VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

1 feb 2009

Pianeta famiglia

Corteggiamento. Tra natura e cultura

La volta scorsa abbiamo fatto un excursus sulle varie tappe del ciclo vitale di una famiglia. Ne abbiamo enumerate alcune. Ci dicevamo che è un modo un po’ artificiale di considerare il processo evolutivo di un organismo vivente, com’è la famiglia, perché la vita in realtà procede lungo un percorso continuo, senza interruzioni e senza salti. Ma - ricordate? - le nostre scienze hanno bisogno di procedere per passi al fine di comprendere l’oggetto del proprio studio. Perché così funziona la mente umana: ha bisogno di ‘mettere in fila’ le cose che vuole guardare.

 

Oggi il nostro sguardo lo poniamo sulla prima tappa del ciclo vitale: l’abbiamo chiamata CORTEGGIAMENTO. Questa parola appartiene allo studio del comportamento animale. Con essa designiamo quel momento in cui il maschio e la femmina si incontrano e, attraverso segnali specifici, cercano di richiamare l’attenzione dell’altro. Si tratta di attuare uno dei compiti più significativi che la natura assegna agli individui di una specie: mettere al mondo altri individui in modo che la specie stessa possa continuare. Il cane, il gatto, il leone, la formica… ciascuno ha il suo modo, ma tutti sono impegnati a svolgere lo stesso compito.

 

Anche l’animale-uomo è inserito in questo grande progetto della natura.

Ma, mentre le altre specie eseguono questo compito guidate completamente dall’istinto, per noi umani accanto al richiamo istintivo opera una dimensione che appare altrettanto potente: la cultura. L’uso di questa parola non ci tragga in inganno. Spesso la usiamo per indicare quanto una persona è colta, cioè ‘quanto ha studiato’, quanto è esteso il suo campo di conoscenze. In questo caso, invece, essa indica quell’insieme di abitudini, tradizioni, usanze, valori che guidano il nostro modo di vivere, le nostre scelte. Usiamo questa parola nel senso che le attribuisce l’antropologia: la scienza che studia le varie civiltà e il comportamento degli uomini e delle donne all’interno di queste (antropologia = scienza dell’uomo; dal greco ànthropos = uomo + lògos = studio).

Mentre l’istinto è quella forza naturale che ‘spinge’ il maschio a ricercare la femmina, e viceversa, la dimensione culturale definisce, per noi umani, il come questa ricerca dovrebbe concretizzarsi.

Nel corso della storia si sono succeduti molti cambiamenti, così come molte diversità possiamo cogliere nelle diverse civiltà, anche a noi contemporanee. Solo per fare un esempio: un tempo erano le famiglie che sceglievano la moglie per il proprio figlio o il marito per la figlia (in alcune culture continua ad avvenire anche ai nostri giorni…). Oggi da noi questo sarebbe impensabile!

 

Ma ritorniamo un momento al mondo animale. Due gatti che s’incontrano e decidono di ‘fare coppia’ agiscono in totale e assoluta libertà: se sta bene a loro due, sta bene a tutti.

E’ così anche per noi umani? Potrebbe sembrare di . E invece non è proprio così semplice! E’ vero che due giovani che cominciamo una storia si scelgono liberamente, ma… Ma tutti ci mettono bocca! Tutti chi? Gli amici, per esempio. Gli amici di lui hanno i loro bei commenti da fare sulla sua ragazza, le amiche di lei altrettanto… Non è così? E le famiglie? Apriti cielo! I genitori di lui LA ‘misurano’ dalla punta dei capelli alla punta dei piedi: se è alta, bassa, carina, intelligente, fine, educata, se ha studiato, che lavoro fa, come si veste, ecc… E non basta qui. Perché c’è un’altra cosa ancora che la famiglia di lui ‘misura’ con altrettanta attenzione: la famiglia di lei. Che famiglia è, cosa fanno i genitori, i fratelli, i nonni… Naturalmente, senza che adesso mi sto a ripetere, è chiaro che anche la famiglia di lei fa tutte queste ‘operazioni’ su di LUI e la sua famiglia. Tali e quali!

 

Dove ci portano queste osservazioni? Non a criticare: è naturale che una famiglia si preoccupi che il proprio figlio (la propria figlia) faccia una scelta ‘buona’ nel momento in cui incontra la persona con cui, forse, andrà a condividere la vita. E’ naturale ed è giusto. Anche questo significa continuare a prendersi cura dei figli.

Dove ci portano allora? A dirci una cosa: in questo momento, che noi vediamo come l’inizio per la vita di una famiglia, sono sì due persone che si incontrano e si scelgono, ma sono anche due famiglie che si incontrano e si scelgono. Sono due gruppi di persone (gli amici) che si frequenteranno e si influenzeranno reciprocamente, nel bene e nel male.

 

Se non teniamo presente tutto ciò, rischiamo di non comprendere la complessità di questo momento che segna l’inizio di una nuova storia: la storia di una famiglia. E’ un momento pieno di fascino questo per i ragazzi che lo vivono, ma è anche un tempo non facile. Conoscersi è un’operazione complessa. Tanto complessa che avrà bisogno di continuare per tutta la vita.

 

Ma questo è un tempo complesso e difficile anche per i genitori: essi sanno che devono essere presenti, ma in punta di piedi. Attenti, cioè, a comprendere i sentimenti dei figli e a non voler imporre ad ogni costo il proprio punto di vista. Quando ci sono delle osservazioni da fare, vanno fatte. Ma con garbo e, soprattutto, con rispetto. Rispetto verso il proprio figlio (la propria figlia): parlandone e, soprattutto, ascoltando. Essere presenti nella vita dei figli ci chiede di mettere ancora maggior attenzione nell’ascoltare i loro pensieri, i loro progetti, le loro domande. Tutte le volte che ci viene da dire: “Ma stammi a sentire!”, proviamo anche a chiederci, magari sottovoce: “Ma io quanto lo sto a sentire mio figlio?”…

Questo significa provare ad essere genitori sufficientemente buoni. Anche, e soprattutto, in un momento così importante nella vita dei figli.