VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

12 dic 2010

Religione e fede (1)

Prima dell’estate lei ci ha invitati a leggere qualche buon libro e ci ha detto di prendere uno dei testi sacri, mettendo insieme il Vangelo, la Bibbia, il Corano e altri ancora. Anche negli articoli di qualche settimana fa, dove parlava del dialogo con i musulmani e gli ebrei, li chiamava ‘fratelli nella fede’. Ma noi cattolici sappiamo che solo il Vangelo è la Parola di Dio. In chiesa lo diciamo tutte le domeniche e ogni volta che andiamo a messa. Non ritiene che è importante non fare confusione? Sembra che lei voglia mettere sullo stesso piano tutte le religioni. O forse ho capito male le sue parole? Non so se vorrà rispondere a queste mie domande. Se se la sente, mi farebbe proprio piacere.

Claudio D.

 

Fa piacere anche a me rispondere alle sue riflessioni. Perché, rispondendo a lei, non solo coinvolgiamo anche gli altri lettori di Voce, ma abbiamo la possibilità di approfondire e comprendere meglio i nostri pensieri. Poi le devo dire che ho lasciato riposare la sua lettera qualche settimana, pensando di riprenderla proprio in questi giorni che sono un tempo forte per noi cristiani, un tempo di riflessione: l’Avvento. Un mese nel quale siamo invitati a meditare sull’entrata di Gesù, il suo arrivo (= in latino adventus), nella nostra storia.

 

Lei, Claudio, ci parla di religione e religioni. Per non fare confusione credo sia importante che partiamo facendo una prima distinzione. Tra due parole: religione e fede.

Oggi proveremo a dirci cosa intendiamo quando usiamo la parola RELIGIONE. La settimana prossima, poi, cercheremo di incontrare l’altra parola: FEDE. Perché se è vero che spesso nel nostro parlare quotidiano usiamo l’una o l’altra senza fare troppe distinzioni, è importante, invece, che cerchiamo di non confonderle.

 

Prima di tutto vorrei dirle che la psicologia, insieme con altre scienze che studiano l’uomo e le sue relazioni, come la sociologia e l’antropologia, ci aiuta a cogliere il fenomeno religioso nella sua dimensione umana e culturale. Le religioni, infatti, nascono all’interno di una cultura e nello stesso tempo ne sono l’espressione e il fondamento.

 

Ogni religione ha la sua storia e la sua evoluzione.

Gli uomini sempre hanno sentito il bisogno di coltivare un pensiero che fosse capace di oltrepassare la dimensione di una vita che non poteva essere esaurita nei pochi anni in cui ciascuno di noi abita questa terra.

Quale sia la nostra origine e l’origine del mondo; quale la fine, sia nostra che dell’universo; quale sia il senso della vita e il perché dell’esistenza di quest’universo che scopriamo sempre più esteso e misterioso; perché il dolore si presenta e s’intreccia con l'esperienza della felicità; perché l’incontro con la morte. Sono domande che ci hanno sempre accompagnato. In qualunque area della terra, in qualunque cultura e in qualunque epoca, da quelle cosiddette primitive alla nostra super tecnologica, queste sono le domande di fondo che vivono nella mente e nel cuore di ogni persona. E sono domande che ci chiedono una risposta.

È da questo bisogno profondo che nascono le religioni. Come sistemi di pensiero che esprimono il tentativo di trovare una risposta di vita che sappia camminare oltre l’incontro con la morte.

 

Questa ricerca accomuna tutte le religioni. Quale religione, allora?

Vede, noi siamo nati in Italia e qui abbiamo incontrato la religione cattolica. Meglio, abbiamo incontrato la religione cristiana nella sua ‘confessione’ (= formulazione, tradizione) cattolica. Se fossimo nati in Germania saremmo stati cristiani protestanti, in Inghilterra anglicani. Se poi invece fossimo nati in Iran saremmo stati musulmani, in India buddisti o induisti, e via di questo passo.

 

Questa osservazione ci porta immediatamente a farci tante domande. Quale religione è quella ‘vera’? Qual è il vero nome di Dio? Allah, Buddha, Shiva, Yahwèh, Geova… Quanti dèi ci sono? In quale Dio dobbiamo credere?

 

È vero, le domande sono tante, ma penso che, da credenti, possiamo ritrovarci tutti in un pensiero. Il creatore del mondo è uno. Questo Dio-Uno non è cattolico, né musulmano, né buddista… Il creatore del mondo non appartiene a nessuna religione. Egli, semplicemente, è. È l’origine del creato, è il fondamento dell’universo, è il padre degli uomini. Di tutti gli uomini.

Noi abbiamo bisogno di dargli un nome? Di certo Lui non si offende se lo facciamo: Lui sa bene che tra noi umani il nome è una cosa importante. Noi uomini nel nome ritroviamo la nostra identità: lei è Claudio, io Federico, un’altra Lucia.

 

E Dio? Nella Bibbia si racconta che quando Mosè gli ha chiesto il nome, Lui gli ha risposto: “Ehyé ashèr ehyé” (Esodo 3,14) che letteralmente significa “Sarò chi sarò”. Come a dire che Lui non può essere contenuto in un nome, perché Lui è la Vita e la vita è nel dinamismo, nel movimento. Nel processo evolutivo, nella crescita.

Ma, allora, in quale Dio dobbiamo credere?

È a questa domanda che rispondono le diverse religioni. Io penso che, per una risposta corretta e non affrettata, prima dovremmo chiederci: cosa significa credere’ in Dio? Perché non sempre aderire ad una religione significa davvero credere in Dio.

Ma qui, per oggi, ci dobbiamo fermare. La settimana prossima proveremo a cercare una risposta a questa domanda.

(1. continua)