VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

8 feb 2009

Pianeta famiglia

Fidanzamento. Il tempo della conoscenza

Ancora un pensiero su questa fase del ciclo vitale della famiglia.

La settimana scorsa abbiamo parlato del corteggiamento, indicandolo come il momento in cui ha inizio la storia di una nuova famiglia. Avevamo usato la parola corteggiamento per evidenziare come questa fase ci accomuni, in natura, a tutto il mondo animale. A questo punto, focalizzando il nostro campo visivo sull’animale-uomo, possiamo riprendere una parola che appartiene alla nostra cultura: fidanzamento.

E’ una parola, in verità, che viene usata sempre meno, che rischia di essere messa in archivio: il luogo dove si conservano i documenti che vanno ‘messi da parte’. Chi sa, magari per riprenderli al momento opportuno… Il mio timore è che il disuso di questa parola nasca dal fatto che è una parola impegnativa. Se ci pensate, essa ha in sé una radice verbale ‘seria’: la parola fides, che in latino significa fiducia, fedeltà, affidamento. Oggi molti giovani, e non solo i giovani, piuttosto che ‘siamo fidanzati’ preferiscono dire ‘stiamo insieme’. Quando non addirittura, semplicemente ‘usciamo insieme’. Come se non ci fosse nessun impegno. Né una reciprocità.

 

Vorrei dire ora una parola con i genitori. Cambiamo pure i riti, se vogliamo. Può essere che abbia perso di senso il ‘fidanzamento ufficiale’, il momento in cui lui fa entrare la sua ragazza in famiglia e lei presenta il suo ragazzo ai suoi. Ma con che cosa li sostituiamo? Tante volte noi adulti siamo così spaventati di proporre ai figli i nostri valori… Ma se non glieli proponiamo noi, chi altri può farlo al nostro posto? La televisione? Che ci sa presentare i rapporti tra un uomo e una donna solo come rapporti ‘di letto’ (= a letto)? Non ci accorgiamo che i telefilm, le telenovele, il cinema ogni volta che ci fa vedere due persone che si incontrano, dopo tre minuti ce li mostra a letto a fare sesso? A fare sesso, non a fare l’amore! Come si fa, del resto, a fare l’amore se non si costruiscono pensieri condivisi, se non c’è un tempo per costruire il confronto, il dialogo? Se non c’è un tempo perché le nostre anime possano parlarsi e ascoltarsi, nella reciprocità? Se non c’è, cioè, un tempo per conoscersi!

 

Il fidanzamento è il tempo della conoscenza. Meglio, il tempo dell’inizio della conoscenza. Perché questo sarà un processo che ci accompagnerà per tutto il tempo che condivideremo con una persona.

E’ un tempo prezioso. Solo su una buona conoscenza può fondarsi una sufficiente consapevolezza per maturare la decisione se scegliersi per condividere la vita.

 

Ma questo tempo della conoscenza è anche il tempo dell’innamoramento. E’ il tempo, cioè, in cui l’altro viene idealizzato.

Si dice che essere innamorati è un po’ come essere malati.

Sempre, quando guardiamo un’altra persona, noi la vediamo in modo parziale: certe cose le guardiamo di più, altre di meno. Se siamo in buoni rapporti, tendiamo a guardare di più gli aspetti positivi dell’altro e a passare sopra a certi elementi fastidiosi. Viceversa, se i rapporti non sono buoni, amplifichiamo ai nostri occhi i limiti dell’altro e ne sminuiamo i pregi.

Quando siamo innamorati questo processo è ancora più amplificato. I nostri occhi vedono a colori tutti gli aspetti ‘buoni’ dell’altro e mettono in ombra, in un’area molto poco illuminata, certi limiti e certe caratteristiche che, in altre circostanze, ci farebbero essere piuttosto critici verso questa persona. Tutto ciò è naturale. Niente da ridire.

Tanto ‘naturale’ che se volessimo analizzare con gli strumenti della biologia come sta funzionando il nostro cervello, vedremmo che certi processi biochimici sono alterati. I mediatori chimici (= quelle sostanze che fanno sì che le cellule del cervello dialoghino tra loro) agiscono in maniera alterata rispetto alla normalità degli altri tempi della vita. Il cervello ‘innamorato’ funziona diversamente da come funziona in tempi di ‘normalità’. Questo fenomeno lo conosciamo così bene che ci siamo creati anche un modo di dire: quando vediamo qualcuno tanto contento, sorridente, con lo sguardo luminoso, che si prende cura di sé più del solito, magari anche un po’ distratto… gli diciamo “ma che sei innamorato!?”. Che è un po’ come dire “ma non sei normale!”.

 

Attenzione, però. Perché parallelamente dovremmo dire che siamo malati (= i nostri processi mentali sono alterati) anche quando, invece, siamo in una relazione di grande conflittualità con una persona. Se da innamorati ne vediamo (quasi) esclusivamente gli aspetti positivi e siamo pronti a giustificare ogni possibile sbaglio, ora, immersi nel conflitto, attiviamo una modalità opposta. Vediamo (quasi) esclusivamente gli aspetti negativi: qualunque cosa l’altro fa o dice, immediatamente gli attribuiamo un significato negativo, un’intenzione ‘cattiva’ nei nostri confronti. E non siamo disposti a giustificare nessuno sbaglio o parola o gesto che possa farci male. E’ quello che succede quando in una relazione di coppia siamo sull’orlo di una separazione, per esempio. Ma anche in mille altre circostanze.

 

Ma che c’entra questo con il fidanzamento?

Dicevamo che da innamorati siamo specializzati nel vedere gli aspetti positivi dell’altro, anche rischiando di esagerare. Bene. Facciamone una scorta, perché ci serviranno quando ci succederà di affrontare momenti difficili con il nostro partner. Avremo bisogno, allora, di attingere a questa riserva per non cadere nella trappola di veder tutto nero e dirci, con tanta, troppa facilità e velocità, che abbiamo sbagliato a metterci con questa persona!

Chi sa? Se il fidanzamento, da innamorati, potesse essere come aprire un conto in banca - la banca del nostro cuore - dove depositare i nostri tesori (= tutto il positivo dell’altro), sarà lì che andremo ad attingere al momento del bisogno: quando la vita ci metterà davanti la necessità di fare delle ‘spese’ che, da fidanzati, non avevamo previsto…