VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

13 nov 2011

Ce la faremo!

Finalmente una buona notizia: l’Italia non è un paese a rischio! Stiamo proprio bene: i ristoranti sono pieni e facciamo perfino fatica a trovare un posto negli aerei. Non ci credete? L’ha detto lui. Il capo del governo. Chi può saperlo meglio di lui?

 

Cari lavoratori in cassa integrazione, voi giovani che non riuscite a trovare un lavoro, voi cinquantenni che avete perso quello che avevate e nessuno vi prende più, e voi pensionati con meno di cinquecento euro al mese… perché non andate la sera al ristorante? Anzi, a un bel ristorante! Vi troverete tanta bella gente e passerete finalmente una bella serata. Così la farete finita di piangervi addosso e di lamentarvi perché non arrivate alla fine del mese. Ah, un’accortezza, però: non prenotate l’aereo per andarci, perché rischiate di non trovarvi il posto!

 

E voi, cari colleghi medici di famiglia e psichiatri che, come me, vi prendete cura della salute dei vostri pazienti: smettetela di dare antidepressivi a coloro che si lasciano prendere dalle preoccupazioni della vita quotidiana e, con il tono dell’umore sottoterra, non sanno vedere il futuro se non pieno di nubi minacciose e privo di ogni speranza. Smettetela di segnare ansiolitici a chi non riesce a prendere sonno dato che quando si mette a letto, la sera, sente arrivare tutta l’ansia del giorno che è appena finito e quella per il giorno dopo: i figli sono senza lavoro, l’azienda che finora aveva assicurato il sufficiente per la vita familiare è in crisi, ci sono lavori da fare in casa ma non ci sono i soldi, e siamo appena a metà mese e non restano che cento euro nel cassetto per gli altri quindici giorni che ci sono davanti.

Cari colleghi, prescrivete a questi vostri pazienti una bella cena in un bel ristorante con tanta bella gente. Gliene prescrivete almeno una ogni tre giorni. Vedrete rifiorire il loro tono dell’umore (quindi niente più antidepressivi) e vi diranno che la sera il sonno viene calmo e sereno per la bella serata che hanno passato (quindi via pure gli ansiolitici). Può darsi anche che ci sia ancora qualche risveglio notturno, ma niente di grave: è solo che devono aver mangiato un po’ troppo. Sapete, non ci andavano da tanto tempo al ristorante. Basta una limonata calda e tutto andrà a posto!

 

“Fattela finita di giocare – mi direte – la situazione è proprio seria e c’è poco da scherzare!”. E avete ragione. Terribilmente ragione.

Ma che volete: il nostro capo del governo ci rassicura tutti. Peccato che non gli crede più nessuno. Perfino dall’estero gli chiedono di andarsene “in nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa” (dal Financial Times). È che lui non è in grado di intendere e volere per il posto che occupa. E per lui possiamo solo avere sentimenti di pietà e di compassione, proprio come dovremmo fare verso una persona anziana, malata e debole di mente.

Il problema è chi gli sta intorno.

Non capisco bene quale sia in loro il sentimento che prevale. Se è l’istinto dell’avvoltoio che non lascia la sua vittima finché non l’ha spolpata fino in fondo, o è il panico di fronte all’eventualità di perdere certi privilegi: tanti nostri parlamentari (= le persone che sono state elette per prendersi cura del paese) sono preoccupati che, se dovesse finire la legislatura, non avrebbero ancora maturato il diritto alla pensione come parlamentare. Pardon, non alla pensione ma al vitalizio! Che, esentasse, si matura solo se rimangono in parlamento per tutti i cinque anni di una legislatura.

 

Sto scrivendo quest’articolo oggi 7 novembre. Quindi non so cosa sarà successo in questi giorni per quando leggerete il giornale domenica 13. Mi auguro che qualcuno degli uomini nelle cui mani sta il governo del paese sia rinsavito e, in un risveglio di coscienza, lo abbia aiutato a lasciare la sua poltrona e a permettere che l’Italia possa muoversi per ritrovare la fiducia in sé stessa e la credibilità nella comunità internazionale.

 

Ma è un discorso da psicologo questo? Mi direte. Lo è, purtroppo. Perché la nostra salute mentale non è scollegata dalla vita di tutti i giorni. Quel malessere che tanto spesso chiamiamo depressione o ansia, non viene perché abbiamo contratto un qualche virus. Non è un sintomo d’influenza. È l’espressione di uno stato di sofferenza interiore, profonda, che ci investe nell’intimo e ci toglie le energie per vivere. Vedere un figlio di trent’anni che non trova lavoro, ritrovarsi in cassa integrazione con il rischio di non avere più uno stipendio per andare avanti con la famiglia, dover vivere con una pensione da fame, dover contare i centesimi quando facciamo la spesa… tutto questo è molto più che virus influenzale per la salute della nostra mente. Nelle situazioni più gravi diventa tumore, che si espande e ci toglie perfino la voglia di vivere.

 

“Nessuno di noi è un’isola” ci diciamo. Noi siamo animali politici. Siamo cioè persone che per vivere abbiamo bisogno del pane quotidiano e della luce della speranza quando guardiamo la vita. Nostra e dei nostri figli. Quella speranza che porti luce alla giornata di oggi e ci permetta di guardare al futuro.

Quindi restiamo svegli! Sapendo bene che non possiamo far finta che la politica non ci riguardi. Se non vogliamo continuare ad essere governati da chi si cura soltanto dei propri affari, abbiamo solo una via d’uscita: essere noi a prendere in mano la vita nostra e quella del nostro paese, scegliendo uomini capaci di far prevalere, sull’interesse privato e personale, il bene comune. Che è il bene di tutti i cittadini.

Se riusciamo a ripartire, vedrete, anche il sonno ritornerà. Quello buono che ci fa svegliare al mattino con un sorriso per la giornata che abbiamo davanti.

 

(N.B. La Direzione del giornale ha ritenuto di non poter pubblicare questo articolo perché "è un articolo non adatto al nostro settimanale")