VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

6 mar 2011

Adozioni: due genitori o uno solo? (2)

La settimana scorsa c’eravamo lasciati provocare dalla presa di posizione della Corte di Cassazione sull’opportunità di rivedere l’attuale normativa sulle adozioni. «Il legislatore nazionale - scrive la Cassazione - ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad un ampliamento dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di una singola persona anche con gli effetti dell'adozione legittimante».

Il linguaggio giuridico non ci spaventi. L’invito della Corte è di ampliare le circostanze in cui un single potrebbe legittimamente adottare un figlio (che nel linguaggio giuridico viene sempre chiamato ‘minore’, cioè minorenne). Nel proporre questo invito, la Corte fa riferimento alla Convenzione di Strasburgo del 1967 sull’adozione dei minori che afferma: «La legislazione può permettere l’adozione soltanto da parte di due persone unite in matrimonio, che vi procedono simultaneamente o successivamente, oppure da parte di un unico adottante» (Art. 6 c.1). Ratificata dall’Italia il 25 maggio 1976.

 

La Corte di Cassazione naturalmente entra nel merito degli aspetti giuridici, cioè legali. Noi, che non siamo né giudici né avvocati, proviamo qui a riflettere dal punto di vista psicologico e affettivo.

 

Questa distinzione, tra gli aspetti legali e gli aspetti psicologici, è bene che la teniamo presente, perché non sempre ciò che è dichiarato lecito dalla legge è buono per il benessere e per la salute di noi umani. Faccio un esempio per capirci meglio. Pensate ai valori dell’inquinamento atmosferico o a quei valori che consentono la presenza di pesticidi nei cibi. Le disposizioni di legge possono cambiare, alzare o abbassare, certi valori consentiti, ma noi sappiamo bene che se una sostanza è dannosa alla salute, non è certo una disposizione di legge che la rende buona e salutare.

 

Per questo oggi proviamo a riprendere il quesito con cui c’eravamo lasciati domenica scorsa. Se, cioè, sia un bene per un bambino che la legge riconosca anche ai single la possibilità di diventare a tutti gli effetti genitore adottivo.

 

Ricordiamoci sempre che per costruire una buona risposta a questa domanda, dobbiamo partire dal punto che c’eravamo detti la settimana scorsa: al centro di ogni discorso sull’adozione dobbiamo mettere il bambino. Il suo benessere. Dobbiamo, cioè, chiederci qual è il bene di questo bambino. Facendo una distinzione: parliamo di un bambino in genere, e parliamo di questo bambino in particolare.

 

Mettere al centro del discorso il bambino in genere significa chiederci quale sia il benessere di un bambino, di ogni bambino. E se ci facciamo questa domanda, credo non sia difficile ritrovarci d’accordo su una risposta che dica: un bambino ha bisogno di avere due genitori, un padre e una madre.

Un bambino viene dichiarato ‘adottabile’ quando non può vivere con i suoi genitori. O perché questi sono morti, o perché nessuno dei due è in condizione di potersene prendere cura. È un bambino, quindi, che ha già vissuto un abbandono. Potremmo dire, in qualche modo, che è un bambino che ha bisogno più di un altro di trovare una casa che l’accolga e l’aiuti a superare il dolore di un abbandono che, nonostante la sua giovane età, ha già dovuto vivere. E quando parliamo di una casa che lo accolga, tutti sappiamo molto bene che una casa accogliente è fatta prima di tutto da una madre e un padre.

Per questo dovremmo riconoscere, secondo me, che la strada più normale e più sana per una buona adozione è quella che prevede la presenza di due genitori: un padre e una madre. Come è nella normalità delle cose.

Mi direte: ma il fatto che ci sia una coppia oggi non è una garanzia per domani: quante coppie si separano! Certo, è vero. Ma se pure potrà capitare che uno dei genitori se ne vada e magari non voglia più saperne di un figlio - e questo capita sia con figli adottivi che con figli naturali -, perché partirci già all’inizio con un genitore solo?

 

Questo discorso, però, che va fatto come discorso generale, non può essere preso come una posizione rigida e senza possibilità di eccezioni. Perché ci sono situazioni particolari che richiedono un’attenzione particolare. Per questo, credo, nell’invito che la Corte di Cassazione fa ad ‘ampliare’ le possibilità di adottare ai single, dice saggiamente: “nel concorso di particolari circostanze”.

 

Ci facciamo un esempio. C’è un bambino che non ha più i genitori, e vive da qualche tempo con una persona che non è sposata (un parente, un vicino di casa…). E tra i due, l’adulto e il bambino, è nato un legame affettivo importante. Il bambino sa che su questa persona ci può contare, proprio come se fosse un padre o una madre. In questo caso non sarebbe certo una cosa buona per lui venire allontanato da questa persona ed essere messo in un’altra famiglia solo perché “un bambino deve avere due genitori”.

Per questo bambino, già abbandonato dai suoi genitori naturali, sarebbe un ulteriore abbandono dover lasciare anche questa persona che si è presa cura di lui. Che fino ad oggi gli ha fatto da genitore.

Anche in situazioni come queste è importante che non si dimentichi di mettere il benessere del bambino al centro di ogni intervento e di ogni decisione. Un giudice o uno psicologo o un assistente sociale che volessero sostenere che questo particolare bambino, siccome deve avere due genitori, deve essere allontanato dalla persona che gli ha fatto da genitore, solo perché non è una persona sposata, e deve andare in una famiglia con due genitori che lui neanche conosce… il giudice, lo psicologo o l’assistente sociale non farebbero il bene di questo bambino.

 

Per questo credo che possiamo dire che il Parlamento dovrebbe accogliere l’invito della Cassazione ad ampliare le circostanze in cui un single potrebbe legittimamente adottare un figlio nella pienezza dell’adozione.

(2. continua)

(1. Adozioni: una casa per un figlio)