luce dalle sue origini. Un altro, quello doc, quello che parla di Gesù di Nazareth. Una distanza siderale.

Anche noi, forse, abbiamo lasciato irretire i nostri orecchi da parole che sostengono i ragionamenti. Ma non arrivano al cuore. Abbiamo lasciato abbagliare i nostri occhi dal luccichio delle lucine e li ritroviamo incapaci di vedere le stelle nel cielo.

In questo nostro tempo parliamo d’inquinamento acustico e d’inquinamento visivo. Ma quello di cui stiamo parlando adesso presenta sintomi di gravità assai più pericolosi. È un inquinamento che ci fa perdere le coordinate nella vita.

 

Il Natale cristiano è la Luce che entra nella storia. È la Parola che unisce la terra e il cielo. Gesù di Nazareth arriva con una storia come la nostra. Nella piccolezza e grandezza di una nascita come quella che appartiene ad ogni essere vivente. Ma la nostra nascita rimane nel ricordo. Nel ricordo nostro e della nostra mamma: attori di un evento che ha dato inizio al viaggio che tuttora stiamo facendo. E ora che siamo grandi, giovani forse o anziani o vecchi, amiamo ricordare quel giorno, festeggiarlo. In fondo il compleanno è sempre un giorno da ricordare. Gli auguri, un pensiero da parte di chi ci vuol bene sono momenti piacevoli. Nessuno, però, ci guarda più come neonati, o come piccoli bambini. Oggi siamo grandi e le nostre parole e i nostri incontri ci accompagnano con l’età che ci appartiene.

 

Perché allora il Natale, anche il Natale cristiano, lo riduciamo a Gesù bambino? Dov’è andato nei nostri cuori quel Gesù di Nazareth che ha illuminato con la sua Parola la vita degli uomini? Festeggiamo pure il giorno della sua nascita a Natale, ma perché continuare a vederlo bambino? L’uomo Gesù, il Figlio dell’Uomo, come a lui piaceva definirsi, è la Parola del Creatore che continua la sua azione creatrice nel mondo. Con la sua Parola egli ci invita misurarci con la nostra libertà, a ritrovarla, offuscata com’è dai mille orpelli che le abbiamo costruito intorno.

“La verità vi farà liberi” diceva. Ma noi abbiamo ricostruito i sinedri, abbiamo affidato le nostre menti e i nostri cuori a nuovi maestri che, seguendo la scuola degli scribi e farisei suoi contemporanei, non sono da meno nel confezionare regole e leggi che imprigionano l’anima. Con seicentotredici precetti i maestri di allora avevano imprigionato la libertà degli uomini, quella che il Creatore aveva donato e che, con una coerenza radicale, si era sempre mostrato desideroso di rispettare e di accogliere. E forse proprio perché dispiaciuto che gli uomini l’avessero dimenticata, ha poi deciso di mandarci il Figlio. Perché potessimo ritrovarla. Capaci poi di conservarla, perché da uomini liberi Egli ama averci come interlocutori. E come figli.

 

Ecco, è Natale. Una buona occasione per ascoltare il nostro cuore. Il suo desiderio. Che è desiderio di libertà e di pace.

La psicologia distingue il desiderio dal bisogno. I bisogni sono come una spinta a trovare subito soddisfazione attraverso le cose. Quelle necessarie e quelle superflue. Il cibo e l’aria, il vestito e una casa sono cose necessarie per vivere, bisogni cui dobbiamo una risposta. Ma quante altre cose pare che ci manchino! La maglia o le scarpe firmate, il telefonino ultima generazione, gingilli e inutilità varie. Sì, il senso dello spreco, in tempi di crisi dovremmo saperlo ritrovare. Ma più ancora abbiamo bisogno di ritrovare la strada per cogliere la voce dell’anima, perché le tante cose che rincorriamo ci impediscono di ascoltarla. Di ritrovarne il respiro. Che, per vivere, ha bisogno di silenzio e di pace. È questa la voce del desiderio: desiderio di incontro. Con noi stessi e con gli altri, esseri umani come noi. Desiderio di ritrovare quella libertà con cui il Creatore ci ha ‘impastati’. Che è libertà di vivere. E di amare.

 

Buon Natale, allora. Con la libertà che il Figlio dell’Uomo ha restituito ai figli di Dio.